Davanti alla Commissione europea, in merito all’arbitrato internazionale sui confini marittimi e terrestri tra i due Paesi, Zagabria ha confermato la sua posizione: no alla sentenza emessa dalla Corte dell’Aja, mentre Lubiana la ritiene esecutiva.
Ragion per cui il governo sloveno denuncia la Croazia presso la Corte europea per aver violato le normative comunitarie, il Trattato di Schengen e gli accordi sulla pesca.
Adesso la denuncia è stata depositata alla Commissione europea: il 15 giugno la decisione. Ma in caso di non pronunciamento ecco che la Slovenia potrebbe andare avanti ugualmente con la denuncia alla Corte europea e costituire un pericolosissimo precedente per l’eurogiurisprudenza e per quelle tensioni che nel Mediterraneo, ad esempio, non cessano.
CONTRAPPOSIZIONE
Circa la disputa bilaterale iniziata 26 anni fa con le fasi di indipendenza del 1991, ieri a Bruxelles si sono “confrontati” per la parte croata il sottosegretario agli Esteri Andreja Metelko-Zgombić, molto esperta sulle questioni relative all’arbitrato internazionale e per la parte slovena Marko Vrvec in rappresentanza del ministero degli Esteri. Se da un lato la Commissione Ue non intende effettuare dichiarazioni ufficiali su passaggi tecnici come appunto è stato l’incontro di ieri, è chiaro che le carte sono state messe apertamente sul tavolo dai due contendenti.
Lo scorso 17 marzo l’ultimo atto del governo sloveno, nel pieno delle sue funzioni, è stato quello di inviare alla Commissione Ue una lettera con cui Lubiana denuncia formalmente Zagabria alla Corte europea. Il motivo? Non aver rispettato la sentenza dalla Corte internazionale dell’Aja sull’arbitrato relativo al contenzioso tra i due Paesi sui confini marittimi e terrestri. Nella missiva si accusava la Croazia di aver violato il diritto europeo non avendo riconosciuto la sentenza dell’arbitrato internazionale.
Dall’atto formale della consegna della lettera, così come previsto dall’articolo 259 degli Accordi di Lisbona, è iniziato a decorrere il termine di tre mesi entro i quali la Commissione dovrà decidere da che parte stare: se seguire o meno la denuncia della Slovenia contro la Croazia davanti alla Corte europea.
Nell’occasione il governo sloveno ha precisato che, qualora la Commissione non dovesse assecondare la denuncia, proseguirà autonomanente nel portare Zagabria davanti ai giudici europei. In questo modo, però, si potrebbe creare un pericoloso europrecedente. E’la ragione per cui il Presidente della Commissione Jean Claude Juncker aveva sollecitato una mediazione da parte del proprio vice Franz Timmermans, dopo che la parte croata aveva rifiutato l’implementazione dell’arbitrato. Ma la fase diplomatica auspicata non si è mai concretizzata.
IL VERDETTO
Lo scorso 29 giugno dall’Aja era giunto il verdetto sul confine marittimo fra Slovenia e Croazia: erano stata assegnati alla Slovenia i tre quarti della baia di Pirano più un corridoio che le avrebbe permesso una via d’ingresso alle acque internazionali. Per cui in base a questa decisione il confine tra Slovenia e Croazia era indicato dal corso della Dragogna e fino a metà canale di San Odorico. E in mare lungo la foce della Dragogna e fino alla fine del golfo.
La Croazia nel 2017 aveva abbandonato la procedura di arbitrato dopo una fuga di notizie a seguito del comportamento “scandaloso e illegale della parte slovena”, aveva detto il primo ministro croato, Andrej Plenkovic. Pare ci fosse stato un “connubio” tra il giudice sloveno e la rappresentate del governo di Lubiana. Secondo il primo ministro, quindi, Zagabria non sarebbe affatto vincolata dall’arbitrato della corte dell’Aja perché l’arbitrato “è del tutto compromesso e contaminato”.
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