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Non era una fake news. L’Opcw conferma l’origine russa del veleno usato per Skripal

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L’Organizzazione per le armi chimiche satellite dell’Onu (acronimo internazionale Opcw) ha confermato le analisi del laboratorio militare britannico sul veleno con cui l’ex colonnello traditore dei servizi segreti militari russi, Sergei Skripal, e sua figlia sono stati avvelenati il 4 marzo in una cittadina medioevale dell’Inghilterra del sud; Salisbury un tempo era nota perché vicina alle rovine di Stonehenge, ora perché è la scenografia di una storia di spionaggio da film, che s’è portata dietro una crisi internazionale.

Gli ispettori dell’organizzazione sono stati nel Regno Unito il 19 marzo, hanno prelevato campioni dall’edificio dove i due sarebbero stati avvelenati (visto che sul portone di casa sono state trovate le concentrazioni più alte del veleno) e hanno parlato con i medici che li hanno in cura esaminando le cartelle cliniche.

L’analisi dell’Opcw dice che il materiale usato per l’attacco è un agente nervino – il cui effetto sui due è stato per certi versi limitato, la ragazza ha lasciato due giorni fa l’ospedale, mentre Skripal resta stabile ma “gravemente malato” ha detto la figlia –  però non l’ha definito direttamente come “Novichok” (nervino la cui esistenza è stata rivelata per la prima volta da un chimico disertore dei laboratori russi che l’avevano creato per sfuggire al rilevamento da parte degli ispettori internazionali). Non  a caso la prima a sottolinearlo è stata l’emittente internazionale del Cremlino, Russia Today, perché su questo punto ruota parte delle dichiarazioni di innocenza russe.

Però attenzione, che nell’arte diplomatica con cui certe istituzioni terze si devono muovere, bisogna sottolineare che dire di essere d’accordo sul tipo di sostanza con quanto desunto dal laboratorio inglese equivale a dire “è Novichok”, visto che Porton Down – il centro chimico dell’esercito di Sua maestà – era arrivato a questa conclusione. Il corrispondente diplomatico della BBC, James Landale, spiega che le dichiarazioni pubbliche sulle indagini dell’organizzazione (che nel suo report secretato ha comunque isolato la formula complessa, definita “di elevata purezza”, del veleno) intendono “rafforzare l’argomento che questa sostanza provenga dalla Russia, perché è più probabile che sia stata creata da un attore statale con la capacità di fare l’agente nervino”.

Ovviamente però, tanto quanto gli scienziati inglesi, nemmeno quelli dell’Opcw si sono sbilanciati apertamente sulla provenienza, ed è questo il punto di forza per la linea difensiva russa. Mosca è stata accusata dal governo inglese di aver tentato l’assassinio per regolare i conti con il suo ex agente dalla gola profonda; Londra ha scatenato un sistema multinazionale che ha alzato provvedimenti punitivi contro i russi, che invece continuano a dire che tutto quel che è successo è una montatura contro di loro.

Il ministro degli Esteri inglese, Boris Johnson, è quello che prosegue con la linea più dura, dice di aver invitato gli ispettori dell’Opcw – che nelle scorse settimane aveva bocciato la richiesta russa di un’inchiesta congiunta – “per garantire la stretta aderenza ai protocolli internazionali sulle armi chimiche” aggiungendo che a questo punto “non può esserci alcun dubbio” e che “solo la Russia ha i mezzi, le motivazioni, i precedenti” per essere incolpata.

In questi giorni gli ispettori dell’Opcw sono i protagonisti laterali di un altro grosso caso diplomatico: l’attacco, forse al cloro, su Duma, in Siria. La linea calcata con forza dagli Stati Uniti incolpa il regime di Damasco, mentre anche in questo caso la Russia ha fornito una ricostruzione alternativa e piuttosto instabile (a tratti dice che l’attacco è tutta un’invenzione dei servizi segreti occidentali, a tratti dice che c’è stato e sono stati i ribelli a compierlo per far entrare in campo Stati Uniti e alleati e facilitare un regime change, in altri momenti dice che è un false flag inglese per oscurare il caso Skripal).

Proprio gli uomini dell’Opcw sono stati invitati in Siria dal governo per prelevare campioni, ma sembra più che altro una mossa per prendere tempo, visto che la Russia (alleata e protettrice siriana) ha già posto il veto onusiano a un’indagine indipendente – lo stesso aveva fatto a ottobre scorso, quando con un altro veto impedì di approfondire un’indagine dell’Opcw con cui l’agenzia aveva già raccolto prove sufficienti per incolpare Assad di un attacco chimico al sarin (un agente nervino ben più comune del Novichok) dell’aprile 2017.

In questo contesto delicatissimo, Londra assume un atteggiamento bifase quanto alcuni composti nervini: su Skripal la premier Theresa May ha accusato apertamente la Russia, accontentandosi delle sufficienti prove di intelligence che la ritenevano colpevole in modo “altamente probabile”; su Douma invece aspetta di aver in mano “argomentazioni più esaurienti possibili” prima di dar l’ok alla partecipazione inglese a un’eventuale operazione militare contro Assad – May è restia, perché sa che potrebbe rischiare la paralisi parlamentare se dovesse far passare ai Comuni un’eventuale autorizzazione all’attacco siriano, come già successe nel 2013, quando David Cameron si vide rifiutato il via libera ad aderire al gruppo interventista franco-americano che voleva punire Assad per l’attacco al sarin con cui vennero uccise oltre mille persone a Ghouta.

Il duo franco-americano s’è ricostituito su Douma, con il capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron, che mentre venivano pubblicati gli estratti del report Opcw su Skripal, in un’intervista su Tf1 diceva di “aver le prove” sull’uso di armi chimiche in Siria da parte di Assad.

Le due questioni si incastrano: vista la velocità con cui francesi e americani si sono uniti per primi agli inglesi sulle accuse ai russi – e sulle punizioni – per l’avvelenamento di Skripal, Londra difficilmente potrà tirarsi indietro dal gruppo di interventisti volonterosi per la Siria.

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