Potrebbe comportare un rischio la scelta dei vescovi cileni di rimettere in blocco il proprio mandato nelle mani di Papa Francesco. Così ricordare per sommi capi la vicenda è necessario.
Quando il papa si recò in Cile venne convinto dai suoi interlocutori che i giovani contestatori, che indicavano in un vescovo un insabbiatore degli abusi compiuti da un sacerdote, lo calunniavano. Il papa seguì quanto gli venne detto, difese il presule, parlò di calunnie contro di lui, poi ripartì, seguito da un polverone. Su consiglio del cardinale incaricato della tutela delle vittime di abusi inviò in Cile monsignor Scicluna, ed emerse una verità diversa da quella che gli era stata rappresentata.
Così si è arrivati alle scuse del papa, formulate alle tre vittime ricevute separatamente e congiuntamente a Roma, per ore, dal papa. E poi a questi giorni di incontro con i vescovi, convocati dal papa a Roma e che ha fatto presente loro la carenza di informazioni ricevute.
I 34 vescovi giovedì sera, prima che si riunissero e annunciassero in blocco la loro decisione di rimettere nelle sue mani il loro mandato, hanno ricevuto da Bergoglio un’ultima missiva. Il papa ricorda di essersi scusato per essere stato parte del problema, un fatto che non ha precedenti.
Inoltre nel testo, in modo molto significativo, ringrazia i fratelli nell’episcopato per aver accolto l’invito a fare insieme un “discernimento franco di fronte ai gravi fatti che hanno danneggiato la comunione ecclesiale”.
I nostri incontri, prosegue la lettera, “siano stati occasione di approfondire la gravità di tali fatti e le tragiche conseguenze che hanno avuto in particolare per le vittime”. Ed eccoci al passaggio della lettera inviata dal papa a tutti e 34 i vescovi del Cile: “In conclusione – scrive l’Osservatore Romano – il pontefice rinnova il grazie ai vescovi per la piena disponibilità che ciascuno ha manifestato nell’aderire e collaborare in tutti quei cambiamenti e risoluzioni che dovremmo porre in essere nel breve, medio e lungo termine, necessari per ristabilire la giustizia e la comunione ecclesiale”.
La risposta unanime, nonostante nell’episcopato fossero notoriamente presenti diverse posizioni al riguardo dell’accaduto, non va dunque nella direzione auspicata da Bergoglio.
Nella loro decisione collettiva di rimettere il proprio incarico di vescovi nelle mani di Francesco come si potrebbe cogliere un segno di “discernimento franco di fronte ai gravi fatti?” Oggi molti non scrivono che il papa ha sfiduciato tutti i vescovi cileni? Traspare questo dalla sua lettera? C’è forse una venatura corporativa in questa decisione?
La Chiesa casa di vetro parte certamente dalla necessità di riconoscere un ruolo per le vittime, un ruolo di protagonisti nella costruzione del nuovo. L’auspicio che la decisione del presuli cileni indichi questa volontà c’è, ma non è l’unico.