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Come ti fabbrico una fake news sull’energia

fake news

Per costruire una fake news di successo sono necessari alcuni ingredienti. Prima di tutto una certa convinzione che tutte le teorie del complotto siano fondate, che non siamo mai andati sulla Luna ma che quando ci siamo andati c’erano gli alieni, che tutti i governi mondiali ci nascondono la verità, ecc.

Poi occorre trovare un argomento che ci colpisca e che provochi la nostra indignazione. Quindi serve anche un briciolo – ma proprio un pizzico – di verità per dare credibilità all’intera costruzione. Ma l’ingrediente fondamentale, il segreto dello chef senza il quale tutta la ricetta risulterà un disastro, è una frequentazione molto approssimativa della scuola dell’obbligo e l’ignoranza delle più elementari basi scientifiche.
Vediamo un caso accaduto in questi giorni. Come una commedia, si può dividere in tre atti. E come le migliori commedie si può far precedere da un prologo.

PROLOGO

Gli scienziati di tutto il mondo oggi riconoscono che il cambiamento climatico è un fatto concreto, che è causato principalmente dall’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera, che questo è prodotto principalmente dall’indiscriminato uso di combustibili fossili. Non c’è alcun dubbio che in soli 150 anni abbiamo liberato una grande quantità di anidride carbonica che le piante e i microorganismi del Mesozoico avevano impiegato centinaia di milioni di anni per intrappolare sotto terra.

Per questo, i centri ricerche di tutto il mondo stanno studiando tecniche per limitare la produzione di anidride carbonica fossile, usando le energie rinnovabili e limitando l’uso dei combustibili fossili più inquinanti, come il carbone, preferendo ad esempio il gas naturale che inquina la metà. Ma stanno studiando anche sistemi per intervenire dove il danno è stato già fatto: per catturare, immagazzinare e trovare il modo di riutilizzare l’anidride carbonica.

Il carbonio nella CO2 si trova al livello più ossidato possibile. Per trasformarlo in qualcosa di utile, come le plastiche o i combustibili, occorre ridurlo, cioè togliere l’ossigeno e sostituirlo con altri elementi, come l’idrogeno. Ma questo processo costa tanta tanta tanta energia. Esattamente la stessa energia che ricaveremo se ossidiamo (bruciamo…) di nuovo la plastica o il combustibile che abbiamo ottenuto per riottenere di nuovo la CO2 da cui siamo partiti. In pratica, non possiamo trasformare qualcosa che contenga poca energia in qualcosa d’altro che ne contenga di più senza fornire almeno quella stessa differenza di energia. Si chiama principio di conservazione dell’energia e tutti noi lo abbiamo incontrato per la prima volta nelle scuole dell’obbligo come Primo Principio della Termodinamica.

In realtà le cose sono messe pure un po’ peggio: abbiamo studiato anche il Secondo Principio della Termodinamica; e questo ci dice che ogni trasformazione di energia da una forma a un’altra comporta uno spreco di energia. Per questo, numerosi gruppi di ricerca stanno studiando catalizzatori efficienti per la riduzione elettrolitica della CO2. Si tratta di fornire efficacemente energia per rompere i fortissimi legami C-O e immagazzinare questa energia nei legami C-C e C-H che possono contenere tanta energia.  un processo che ha un suo costo, in pratica spendiamo sempre più energia di quella che riusciamo a ottenere, e – ricordiamo – percorriamo il processo contrario di quello che ossida (brucia…) i combustibili e li trasforma in anidride carbonica liberando altrettanta energia.

ATTO UNO

Un gruppo di ricerca congiunto che comprende ricercatori della Nebraska University americana, della Swansea University britannica e della European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble, pubblica sulla rivista scientifica Acs Catalysis il risultato di una interessante serie di studi. Propongono una nuova strategia per la realizzazione di elettrodi che migliorano la catalisi di riduzione elettrolitica di anidride carbonica (CO2) in etilene (H2C=CH2). Questo è un passaggio importante per rendere efficiente il processo elettrolitico in cui si fornisce energia elettrica alla CO2 per trasformarla in etilene. Quest’ultimo, poi, può essere utilizzato come intermedio in vari processi chimici o semplicemente polimerizzato per fare il polietilene. In questo modo: zac! Abbiamo trasformato l’anidride carbonica in un sacchetto di plastica o in qualcosa d’altro e, finché non bruceremo quel sacchetto, saremo sicuri di aver sottratto all’ambiente una certa quantità di anidride carbonica.
In pratica questi ricercatori hanno compiuto una serie di calcoli teorici di modellazione molecolare Dft e di verifiche sperimentali con diverse spettroscopie ai raggi X e propongono un metodo per incrementare l’efficienza del processo dal 13% fino al 26%.
Come tutti i calcoli teorici, andrà sottoposto a numerose verifiche sperimentali, prima in laboratorio e poi – se tutto fila liscio – in un impianto industriale. Un buon lavoro. Se l’avessero sottoposto a me per il processo di validazione (detto peer review; necessario per tutti gli articoli scientifici) l’avrei certamente fatto pubblicare. Andiamo avanti.

ATTO DUE

Un articolo della gazzetta divulgativa della Nebraska University riporta lo studio inserendolo nel contesto delle ricerche mondiali, colorandolo un poco e ipotizzando che in futuro si potrà facilmente riciclare l’anidride carbonica. Il fatto che per produrre etilene dall’anidride carbonica serve energia elettrica è dichiarato (“perché il catalizzatore a base di rame produca plastica dalla CO2 occorre applicargli tensione”) ma viene dato come fatto abbastanza scontato.

ATTO TRE

A questo punto, la notizia passa da un media all’altro, e scommetto che ciascuno ha preso per buona la notizia riportata senza risalire come un salmone fino alla fonte primaria. È un lavoro che dovrebbe fare qualsiasi giornalista degno di questo nome, ma sapeste quanto è faticoso…

Infine, arriva all’orecchio di un comico italiano meglio noto come principale ispiratore di una forza politica che da tre mesi si accinge ad andare al governo. Questo lo prende e lo pubblica sul suo famoso blog.

Il nostro ha perso completamente di vista il fatto che per ridurre CO2 a qualsiasi altra cosa, etilene incluso, bisogna fornire energia. Non ha risalito la cascata delle notizie, evidentemente ignora il Primo Principio della Termodinamica – figurarsi il Secondo – e cerca di convincere i suoi lettori che per passare da CO2 a plastica basta un catalizzatore magico. Come se non bastasse, scambia questo studio preliminare per “una particolare attrezzatura”. E insiste: una “innovativa apparecchiatura” bella e pronta per l’uso. Infine, arriva a sostenere che questo processo magico “non era mai stato fatto prima”, mentre si tratta di un miglioramento della resa di una serie di reazioni chimiche piuttosto note. Fine della commedia. Ognuno tiri le sue conclusioni.


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