Il senatore del Partito Repubblicano per lo stato della Florida, Marco Rubio, ha molto a cuore la causa venezuelana. Un po’ perché il Venezuela è diventato il triste specchio di quanto è accaduto in questi anni a Cuba, il Paese dei suoi genitori, un po’ perché sa che i suoi “fratelli venezuelani muoiono di fame in mezzo ad una crisi umanitaria nel governo del dittatore Nicolás Maduro”, come si legge nella pagina Facebook ufficiale creata dal senatore “Rubio apoya una Venezuela Libre”.
La strategia di Rubio è chiara: nei prossimi mesi gli Stati Uniti e l’America latina devono imporre più sanzioni contro il regime venezuelano, fornire aiuta umanitaria al popolo venezuelano e creare un piano per ricostruire il Paese in futuro.
In un’intervista concessa a Lima, Rubio ha spiegato che quello è stato il messaggio trasmesso ai leader del Perù, Honduras e Argentina durante il Summit delle Americhe. “Non si tratta solo di un tema politico – ha aggiunto -, è anche un tema umanitario. Le immagini che arrivano dal Venezuela parlano della sofferenza dei venezuelani, sono simile a quelle dell’Africa, del Medio Oriente”.
IL PIANO DI ASSISTENZA UMANITARIA
Rubio ha anticipato che l’Organizzazione di Stati Americani si riunirà a maggio in Messico e prenderà nuove misure contro il regime di Maduro. “Vogliamo lavorare insieme a tutti i Paesi che rappresentano il 90% dell’economia e della popolazione dell’emisfero per imporre sanzioni contro gli individui che sono responsabili di questa crisi – ha dichiarato Rubio -. Vogliamo decidere come fornire assistenza umanitaria ai rifugiati venezuelani, a chi è dentro del Venezuela, e creare un meccanismo per aiutare a ricostruire il Paese dopo la fine di questa dittatura, una specie di Piano Marshall”.
Giovedì scorso, Rubio ha presentato al Senato i tre punti del suo piano strategico per la ricostruzione del Venezuela, sottolineando che Nicolás Maduro è una minaccia per la regione “per i suoi vincoli con il narcotraffico, l’attacco contro l’ordine democratico del Venezuela e la generazione di un’ondata di migrazione massiva che danneggia gli equilibri dei Paesi vicini, oltre ad essere una piattaforma per Paesi e organizzazioni ostili come la Russia e Hezbollah.
LE SOLUZIONI PRATICHE
Rubio non è promotore di un embargo petrolifero contro il Venezuela: “È un’opzione che il presidente Donald Trump ha davanti a sé. Ma il mio consiglio è non fare nulla finché non arriverà il sostegno regionale”. Il senatore preferisce, in questa fase, aumentare le sanzioni imposte contro funzionari del governo venezuelano, conti correnti, proprietà e “imprese fantasmi”.
In un’intervista concessa al quotidiano El Nuevo Herald di Miami, il senatore ha detto che sta preparando aiuti per i venezuelani che si trovano negli Stati Uniti e richiedono l’asilo: “Senza dubbio i venezuelani che scappano stanno chiedendo l’asilo per motivi politici e qualificano per averlo, secondo le leggi americani in vigore. Siamo disposti ad aiutarli. Ma la soluzione per il Venezuela non è che tutti vadano via. Quello è il modello cubano utilizzato per 60 anni che ha fortificato il regime cubano”.
IL FONDO FMI PROPOSTO DALLA COLOMBIA
Anche la Colombia ha i numeri in mano per proiettare una ricostruzione del Paese vicino. Il ministro delle Finanze colombiano, Mauricio Cárdenas, ha annunciato una proposta che sarà presentata al Fondo Monetario Internazionale per il salvataggio economico del Venezuela. Il piano di “stabilizzazione macroeconomica” è di 60 miliardi di dollari e sarebbe attivo dopo la fine del regime di Nicolás Maduro. “Nessuno può sapere quando ci sarà un cambio di governo in Venezuela – ha dichiarato Cárdenas all’agenzia di notizie Efe -, ma vogliamo essere pronti per quel momento. L’obiettivo è la stabilizzazione macroeconomica del Venezuela. La proposta di creare un fondo di 60 miliardi di dollari si basa sul livello minimo di importazioni per il Venezuela, che potrà fornire alimenti basici per la popolazione”.
“Le conseguenze della crisi venezuelana – ha detto il ministro – possono danneggiare non solo la Colombia e il Brasile come Paesi limitrofi, ma anche altri”.
LA RICETTA DEL PROF. HAUSMANN (HARVARD)
L’economista venezuelano Ricardo Hausmann, ex direttore della Banca Interamericana di Sviluppo e attualmente presidente del Center for International Development dell’Università di Harvard, sostiene che la crisi venezuelana è molto peggiore della crisi del 2002 in Argentina, peggiore della crisi in Messico nel 1982. Si avvicina solo a quella cubana tra il 1989 e il 1993, ma – secondo le cifre ufficiali – quella del Venezuela è un po’ peggio. Nella Grande Depressione degli Stati Uniti gli ingressi pro capite sono caduti del 28 per cento. In Venezuela sono crollate del 50 per cento.
Nel documento “Il collasso del Venezuela non ha precedenti”, Hausmann spiega tecnicamente la crisi attuale e propone alcune vie di uscite. Secondo lui, il Venezuela deve recuperare il livello d’importazioni di circa 35 milioni di dollari. Ha calcolato che in passato con lo stipendio minimo un venezuelano poteva acquistare cibo per 53mila calorie. Oggi invece può comprarne soltanto 7mila. Hausmann sostiene che sarebbero necessari circa 100 miliardi di dollari per fare ripartire il Venezuela. Ha un piano, molto tecnico, per ristrutturare il debito pubblico e il debito estero e fare quadrare i conti dello Stato venezuelano.