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Perché penso sia giusto l’intervento di Cdp in Tim per la rete pubblica. Parola di Bonfrisco (Lega)

La Cassa Depositi e Prestiti ha fatto bene a entrare in Tim. Se non altro ha fatto capire al mercato di essere vigile sugli asset strategici del Paese. Cosa che, a detta di Cinzia Bonfrisco (nella foto) senatrice della Lega, ex presidente della commissione di Vigilanza sulla Cdp, non era certo scontato. L’importanza della rete e della proprietà che si configurerà una volta portato a termine lo spin off da parte di Tim è d’altronde un tema troppo importante per essere lasciato al caso o al cosiddetto libero mercato.

Lo dimostra il progressivo irrobustimento del fronte che vuole lo Stato dentro la rete Tim, attraverso il suo veicolo, Open Fiber, pariteticamente controllato da Enel e la stessa Cdp. “Trovo finalmente saggio interrogarsi sulla necessità di mettere a sistema tutte le reti italiane. E non parlo solo di quelle telefoniche, anche di quelle dei trasporti. In questo senso giudico positivamente il fatto che la Cassa si sia posta il problema della sovranità di un’infrastruttura così importante. Io condivido sempre quando si solleva il problema dell’interesse nazionale”, ha spiegato Bonfrisco a Formiche.net.

E poi una robusta presenza pubblica nella società della rete potrebbe riattivare quegli investimenti mancati finora e che hanno portato l’Italia in una condizione di ritardo cronico nello sviluppo delle telecomunicazioni, banda larga in primis. “Non dobbiamo mai dimenticarci che i guai di oggi sono tutti figli della pessima privatizzazione del 1997. Il fatto che il Paese sia in uno stato di arretratezza sulle tlc è perché abbiamo messo in mano ai privati investimenti che non sono stati fatti. Oggi c’è chi si è pentito di quella operazione, ma sono lacrime di coccodrillo”.

Il fatto, dice Bonfrisco, è che le reti dovrebbero essere pubbliche. “Ho sempre in mente il modello inglese, rete pubblica e treni privati. E invece qui in Italia siamo arrivati a mettere in mano a dei privati, peraltro francesi, la nostra rete. Penso che alla fine, usando un gioco di parole, abbiamo privatizzato quello che non dovevamo privatizzare e non privatizzato quello che andava privatizzato. Penso alle municipalizzate, alle società pubbliche locali. Li sì che sarebbe servita della concorrenza per il bene dei cittadini”.

Il fronte della rete di Stato comunque, aspettando l’esito dello scontro finale tra Vivendi ed Elliott, si allarga e fa proseliti. Pochi giorni fa, intervistato da Formiche.net, l’ex viceministro all’Economia e oggi deputato di Liberi e Uguali, Stefano Fassina ha spiegato come “il governo ha fatto bene a decidere di entrare in Tim. La società e la sua rete sono un asset decisivo per il nostro interesse nazionale, per la sicurezza, oltre che per il tessuto industriale. Finalmente è emerso l’impegno di Cdp a entrare nel capitale di Tim per tutelare gli interessi di sistema. Tuttavia bisogna mettersi bene in testa una cosa. Qualunque cosa succeda con la rete, dopo lo spin off, deve rimanere pubblica, saldamente in mano allo Stato, anche a fronte di una quotazione. Per un motivo molto semplice, la sicurezza nazionale è un qualcosa di non negoziabile. In questo senso mi pare che quanto visto ieri con Cassa abbia rotto un tabù”.

Favorevole anche la Lega che per bocca del capogruppo alla Camera, Giancarlo Giorgetti, ha fatto sapere come “le modalità (di ingresso della Cdp, ndr) possono aver creato qualche turbamento nei mercati ma la finalità di controllo della rete pubblica può essere letta in modo positiva in termini politici”. Decisamente schierata con Cdp anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, per la quale “l’unica cosa che conta è che la rete dati torni sotto controllo pubblico perché è una struttura strategica e di vitale importanza per la sicurezza nazionale. Ben venga l’ingresso di Cdp nel capitale di Tim, se mira a facilitare lo scorporo della rete dal servizio telefonico in vista di un suo passaggio sotto controllo pubblico”. E anche il Movimento Cinque Stelle si è più volte detto d’accordo con un aumento del peso pubblico nell’ex Telecom.

Unico a frenare, il dem Francesco Boccia, ex presidente della commissione Bilancio alla Camera, intervistato da Radio Radicale. “Quando si decide di far intervenire lo Stato nel mercato non si dovrebbero mai ipotizzare interventi estemporanei ma azioni che rispecchiano una visione d’insieme. Parlare di fibra oggi senza parlare di dati, di chi li gestisce e di come si regola il mondo chiamato un tempo delle telecomunicazioni è riduttivo. Non sono contrario ad un intervento di Cassa depositi e prestiti in Tim ma non è questo il modo, perché sembra un intervento improvvisato, senza una strategia alle spalle”.

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