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Dall’immigrazione i soldi per i terroristi. Ecco come le cellule operavano in Italia

terrorismo

I soldi guadagnati gestendo l’immigrazione clandestina utilizzati per l’acquisto di armi e mezzi per i ribelli siriani e per i qaedisti di Jahbat al Nusra: raccolta di denaro, riciclaggio, finanziamento al terrorismo jihadista. È di particolare importanza l’inchiesta che ha smantellato un’ampia rete di fiancheggiatori del terrorismo internazionale: 14 arrestati, di cui 11 siriani e 3 marocchini, una cellula individuata in Sardegna e un’altra in Lombardia, una ventina di perquisizioni in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Coordinate dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, si è trattato in realtà di due inchieste autonome della Polizia e della Guardia di Finanza poi proseguite in collaborazione grazie al costante scambio di informazioni all’interno del Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, e tra le procure di Cagliari e Brescia. Il procuratore nazionale antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho (nella foto), ha specificato che a quattro degli arrestati è contestata l’associazione a delinquere con finalità di terrorismo e agli altri l’associazione a delinquere dedita al finanziamento del terrorismo, al riciclaggio, all’abusiva intermediazione finanziaria.

OPERAZIONE “FOREIGN FIGHTERS”

Il filone seguito dai finanzieri dello Scico (il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) ha preso il via nel 2015 dall’analisi dei flussi finanziari nel circuito dei money transfer verso i Paesi a rischio, in particolare su soggetti che nel Casa erano stati indicati come foreign fighters residenti tra le province di Como e di Lecco. Il finanziamento avveniva attraverso il tradizionale metodo “Hawala”, che presuppone un determinato numero di fiduciari per fare arrivare le somme a destinazione, cioè ai terroristi di Jahbat al Nusra. In totale, sono stati individuati movimenti per oltre 2 milioni di euro. Un sistema semplice, usato da secoli e difficilissimo da individuare perché non tracciabile. “Siriani operanti in tutta Europa – ha detto il generale Alessandro Barbera, comandante dello Scico, nella conferenza stampa – costituivano l’architrave del finanziamento per ogni necessità”. Decisivo è stato il ruolo di un infiltrato della Guardia di Finanza che, in collaborazione con l’Aisi (l’intelligence interna), ha avvicinato e acquisito la fiducia di Ayoub Chaddad, raccogliendo molte prove tra le quali i suoi trascorsi come foreign fighter e un’inequivocabile intercettazione: “Chi si presta a fare il kamikaze deve amare la religione e non deve avere paura della morte. È una fine diversa dalle altre, ma andrà a morire, andrà in Paradiso per la via giusta”.

UN TERRORISMO MODERNO

Turchia, Svezia, Germania e Ungheria sono i Paesi coinvolti. Uno dei capi dell’organizzazione, Anwar Daadoue, muoveva denaro dalla città svedese di Norrköping aiutato da tre siriani residenti in Turchia. Erica Battaglia, sostituto procuratore a Brescia, ha definito “terrorismo moderno” quello emerso dall’inchiesta: “Non sono i classici terroristi, con barba lunga e vestiti tradizionali, ma uomini d’affari che nella 24 ore hanno la macchina contasoldi. La struttura di vertice era particolarmente evoluta”. Daadoue è stato costantemente monitorato mentre era in Svezia e ora è detenuto in Danimarca in seguito a un mandato d’arresto europeo emesso dalla procura di Tempio Pausania per un altro procedimento: anche la collaborazione internazionale, giudiziaria e investigativa, è stata definita eccellente. Analizzando i flussi, lo Scico ha individuato movimenti che hanno interessato 30 soggetti siriani di cui 10 foreign fighters e 20 a essi collegati per un totale di 43 movimenti dall’Italia alla Siria o viceversa e di un movimento di denaro verso la Giordania.

QUEL TRAFFICO DI PROFUGHI SIRIANI

Il filone sardo seguito dall’Antiterrorismo della Polizia è nato seguendo il traffico di profughi siriani dall’Italia settentrionale verso il Nord Europa. Quattro arresti sono appunto avvenuti in Sardegna, l’altra cellula di supporto ai qaedisti di Jahbat al Nusra. In quel filone iniziale era coinvolto marginalmente uno degli arrestati e le indagini della Digos di Sassari hanno accertato i finanziamenti a favore dei terroristi con il metodo “Hawala”: la cellula di Olbia faceva capo al siriano Daadoue e ha trasferito alcune centinaia di migliaia di euro. Per esempio, nel maggio 2017 suo fratello fu fermato in Svezia con l’equivalente di 70mila euro in corone svedesi mentre in giugno un altro fiduciario fu bloccato mentre stava per partire alla volta di Budapest con un’altra importante somma. Nell’area di Edlib, in Siria, i soldi venivano usati per l’acquisto di armi da guerra e di veicoli pick-up. Nelle intercettazioni uno degli arrestati dice che “Jahbat al Nusra è l’unica che è nel giusto”, non al Bagdadi, leader dell’Isis: una conferma del dualismo jihadista tra al Qaeda e il Califfato.

NESSUN ATTENTATO IN PROGRAMMA

Cafiero de Raho ha escluso che le cellule stessero progettando attentati in Italia o in Europa, sottolineando però che il denaro proveniva dal traffico dell’immigrazione clandestina: “Non abbiamo prove che abbiano fatto entrare foreign fighters, ma certo sono trafficanti di uomini”. Maurizio Romanelli, procuratore aggiunto della Dna responsabile del pool antiterrorismo, ha rimarcato la capacità di prevenzione visto che “in 5 settimane ci sono state 6 operazioni coordinate da diverse direzioni distrettuali in quasi tutta Italia: il sistema funziona”. Per Carlo Nocerino, procuratore aggiunto della Dda di Brescia, dall’inchiesta “emerge in modo allarmante la capacità di gestire la raccolta di denaro in Italia e la velocità di riversarlo all’estero in un modo non tracciabile”.

SONO TRA NOI

Molto chiare le parole di Claudio Galzerano, direttore del Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno della Polizia: innanzitutto una sinergia simile tra forze dell’ordine e magistratura “non la ricordo” e ha portato a una “solidità dell’impianto investigativo” grazie alla polizia giudiziaria, all’intelligence e alla collaborazione di un detenuto coinvolto nel traffico di clandestini. “Gli arrestati sono siriani tutti regolari in Italia, ma impegnati a tempo pieno nel commettere reati. Sono tra noi e sta a noi far emergere questi reati”. Secondo il dirigente dell’Antiterrorismo “il valore aggiunto dell’inchiesta sta nell’aver neutralizzato i canali di finanziamento” e questo “apre un nuovo fronte di indagini”. Certamente ci saranno sviluppi e non si può escludere il coinvolgimento di italiani.

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