Sono finiti i tagli alle risorse e, con il Libro bianco, è stato messo a punto un progetto di ampio respiro per la riforma della Difesa, ma tanto resta ancora da fare. L’intervento di Roberta Pinotti alla festa per il 157° anniversario della costituzione dell’Esercito è stato inevitabilmente un bilancio della sua attività di ministro della Difesa. “Non sono stati anni facili, in un contesto economico difficile”, ha detto, ma si è intensificata la trasformazione interforze e sono state attivate nuove capacità “come nel caso della difesa cibernetica”. Il ministro ha ammesso di “di non essere riusciti a fare tutto ciò che avremmo voluto”: le misure per la riduzione dell’età media dei militari, la necessità di stabilizzare il flusso di risorse per rinnovare gli equipaggiamenti, gli interventi di riorganizzazione “per avere una linea di comando più snella e per rafforzare la dimensione interforze”, riferimento quest’ultimo alla mancata approvazione del Libro bianco nella scorsa legislatura. Ecco perché il ministro crede che “la politica saprà assumere le decisioni che servono” per mantenere le Forze armate al passo con i tempi. Quanto all’Esercito, oggi è composto da “‘professionisti adulti’ che sanno combattere se e quando necessario, sanno usare la diplomazia e la persuasione, sanno addestrare ed educare, sanno soccorrere ed aiutare”. È la sintesi degli impegni degli ultimi anni: dalle capacità espresse nelle missioni agli interventi in caso di calamità naturali come i terremoti nel Centro Italia.
Anche il generale Salvatore Farina, alla sua prima festa come capo di Stato maggiore dell’Esercito, ha detto di auspicare “vivamente un aggiornamento dello strumento militare” aggiungendo che, in prospettiva, sono necessarie ulteriori integrazioni e sinergie interforze. Le cifre che ha ricordato confermano l’impegno della sua forza armata: circa 7mila soldati in Italia nell’operazione “Strade sicure” e più di 4mila nelle missioni in 14 Paesi diversi tra cui Libia, Kosovo, Afghanistan e (anche se per ora solo con 40 unità) Niger, dove la missione è in stand by e “si svolgerà sulla base delle richieste dell’autorità nigerine in un’area complessa”, come ha detto a margine della festa il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano.
Nel suo intervento Graziano ha rilevato che ormai si opera sempre più in ambiti internazionali dove “si conta per quanto si fa e per come ci si presenta”. Da appassionato di storia, anche stavolta ha ricordato certi passaggi della Prima guerra mondiale, quando “l’Italia fu un sistema-Paese ante litteram: dal 1917 al 1918 tutta l’Italia fu impegnata a vincere la guerra” aprendo la strada per “costruire l’unità nazionale”. Le sue parole non avevano il minimo retrogusto politico, eppure, in questa fase così convulsa, ricordare l’unità di intenti di quei drammatici momenti per l’interesse comune potrebbe portare a un soprassalto di responsabilità e convincere i partiti a dare una mano al Presidente della Repubblica.