Skip to main content

Confindustria si riscopre combattente. E non le manda a dire a Salvini&DiMaio

Vincenzo Boccia, Carlo Calenda

Un applauso può valere più di mille dichiarazioni. Assolutamente sì. Nelle ore più difficili per un Paese alla ricerca di un governo e nuovamente sotto il tiro dei mercati, Confindustria fa quello che non si vedeva a dire la verità da qualche anno. Andare in rotta di collisione con la politica, una certa politica, che risponde al nome di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, resuscitando inaspettatamente una Confindustria dal piglio combattente.

LA STANDING OVATION (NOSTALGICA) PER GENTILONI

Il primo indizio è arrivato dalla sala dell’auditorium Parco della Musica, gremita di imprenditori. Un minuto e mezzo di applausi al premier uscente, Paolo Gentiloni, presente in platea, scattato non appena il presidente degli industriali, Vincenzo Boccia (nella foto), ha ringraziato pubblicamente il premier per il lavoro fin qui fatto. Un battito di mani che ha dato subito una sensazione di nostalgia e forse anche di timore per un futuro politico ancora tutto da scrivere.

VIA LE MANI DALLE INFRASTRUTTURE

Ma è nell’intervento di Boccia, ascoltato dai ministri Carlo Calenda e Roberta Pinotti tra gli altri, che si è consumata la prima frattura tra il governo giallo-verde e le imprese. Che temono più di ogni altra cosa, un po’ come i mercati, il salto nel buio. E il fatto che qualcuno possa bloccare lo sviluppo del Paese tagliando le gambe alla Tav, al Tap, all’Ilva tanto per citarne alcuni.

SAGGEZZA CERCASI

Boccia l’ha presa abbastanza larga, per poi affondare più volte la lama. “Il contesto che viviamo inizia a preoccuparci. Bisogna avere senso di comunità  e consapevolezza del momento delicato della vita del Paese”. In altre parole,  occorrono “saggezza, buon senso e consapevolezza delle nostre responsabilità. Del senso del limite”. Gli imprenditori italiani sono preoccupati, non c’è dubbio. Ma forse anche arrabbiati verso chi, leggasi Di Maio, vuole riportare il Paese “ad essere un Paese agricolo, come quello che hanno costruito i nostri nonni, dalle macerie della guerra”. Ma siamo nel 2018 e il mondo corre.

LA FOLLIA SULLA TAV…

Dai preamboli si è passati agli attacchi frontali. “Rimettere in discussione scelte strategiche sulle infrastrutture come la Tav o il terzo valico significa condannare il nostro Paese, i suoi cittadini e le sue imprese, a una posizione di marginalità e di isolamento”, ha detto il leader di Confindustria. Chiarendo un concetto: che le infrastrutture sono “uno dei fattori d’investimento per la crescita dell’Italia ma sono anche parte di un grandissimo progetto europeo”. Tradotto, surreale pensare di voler congelare venti anni di cantieri.

…E SULL’ILVA

E l’Ilva? Boccia c’è andato se possibile ancora più pesante. “Questo è un Paese che ha bisogno di acciaio e qualcuno dice che vuole chiudere la più grande acciaieria d’Europa? Viene da chiedersi se sia possibile cambiare continuamente le carte in tavola, per di più nell’anno in cui entriamo nella top ten dell’attrattività internazionale”. La questione Ilva è il punto di partenza per allargare la prospettiva a un quesito indirizzato direttamente “a chi governerà: abbiamo una visione del futuro che continui a scommettere su un’Italia posizionata tra le maggiori economie industriali del mondo?”.

EUROPA E ANCORA EUROPA

Gli industriali hanno poi respinto al mittente le spinte antieuropee che animano il dibattito tra Lega e 5 Stelle. E, tanto per essere chiari, l’Ue è qualcosa di “imprescindibile. Si può e si deve cambiare ma dal di dentro. Il primo obiettivo deve essere quello di rovesciare il principio del Patto di stabilità e crescita perché è la crescita che garantisce la stabilità e non il contrario”. Non è davvero un caso se Confindustria ricorda passaggi e personaggi dal profilo fortemente europeista: su tutti, Carlo Azeglio Ciampi e la sua scelta “faticosa ma lungirimante” di far aderire l’Italia all’euro.

 

 


×

Iscriviti alla newsletter