Dentro, gli applausi, gli attacchi e una certa nostalgia per un governo, quello di Paolo Gentiloni, certamente più rassicurante agli occhi delle imprese. Messaggio chiaro (qui l’approfondimento di Formiche.net) quello arrivato dall’assemblea 2018 di Confindustria. Vietato arretrare di un millimetro, vietato smontare il Paese, i suoi conti pubblici, un pezzo alla volta.
Fuori, una strana atmosfera, mix tra la carica trasmessa da Vincenzo Boccia alla platea degli industriali e la dura realtà di una giornata, non la prima purtroppo, con Borse in rosso e spread in impennata. D’altronde gli imprenditori ragionano così. Se sale lo spread vuol dire che all’estero si fidano un po’ meno di noi e se si fidano un po’ meno di noi allora aumenta la resistenza, umana, a investire nel sistema Paese. E l’imprenditore ci rimette. La verità è che c’è tanto disorientamento tra gli imprenditori riuniti in Confindustria. Se non lo ha capito il Capo dello Stato quale sia la natura del nuovo governo, tentennando sul da farsi, forse no lo hanno capito gli imprenditori e nemmeno qualche banchiere.
Uno come Carlo Messina per esempio, ceo della più grande banca italiana, Intesa. Che all’uscita dell’auditorium spiega come “la volatilità dello spread tra Btp e Bund è dovuta al periodo di incertezza sul nuovo governo” anche se “fino a quando ci sarà il Quantitative easing non dovrebbe peggiorare ulteriormente”. Va bene, ma poi, quando la Bce finisce le munizioni? Che si fa?
“Fino a quando non saranno offerte soluzioni di Governo ci potà essere una certa volatiità. L’Italia è un paese che fonda sul risparmio. Nel paese ci sono 6 trilioni di risparmio e qualsiasi cosa possa mettere a rischio questi risparmi è da guardare con grande attenzione. Chi andrà al governo dovrà avere ben chiaro che occorre agire sulla riduzione del debito”, ha spiegato Messina, lasciando presagire a qualche perplessità circa la capacità di un governo a trazione Lega-Cinque Stelle di abbattere il debito.
Perplessa anche Emma Marcegaglia, presidente dell’Eni ed ex numero uno di Viale dell’Astronomia, inseguita dai cronisti al termine dell’assise confindustriale. “Il Paese ha bisogno di essere governato e ha bisogno di non distruggere tutte le cose che sono state fatte, le riforme buone. Lo scenario è complesso, l’Italia è fragile e quindi non bisogna fare passi indietro”.
Dalle manche, alle imprese, fino ai manager pubblici, come Renato Mazzoncini, ceo delle Ferrovie dotato evidentemente di buone dosi di ottimismo persino su un terreno, scivoloso a dire poco, come quello delle infrastrutture. “Sono tranquillo che con il nuovo governo ci si siederà al tavolo e si analizzerà con raziocinio gli investimenti e le opere necessarie: non credo che un esecutivo possa essere nemico delle opere pubbliche necessarie al Paese”.
C’è poi chi, come l’ex commissario all’Ilva, Piero Gnudi, a chi gli chiede del destino di Taranto, risponde con un’alzata di spalle. “L’Ilva ha un problema di sostenibilità, per la riconversione ci vorranno anni”. Come a dire, di questo passo Taranto non arriverà a quel traguardo.