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Ecco la libertà di Putin. Oscurato il social media Telegram

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Giunge ad una fase cruciale il braccio di ferro tra Telegram, il popolare software di messaggistica crittografata noto per offrire un elevato grado di riservatezza, e le autorità di Mosca. L’applicazione – su decisione di un tribunale russo – resterà infatti bloccata in Russia fino a quando non fornirà i codici di decrittaggio. Ma il fondatore della compagnia Pavel Durov e i legali che difendono Telegram hanno già annunciato battaglia e faranno ricorso contro la decisione.

COSA ACCADE

Il tira e molla tra l’app e le autorità russe va avanti da tempo. Nel settembre 2017, raccontò Durov, i servizi di sicurezza russi, l’Fsb, chiesero i codici aprendo un contenzioso formale in cui la richiesta venne bocciata. Durov scrisse che la richiesta dell’intelligence di Mosca “era tecnicamente impossibile da soddisfare”, oltre a violare i diritti dei cittadini sanciti nella Costituzione russa sulla privacy della corrispondenza.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE

Oggi, invece, il tribunale distrettuale di Tagansky, nella capitale, si è pronunciato sulla richiesta del Roskomnadzor – l’organismo russo di controllo sui media – che ha chiesto di fermare l’app proprio a causa del suo rifiuto di condividere col governo le informazioni sugli utenti.

LA RISPOSTA DI TELEGRAM

Rapida e tutt’altro che arrendevole la risposta dell’app di messaggistica. Gli avvocati dello studio internazionale Agora, che rappresentano gli interessi di Telegram in Russia, hanno annunciato l’intenzione di ricorrere in appello contro la decisione del tribunale. E hanno aggiunto, ha spiegato l’avvocato Dmitry Kolbasin all’agenzia russa Tass, di non aver voluto “prendere parte alla farsa di oggi”, rispettando così la posizione del Ceo Durov.

LE MOSSE DI MOSCA

Il caso di Telegram suscita un certo clamore, ma non è l’unico. Da tempo in Russia, spiegano gli esperti, si assiste ad una vera e propria stretta del controllo sui dati degli utenti e non solo. Il trend è infatti supportato da leggi apposite, che coinvolgono anche le società straniere, obbligate a condividere con le autorità moscovite il codice sorgente dei software in vendita in Russia, con importanti risvolti per la sicurezza.



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