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Perché investire nel drone Made in Italy. Parola del generale Vecciarelli

vecciarelli, Aeronautica

Se l’informazione è l’arma che fa la differenza nei nuovi scenari militari, l’acquisizione di velivoli in grado di volare a lungo e recuperare preziosi dati è essenziale, ricorrendo ai programmi europei o all’industria nazionale. È quanto emerso dalle parole del capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, Enzo Vecciarelli, intervenuto di fronte alle Commissioni speciali di Camera e Senato, nell’ambito dell’esame dello Schema di decreto ministeriale per il programma di acquisto di 20 droni militari P2HH, realizzati da Piaggio Aerospace (azienda ligure acquistata dal 2014 dal fondo emiratino Mubadala) insieme al campione nazionale Leonardo.

UN PROGRAMMA PER LA SUPERIORITÀ AEREA

Il programma proposto dal governo vale 766 milioni di euro e prevede l’acquisizione di 10 sistemi (ciascuno costituito da due velivoli, una stazione di comando e controllo e il relativo supporto logistico integrato) fino al 2032. Si tratta di aeromobili a pilotaggio remoto della categoria Male (Medium altitude long endurance), destinati a potenziare le capacità di intelligence, sorveglianza e riconoscimento delle Forze armate italiane. “La potenzialità di questo mezzo aereo sta nella lunga permanenza in volo, e nella possibilità di osservare da quote elevate quello che succede sul terreno”, ha spiegato Vecciarelli. La necessità è emersa poiché “i tempi sono molto cambiati dal confronto bipolare, a anche l’utilizzo del mezzo aereo ha subito evoluzioni; siamo passati dall’uso significativo della forza all’esigenza di informazione”, con l’evoluzione del concetto di air power in “superiorità aerea”. Da qui, ha aggiunto Vecciarelli, il tentativo di “affermare una superiorità informativa per arrivare quanto prima a una superiorità decisionale”.

I DETTAGLI DEL VELIVOLO

I requisiti principali del nuovo drone, ha rimarcato il generale Giandomenico Taricco, capo del IV Reparto dello Stato maggiore dell’Aeronautica, che ha affiancato Vecciarelli nell’audizione alla Camera, “sono 24 ore on station a cinquecento miglia nautiche dalla base di partenza”. Per dare l’idea, ha spiegato il Capo del IV Reparto, “il velivolo decolla, si porta a circa 700-800 chilometri dalla stazione, resta 24 ore in orbita per poi rientrare nuovamente”, con tempi di transito di “circa due ore per portarsi sulla zona delle operazioni”. Al suo sviluppo partecipano Piaggio Aerospace e Leonardo, di cui sono rispettivamente coinvolti gli stabilimenti di Villanova d’Albenga (per la produzione dei velivoli) e quelli di Ronchi dei Legionari (per la produzione dei sistemi di comando e controllo). Sono coinvolte anche altre aziende italiane, tra cui Umbra Group guidata da Antonio Baldaccini, e Magnaghi Aeronautica, azienda con base a Napoli facente capo a Paolo Graziano. Secondo lo schema del governo, si prevedono “ampie possibilità in termini di occupazione”. Per quanto riguarda le tempistiche del progetto, ha notato Taricco, si prevede “la disponibilità della prima macchina certificata, e quindi in grado di inserirsi nello spazio aereo, a fine 2022 inizi 2023, ipotizzando una partenza del programma quest’anno”.

LE PAROLE DI VAGHI

“Il P2HH nasce per rispondere al requisito delle Forze armate e rappresenta una significativa evoluzione del P1HH, programma vicino alla conclusione e i cui primi esemplari di serie saranno consegnati già a partire da questa estate all’Aeronautica degli Emirati Arabi Uniti”, ci ha spiegato l’ad di Piaggio Aerospace Renato Vaghi. “Si tratta – ha aggiunto il manager – di un progetto dal grande valore strategico, forte di anni di sperimentazione e ricerca: non solo per Piaggio Aerospace, Leonardo e tutti gli altri partner della filiera coinvolti, ma anche per l’intero Sistema Paese”.

COMPLEMENTARIETÀ CON L’EURODRONE?

