Ma adesso la strada si mette un po’ in salita. Il testimone che gli è toccato pesa e non poco.
Le dimissioni della Rudd sono importanti perché si tratta del quinto ministro del governo May a lasciare l’incarico negli ultimi mesi, ma, soprattutto, perché hanno a che fare con l’immigrazione. Nella fattispecie, gli immigrati extraeuropei delle ex colonie dell’Impero britannico, la cosiddetta generazione Windrush, dal nome della nave, la Empire Windrush, che, in seguito a una legge del 1948, (quando al governo c’erano i labour) portava immigranti dai paesi del Commonwealth per aiutare il Regno Unito nella ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale. In quel modo si stabiliva che chi arrivava avrebbe ottenuto una cittadinanza speciale – la Citizenship of the United Kingdom and Colonies – che consentiva di rimanere nel Regno Unito per tutta la vita. E non erano necessari documenti ufficiali. Ma l’assenza di documenti non è stata un problema fino a quando il governo inglese non ha dovuto studiare e contenere i numeri dell’immigrazione extraeuropea.
La Windrush, con a bordo centinaia di giamaicani, fu solo la prima di una serie di navi che hanno portato migliaia di immigranti in Gran Bretagna fino al 1973, l’anno in cui una legge restrinse le regole in vigore. Il governo Cameron – di cui la May era ministro dell’Interno – decise di ridurre drasticamente l’immigrazione introducendo misure rigide e in vigore tutt’oggi.
La Rudd, che ha ereditato la poltrona della May, è finita, allora, nella bufera sull’onda di rivelazioni sui diritti negati a una generazione d’immigrati dalle ex colonie caraibiche. Nel mirino le quote di espulsioni annuali prestabilite dal suo dicastero: una pratica della quale la ministra aveva detto in Parlamento d’essere ignara, salvo essere di fatto smentita da una nota.
È stato il Guardian a sollevare il caso, riferendo che diversi immigrati di origine caraibica, fra il 1948 e il ’71, erano stati privati in alcuni casi di diritti fondamentali di cittadinanza, come quello all’assistenza sanitaria.
Javid sembra avere tutte le intenzioni di archiviare la faccenda con un drastico cambio di gestione. È tutto da capire, però, il modus operandi.
Anche perché il polverone politico sembra difficile da arginare, le voci corrono, e c’è chi sostiene che Theresa May abbia dimostrato per l’ennesima volta l’incapacità di gestire le emergenze. Eppure, la scelta di Sjid Javid, già ministro degli affari regionali, figlio di immigrati pachistani, non sembra completamente da sprovveduti. Ma una vera e propria mossa ad effetto. E’ il primo ministro degli interni appartenente a una cosiddetta minoranza etnica. In una intervista pubblicata un paio di giorni fa a proposito dello ‘scandalo Windrush’, Javid aveva detto come una cosa del genere sarebbe potuta capitare a lui o ai suoi genitori.
I media britannici lo descrivono come un uomo di grande ambizione, che ha costruito una consistente fortuna finanziaria nei primi anni di vita professionale, guadagnando fino a 3 milioni di sterline l’anno. Adesso gli toccano diverse responsabilità e una matassa da sbrogliare.
Si spera, anzitutto, che l’equilibrio già precario all’interno del Gabinetto tra Leavers e Remainers non venga sconvolto. E bisogna, nel frattempo, tenere la testa alle elezioni locali del 3 maggio.