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W la tecnologia in cucina, ma senza dimenticare la tradizione. Parola di Ettore Bocchia

Di Ettore Bocchia

Quando si parla di contaminazione tra cucina e tecnologia, occorre tenere presente che quest’ultima non è in nessun modo autosufficiente in campo culinario. Tutt’al più, l’ingresso della tecnologia in cucina può considerarsi come un’evoluzione parallela rispetto al cambiamento della cultura degli operatori, che, arricchendosi di nuove tecniche e modalità di preparazione, necessitano del supporto di una tecnologia più evoluta. In molti ambiti, il contributo della tecnologia al mondo della cucina è stato determinante e può apportare ulteriori benefici.

Innanzitutto, alla tecnologia va riconosciuto il merito di aver facilitato l’emergere di un’alimentazione più attenta alle esigenze salutistiche e di benessere. Infatti, l’applicazione delle innovazioni tecnologiche favorisce l’oggettività e la scientificità dell’elaborato finale e consente di tenere ogni sorta di empirismo lontano dai fornelli. I macchinari e la tecnologia nati dopo il Duemila incoraggiano la messa a punto di cotture svolte al dettaglio, funzionali a un’alimentazione più bilanciata e salutare. La tecnologia aiuta anche a standardizzare il lavoro degli operatori. Questo elemento, soprattutto quando si parla di cucinare per grandi numeri, è determinante nel rendere la cucina migliore e più attenta al benessere delle persone.

Inoltre, la tecnologia può potenzialmente risolvere molti dei problemi legati alla mancanza di cibo nelle periferie del mondo. Tuttavia, per applicarla in modo efficiente, è necessaria un’evoluzione culturale degli operatori, per far sì che essi siano capaci di sfruttare al meglio le potenzialità delle tecniche più moderne. Purtroppo, occorre constatare che molte aziende agricole sono ancora prigioniere dei dettami del passato e faticano a cogliere i benefici della tecnologia.

A volte si parla del rischio che l’innovazione possa spersonalizzare la cucina, rendendola un’attività esclusivamente meccanica. Personalmente, ritengo che tali timori siano in larga parte infondati. La tecnologia, se usata in modo appropriato, serve unicamente a esaltare il prodotto. Per fare un esempio, non esiste allo stato attuale un macchinario che sia capace di tirare la pasta meglio di come possa fare un semplice mattarello. Se paragoniamo il lavoro della macchina e quello del mattarello, ci accorgiamo subito che il risultato finale è completamente diverso, soprattutto per quanto concerne la consistenza delle due paste. Quest’ultimo aspetto è decisivo nel valutare la qualità del prodotto finale, perché la consistenza dell’alimento è quella che genera piacere quando lo si mangia.

È indubbio che la tecnologia sia in grado di migliorare in maniera significativa l’aspetto estetico del prodotto. Tuttavia, dobbiamo ricordarci che la qualità della materia prima e il lavoro dell’uomo su di essa rimangono i pilastri di ogni tipo di cucina, vecchia e nuova. In altre parole, la tecnologia può sicuramente dare una gran mano, ma non potrà mai sostituire l’uomo in tutte le sue funzioni. Ciò è ancora più vero per i ristorantini di piccole dimensioni che dominano il panorama enogastronomico italiano, nei quali è la cultura del piccolo operatore, insieme alla qualità della materia prima che esso tratta, che si rivelano decisive, e non certo il grado di sofisticatezza tecnologica presente nei piatti.

Peraltro, la mia stessa esperienza testimonia il primato assoluto che la cultura esercita sulla tecnica. Attraverso i miei piatti cerco sempre di sollecitare nelle persone un certo tipo di sensorialità e di emotività in modo completamente differente rispetto a quei ristoranti che amano definirsi tecno-emozionali. Il mio utilizzo della tecnologia sfocia sempre su piatti tradizionali. Quest’anno per esempio, in occasione dei cent’anni di attività della Famiglia Bucher, io e il mio staff stiamo mettendo a punto dei piatti della tradizione che verranno reinterpretati alla luce delle tecniche e delle conoscenze attuali.

Questo non significa tradire o rinunciare alla tradizione, ma piuttosto esaltarla per renderla più compatibili con i gusti attuali. Grazie alla tecnologia, quest’anno proporremo una versione aggiornata dell’aragosta alla thermidor, un piatto di fine Ottocento e serviremo dei consommé con delle guarnizioni tipiche degli ultimi decenni dell’Ottocento. Questo per dire che se per emozionalità e tecnologia si intende un mero e autoreferenziale esercizio di stile, essa è quanto di più distante dal mio pensiero e dal mio stile di cucina.

L’applicazione della tecnologia ha consentito di rivisitare molti dei grandi classici del passato, valorizzandoli e rendendoli coerenti con la cultura culinaria di oggi. Allo stesso modo, essa ha aperto la strada a innumerevoli sperimentazioni e ha mutato irreversibilmente il paradigma culinario, che si è dotato di nuove tecniche e procedimenti; si pensi per esempio alla rivoluzione innescata dalla cucina molecolare. In definitiva, se usata bene, in cucina la tecnologia può essere sinonimo di grandi vantaggi, per operatori e consumatori.



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