Eppure, l’audizione sul programma P2HH del numero uno dell’Arma azzurra è arrivata a una settimana dallo svelamento, al salone ILA di Berlino, dell’European Male, il drone europeo a cui partecipano il gruppo franco-tedesco Airbus, la francese Dassault e proprio Leonardo. Il programma continentale prevarrà sul P2HH? “Al contrario”, ha risposto Vecciarelli, evidenziando come l’esperienza italiana in tema di velivoli a pilotaggio remoto abbia permesso al Paese tanto di promuovere il progetto europeo, quanto di portare avanti le capacità dell’industria nazionale. “Personalmente sono genesi di quel progetto (Male 2025, ndr), avendo chiesto all’Europa di avviare uno studio di fattibilità per i requisiti comuni da sviluppare”, ha aggiunto evidenziando “la fatica che abbiamo fatto per portarlo avanti”. Proprio quel progetto “ha comunque prodotto i suoi frutti, con uno studio di fattibilità da 60 milioni iniziali, 20 a Paese”.

Si è trattato, ha rimarcato Vecciarelli, “di un requisito che abbiamo scritto noi in primis e propagandato a livello europeo”, e che ha trovato nell’ILA “una conclusione esclusiva di studio di fattibilità”. Se si nota il velivolo svelato a Berlino, “quasi ricopia il P2HH, e ciò significa che le esigenze e i requisiti che avevamo dettato sono stati fatti propri dal team che ha studiato il progetto”. Proprio per questo, “riteniamo che non ci sia compromesso tra i due sistemi, e che anzi essi siano complementari”. Dello stesso parere anche l’ad di Piaggio Aerospace. “I potenziali ritorni, sia in termini industriali sia tecnologici sono elevati, e permetteranno all’Italia di posizionarsi in maniera molto più forte e credibile su futuri programmi di Difesa europea, quali il Male 2025”, ha spiegato Vaghi.

TRA PARIGI E BERLINO

Ad ogni modo, “la proiezione dei due programmi pone prima il P2HH come una concreta realtà”, ha aggiunto Vecciarelli. “A luglio verranno consegnati agli Emirati sei P1HH, e sulla base di questo progetto riteniamo che la data calcolata per il P2HH sia attendibile, a fronte di progetto europeo che è in divenire, con Francia e Germania già impegnate in acquisto di altri sistemi in un momento in cui noi ne abbiamo bisogno”, ha detto il generale. Mentre Berlino “prende in leasing dieci Heron TP da Israele”, Parigi “compra dieci Predator dell’ultima generazione, mettendoci in condizione di svantaggio competitivo: da primi della classe del 2003, ad avere i nostri sistemi in obsolescenza relativa”, nella odierna necessità “di decine di unità di questi aeromobili”. Di conseguenza, quello descritto da Vecciarelli è un duplice binario: “un approccio europeo che ha portato agli sviluppi di questi giorni”, e “il cammino che riguarda una nostra industria nazionale, tra l’altro non unica poiché sta sviluppando questi programmi, sia il P1HH sia il P2HH, in cooperazione con Leonardo, con uno sharing di lavoro che ritengo essere al 50%”.

OCCUPAZIONE E GOLDEN POWER

L’acquisto dei venti P2HH potrebbe essere inoltre la chiave di volta per rilanciare Piaggio Aerospace, azienda di proprietà del fondo emiratino Mubadala, che tra l’altro destinerebbe al programma la stessa somma italiana (766 milioni). Con la cessione del ramo motori e di quello civile, lo sviluppo del P2HH potrebbe essere “l’assicurazione del mantenimento dell’occupazione – ha detto Vecciarelli – che altrimenti potrebbe non essere assicurata”. Se non dovesse entrare in produzione il nuovo velivolo, “vedo l’occupazione fortemente a rischio, senza citare quella che si sviluppa nelle piccole e medie imprese”. Sull’ipotesi spacchettamento dell’azienda, “auspico quanto prima che si facciano avanti dei possibili acquirenti dalla divisione motori, perché questa ci è vitale ed è un bene prezioso per l’Italia come assetto strategico”, ha aggiunto ricordando la manutenzione dei motori dei velivoli 339 e degli elicotteri 129 dell’Esercito, affidata a Piaggio. In più, “la parte civile non può essere svenduta ai cinesi, e ritengo che la Commissione Golden power abbia fatto benissimo il proprio lavoro mettendo tutti i paletti del caso”. A ottobre, su proposta del ministro della Difesa Roberta Pinotti, il governo aveva fatto ricorso al golden power sulla cessione del ramo Evo dell’azienda alla cinese PAC Investment S.A.

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