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Le domande che Mueller vuole porre a Trump, e la voglia matta del presidente di rispondere

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Il New York Times ha pubblicato la lista di domande che potrebbero essere poste al presidente americano Donald Trump dallo special counsel Robert Mueller, che il dipartimento di Giustizia ha incaricato di guidare l’inchiesta sulle interferenze russe durante le presidenziali (il cosiddetto “Russiagate”).

Che il giornale abbia ottenuto un documento così sensibile è di per sé la notizia, visto che Mueller, un tempo capo dell’Fbi, è noto per aver costruito il team di indagine tenendo fermo il punto sul criterio della segretezza. Il procuratore è noto anche per non aver mai fatto uscire niente a proposito della delicatissima indagine (che cerca di far luce sull’interferenza russa durante le elezioni, e capire se c’è stata collusione tra Mosca e il team-Trump, approfondendo la possibilità che il presidente abbia cercato di intralciare le indagini).

Il Nyt dice di aver ottenuto il documento da “una persona esterna al gruppo di lavoro di Mueller”, che a inizio marzo lo aveva ricevute dal team di avvocati del dipartimento di Giustizia. Si tratta di un segno chiaro, forse il più concreto finora, sul fatto che Mueller stia dirigendo l’indagine verso il presidente, che da tempo dice di voler affrontare un interrogatorio diretto, anche se finora è stato fermato dal suo pool di avvocati per evitare danni collaterali.

Gli avvocati di Trump pensano che l’esuberanza istintiva con cui il Prez potrebbe rispondere potrebbe essere problematica: è una questione che gli provò a spiegare il capo del suo team di avvocati, John Dowd, a cui però il tentativo costò il posto, anche se per il momento sono riusciti a traccheggiare. Ora è possibile che, dopo la diffusione delle domande, in Trump si riaccenda la voglia di parlare faccia a faccia con Mueller, magari con l’intenzione di dare una svolta all’inchiesta, ma col rischio di ficcarsi in guai molto più grossi (per esempio: se mentisse a Mueller su qualche cosa, significherebbe che il presidente ha mentito alla Giustizia).

La maggior parte delle domande diffuse dal Nyt ruotano attorno al licenziamento di James Comey, ex direttore dell’Fbi che Trump ha fatto fuori molto probabilmente perché non era d’accordo su come stava conducendo l’indagine sulla Russia – da lì, il dipartimento di Giustizia, che comanda l’Fbi, che a sua volta seguiva l’indagine perché ambito del controspionaggio, aveva sentito la necessità di nominare per l’inchiesta una persona terza.

Il fatto che Mueller voglia sapere dal presidente come sia andata la cacciata di Comey può indicare solo una cosa: il procuratore teme che Trump abbia voluto intralciare il corso delle indagine sul Russiagate; è un pessimo messaggio per il presidente, se si pensa che ostacolare il corso del Watergate costò a Richard Nixon l’impeachment.

Val la pena ricordare che l’impeachement è l’unico procedimento politico possibile per destituire un presidente americano, visto che la legge statunitense praticamente impedisce l’incriminazione durante il corso del mandato.

Il procuratore vuol ricostruire col presidente alcune conversazioni avute con l’ex direttore – Comey, da buon agente, se le è appuntate in dei memo che sono già a disposizione di Mueller. Da quelle capire se è vero, per esempio, che Trump ha chiesto all’allora capo dell’Fbi di giurargli fedeltà, oppure ancora capire se effettivamente nello Studio Ovale gli abbia chiesto di mollare l’inchiesta su Michael Flynn, ex consigliere per la Sicurezza nazionale, amico personale di Trump, finito nell’inchiesta per aver mentito su alcuni contatti con funzionari russi durante la campagna elettorale, e finora uno dei quattro collaboratori di Trump che si sono dichiarati colpevoli (e che stanno collaborando con Mueller).

Altre domande chiedono chiarezza sulle relazioni tra Trump e la Russia: un rapporto iniziato con l’edizione di Miss Mondo a Mosca, nel 2013. Mueller, a quanto pare, vuole anche sapere dal presidente con chi, tra i funzionari russi che hanno bazzicato altre persone del suo comitato elettorale, lui è entrato in contatto. Anche qui: la collusione non è un reato specifico, ma capire se il presidente sapeva o meno dei tentativi del governo russo di aiutare la nomination repubblicana ha certamente un valore enorme.



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