La politica italiana del secondo dopoguerra è stata caratterizzata dalla centralità della Democrazia cristiana, il cosiddetto Partito italiano, come lo ha definito Agostino Giovagnoli. Nelle riflessioni e nelle parole dei politici cattolici vi era sempre un capitolo dedicato al Mezzogiorno. La riscoperta di questa sensibilità è molto importante oggi, soprattutto davanti al risultato elettorale del 4 marzo che ha visto nel sud il dominio di un partito relativamente nuovo, il Movimento5Stelle, che ha proposto con successo il Reddito di cittadinanza, vale a dire un programma di assistenzialismo pubblico, molto piaciuto agli elettori meridionali.
Luigi Sturzo si è sempre dedicato al problema, dando grande rilevanza al fatto che “gli aiuti del governo andassero solo per il 10% al Mezzogiorno e alle isole” e non ci fosse un’adeguata attenzione al disagio delle aree depresse. Un grande sostenitore di queste convinzioni è stato Fiorentino Sullo, costituente e ministro del Lavoro. La sua tesi era che bisognasse favorire un comunitarismo serio, facendo sì che si affermasse un conservatorismo buono, contro un cattivo assitenzialismo: “Noi vogliamo che attraverso le singole Regioni si raggiunga il bene di equilibrio nord-sud”. Il politico salernitano Carlo Petrone, proseguendo su questa linea, lavorò affinché il divario economico superasse la carenza di infrastrutture.
Al centro delle iniziative democristiane, volte a modernizzare il meridione, vi furono perciò la riforma agraria e il contributo pubblico all’industrializzazione privata. Pietro Campilli ha ben sintetizzato questa articolata visione meridionalistica cattolica, opponendosi alle esclusive politiche pubbliche: “Le leggi, ricordiamolo bene, non hanno il potere miracolistico di far scomparire, e subito, i mali accumulati nei secoli dalla natura e dagli uomini. Debbono essere applicate e accompagnate da una decisa volontà e con intenso lavoro. Del resto, non c’è conquista senza fatica e senza sacrificio”.
Queste ultime valutazioni, di uno dei più autorevoli artefici della politica di Alcide De Gasperi, dovrebbero oggi far riflettere. La terapia odierna, infatti, è la stessa che funzionò allora: non assistenzialismo, ma crescita etica ed economica del sud attraverso il lavoro e l’impresa privata. Altrimenti ci troveremo davanti a un Mezzogiorno sempre meno libero e sempre più dipendente dai sussidi di Stato: esattamente l’opposto di ciò che serve al progresso omogeneo dell’intera nazione.