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Brexit. Unione doganale o accordo di libero scambio?

Di Mario Angiolillo
Brexit

Dopo l’avvio della discussione sulle future relazioni tra Unione Europea e Regno Unito nel dopo Brexit, il dibattito nella House of Commons si è fatto, se possibile, ancora più intenso con una lunga seduta tenutasi giovedì scorso.

Al centro del contendere la possibilità da parte del Regno Unito di continuare a far parte dell’Unione Doganale anche dopo la fine del periodo di transizione stabilito fino al 31 dicembre 2020 con la conseguente uscita dall’Unione Europea.

La richiesta avanzata da diversi settori della camera bassa Britannica richiedente un impegno del governo a negoziare con l’Unione Europea “un’Unione Doganale efficace”, prende le mosse dalle analisi di alcune associazioni imprenditoriali, già sostenitrici del Remain, secondo cui anche un accordo di libero scambio sul modello svizzero, o “canadese plus plus” come definito dal Ministro Britannico e capo dei negoziatori David Davis, pur in assenza di tariffe per il commercio con l’Unione Europea finirebbe comunque per danneggiare il settore industriale a causa delle barriere non tariffarie. I produttori che esportano, infatti, dovrebbero in questo caso sottostare alle normative sulle “regole di origine” che si applicano agli scambi con l’Ue dovendo dimostrare, con un aggravio di costi diretti e di processo, di rispettare queste regole e di non essere equiparabili ai produttori di merci provenienti da paesi soggetti alle tariffe dell’Ue. Inoltre, sempre secondo i sostenitori dell’Unione Doganale, i controlli doganali per garantire tale conformità causerebbero ritardi alla frontiera e conseguenti costi i termini di perdita di efficienza nelle consegne. Anche se, come sostenuto dagli oppositori di questa soluzione, il Regno Unito non avrebbe voce in capitolo nella politica commerciale dell’Ue e ogni volta che l’Ue dovesse raggiungere un accordo commerciale con un Paese terzo il Regno Unito dovrebbe comunque accettarne le condizioni per il proprio mercato pur non avendo partecipato al processo di formazione dell’accordo.

Il dibattito sulla mozione a favore dell’Unione Doganale si è in realtà rivelato una prova di dialogo tra i sostenitori del Remain, nel Labour, tra i LibDem ma anche tra i Tories non allineati alle posizioni del governo.

Il dibattito, molto intenso, si è concluso senza un voto formale e quindi senza una conta tra le diverse posizioni, anche per una prova di tenuta da parte della maggioranza governativa, ma se da una parte risultava scontata la posizione di Corbyn a favore dell’Unione Doganale, seppur solo nel caso in cui il Regno Unito mantenesse voce in capitolo sui futuri accordi commerciali realizzati dall’Ue, hanno destato più scalpore alcune dichiarazioni, poi rettificate, del ministro degli interni Amber Rudd che sembravano mettere in dubbio la posizione ufficiale del governo ed aprire all’Unione Doganale, a dimostrazione che il dibattito è ancora aperto.

Il ministro Rudd ha poi rassegnato le dimissioni a seguito delle forti polemiche scatenate da una vicenda, non collegata al dibattito sull’Unione Doganale, relativa alla gestione dei diritti di cittadinanza della cosiddetta Windrush generation, gli immigrati giunti nel Regno Unito dalle colonie caraibiche nel secondo dopoguerra.

A collegarsi quasi idealmente con quello che sarebbe stato il dibattito nell’House of Commons, sono arrivate le parole del capo dei negoziatori Ue sulla Brexit Michel Barnier, che dalla fiera industriale di Hannover in Germania ha dichiarato che l’Unione Europea sarebbe disponibile a riconsiderare il mantenimento del Regno Unito all’interno dell’Unione Doganale se il Governo Britannico ne facesse richiesta, ma che in ogni caso, in sintonia con le parole della premier Theresa May nel suo discorso alla Mansion House dei primi di marzo, ha ribadito l’intenzione dell’Unione Europea di raggiungere un accordo di libero scambio equilibrato, ampio ed ambizioso, che garantisca il mantenimento di un elevato livello di opportunità per le imprese dell’Unione Europea nelle loro relazioni con il Regno Unito, ed inoltre una serie di accordi efficienti e collaborativi in tema di sicurezza, nel campo della ricerca e dell’innovazione, nel settore dei trasporti ed in particolare dei trasporti aerei.

Intanto Theresa May, che ha nuovamente ribadito a nome del governo la volontà di lasciare l’Unione Doganale e di procedere con degli efficaci accordi di libero scambio, si prepara a ricevere Donald Trump per rilanciare la “relazione speciale” tra Stati Uniti e Regno Unito, anche in risposta al viaggio negli Usa del presidente francese Macron, e per compiere ulteriori passi in avanti su un più efficace accordo commerciale tra i due Paesi, nonostante qualche fibrillazione interlocutoria generata dal tema dei dazi doganali e dall’accordo sul nucleare con l’Iran.

Il quadro delle relazioni tra Regno Unito e Unione Europea nel dopo Brexit, anche nell’ottica di un rilancio delle relazioni atlantiche, è evidentemente ancora in evoluzione, ma i buoni risultati finora raggiunti da Governo Britannico e Commissione Europea sulla bozza di accordo di divorzio e sulla proposta di istituzione da parte delle Banche Centrali di una task-force per la gestione dei rischi finanziari, lasciano ben sperare sulla volontà di un’intesa equilibrata.

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