Tutto pronto per le elezioni presidenziali in Colombia domenica 27 maggio. I sondaggi indicano che la gara finale sarà tra il candidato della destra, Iván Duque, sostenuto dal partito Centro Democrático dell’ex presidente Alvaro Uribe, e Gustavo Petro, candidato della sinistra del partito Movimento Progressista. Secondo l’ultimo report diffuso da Invamer Gallup il 20 maggio Duque ha il 41,5% dei voti mentre Petro il 29,5%. I due probabilmente andranno al ballottaggio il 17 giugno.
La crisi del vicino Venezuela ha intaccato ogni angolo del processo elettorale, persino i preparativi logistici. Il governo colombiano ha avviato la chiusura di sette valichi di frontiera terrestri e fluviali con il Venezuela per garantire la sicurezza durante il voto. Da quanto si legge sul quotidiano El Tiempo, il direttore del servizio immigrazione del ministero degli Esteri colombiano, Christian Krüger, considera che la situazione critica del Venezuela impone l’attivazione di misure straordinarie rispetto alla consueta chiusura dei confini nel solo giorno delle elezioni.
La situazione venezuelana spaventa molti i colombiani. E la destra ha saputo trarre vantaggio. La campagna elettorale di Duque si è basata sul paragone tra l’ideologia di Petro e quella del presidente Nicolás Maduro. “Votate per non fare diventare la Colombia un’altra Venezuela”, si legge nei manifesti del Centro Democrático.
Nonostante nell’evento di chiusura della campagna a Bogotá il socialista abbia preso le distanze dal processo rivoluzionario bolivariano, Petro è stato criticato da più forze politiche per la sua tendenza “castrochavista”, il passato da guerrigliero e le posizioni ambigue nei confronti del regime venezuelano. Uguaglianza sociale, politiche di sussidio e un nuovo modello economico sono alla base del programma elettorale di Petro. I suoi modelli: il Che Guevara, Diego Armando Maradona e l’organizzazione guerrigliera M-19.
Secondo gli analisti è molto improbabile che la sinistra vinca le elezioni in Colombia. Non solo per il timore di specchiarsi nella crisi venezuelana ma anche perché il Paese ha paura ancora della violenza provocata dai gruppi armati di sinistra. È importante ricordare che nel referendum per la pace del 2016 i colombiani hanno votato contro la possibilità di dare alle organizzazioni guerrigliere, tra cui le Forza Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), l’abilitazione per fare politica. Poi il presidente Juan Manuel Santos ha firmato comunque l’accordo per garantire la tregua con i gruppi armati.
La Bbc sostiene che la società colombiana ha un forte carattere conservatore. A differenza di Messico, Bolivia, Cile e Venezuela, in Colombia i fermenti rivoluzionari della sinistra non hanno trovato molto spazio nella storia. Per il politologo Nicolás Díaz-Cruz, “la Colombia è un Paese che ha molta paura della sinistra. Tutta la campagna elettorale è girata attorno alla paura che produce qualcuno di sinistra, che con il potere potrebbe far diventare il Paese come il Venezuela con l’ideologia ‘castrochavista’. […] Quella paura però è più forte tra l’élite che ha molte ricchezze e non vuole perderle”.
Díaz-Cruz ricorda anche l’uccisione del candidato alla presidenza in Colombia, Luis Carlos Galán nel 1989 (come racconta bene la serie “Narcos” di Netflix), e altri aspiranti alla presidenza come Bernardo Jaramillo (ucciso nel 1990) e Jaime Pardo Lea (assassinato nel 1987). “Qualsiasi posizione di sinistra o liberale è stata annullata in forma violenta da una destra armata, molte volte con la complicità dello Stato – sostiene l’analista alla Bbc -. Hanno ucciso molti leader ed è per questo che si parla di un genocidio politico della sinistra”. Domenica però, anche in un secondo posto, la sinistra potrebbe iniziare uno storico risorgimento nello scenario politico colombiano.