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Ecco come Israele segue le vicende del governo giallo-verde (e il rapporto con Mosca)

israele, populismo

Il giornalista che copre l’Italia per il quotidiano israeliano Haaretz ha analizzato la nostra crisi politica, argomento interessante anche per il suo Paese. Ariel David negli ultimi dieci giorni ha dedicato all’argomento due articoli che ruotano sostanzialmente attorno a quello che per i media esteri – e per l’opinione pubblica internazionale – è l’aspetto più interessante, o preoccupante: “Per la prima volta nella storia del dopoguerra, una grande democrazia dell’Europa occidentale [rischia di essere] guidata da una maggioranza di populisti euroscettici e politici di estrema destra”.

Nel pezzo d’opinione uscito ieri dice: “Provando che le cose possono sempre peggiorare”, ora “è diventato il primo grande paese dell’UE in cui vi è uno scontro costituzionale aperto tra le forze democratiche e populiste, con queste ultime fortemente favorite a emergere”.

Indipendentemente dai vaghi concetti di sovranità espressi sia dalla Lega che dal Movimento 5 Stelle in risposta a certi altri articoli usciti sui media stranieri, si tratta di uno scenario stuzzicante per gli analisti, fosse altro per le potenziali conseguenze sulla stabilità occidentale ed europea, ed è ovvio che quell’interessamento e quella preoccupazione arrivino fino alle segreterie dei governi.

E allora, come guarda Israele, partner commerciale italiano, questa crisi? David spiega che i punti sono due: primo, la Russia; secondo l’approccio con cui i due partiti che hanno ottenuto più consensi alle elezioni si relazionano (si sono relazionati o si relazioneranno) allo stato ebraico.

Scrive David: “I partiti ‘Italy First’ che governeranno a Roma (o dovrebbero farlo, la certezza è un aspetto piuttosto distante dall’incedere di queste giornate, ndr) hanno espresso opinioni diametralmente opposte su Israele. Ma hanno pochi dubbi sul fatto di mettere la Russia al primo posto nella loro politica estera”.

Lega e Movimento 5 Stelle, nell’accordo politico che avrebbe dovuto fare da stampella al primo, naufragato tentativo di governo congiunto, hanno messo nero su bianco che l’Italia resterà agganciata all’asse Nato, e continuerà a considerare gli Stati Uniti alleati e amici – un aspetto interessante per Tel Aviv, che con Washington ha ristretto i rapporti sotto l’amministrazione Trump.

Però entrambi i partiti hanno espresso chiaramente la volontà di ricostruire i rapporti con la Russia, “che non dovrebbe essere percepita come una minaccia ma come un partner economico e commerciale”: una “riabilitazione” di Mosca come partner “strategico”, più volte sottolineata come visione imbarazzante e rischiosa dagli osservatori internazionali, anche per risolvere questioni delicate come la Libia, lo Yemen, la Siria – dossier su cui però i russi hanno visioni piuttosto differenti da quelle italiane e da quelle occidentali in generale.

Per esempio, sulla situazione siriana, tema moltaìo caro a Tel Aviv, anche il governo israeliano ha creato una sistema di contatto con Mosca, ma non certo una partnership strategica. Si tratta di paletti di rispetto, a garanzia, diciamo così, dei rispettivi interessi, che sono piuttosto distanti da un concetto di collaborazione: gli israeliani hanno garanzie di azione sulla Siria in rispetto del loro interesse nazionale, i russi hanno ricevuto alla pari l’assicurazione di non finire sotto gli eventuali attacchi delle forze armate israeliane; con tutta una serie di complicazioni e articolazioni, che stanno spostando la questione dal piano operativo a quello politico più profondo che riguarda il contenimento dell’Iran.

Punto su questa situazione: oggi il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, era a Mosca. Contemporaneamente Haaretz ha pubblicato la notizia che il gruppo partner di Teheran, gli Hezbollah libanesi, che hanno nell’obiettivo Israele, starebbero per ritirarsi dalla Siria. È questo il genere di rapporto che Tel Aviv ha con Mosca: una pressione costante affinché i russi si affranchino dal piano degli ayatollah di trasformare il territorio siriano in una piattaforma militare contro Israele.

David ripercorre rapidamente alcuni passaggi di Lega e M5S, uscite dei rispettivi leader e posizioni dichiarate e ricostruite, e conclude: “Mentre la vicinanza del nuovo governo a Mosca è facile da prevedere, è più difficile a questo punto prevedere come si svolgerà questo storico mutamento nella politica italiana nelle relazioni di Roma con Israele”.

Torniamo all’Italia. Da una parte c’è Matteo Salvini, che s’è dichiarato “amico e fratello di Israele”, ha visitato la Knesset nel 2016 dove ha condannato Hamas e i gruppi violenti palestinesi, rapporti ricostruiti dopo che l’anno prima l’ambasciata israeliana in Italia gli aveva negato il visto considerando la sua visita considerata politicamente inopportuna visti i rapporti con gruppi fascisti (David ricordando che Salvini ha promesso dopo il no del Quirinale alla prima proposta di governo “ci vedremo a Roma”, ricorda che il nostro è un paese “che non ha mai veramente fatto i conti con il suo passato fascista”, dove “non è inusuale per i politici elogiare il Duce o adottare la sua retorica, specialmente per un partito come la Lega, che per anni ha organizzato i suoi militanti in bande chiamate, senza un briciolo di ironia, le camicie verdi”).

Salvini spesso accede ai temi cari al cospirazionismo globale, quello che incolpa finanzieri ebrei come George Soros di essere macchinatori del mondo, ma sostanzialmente sostiene Israele perché lo considera un baluardo nel contenimento dell’estremismo islamico; più in generale, partendo da un substrato islamofobo, sostiene lo stato ebraico come contrapposizione ai paesi islamici della regione.

Di là c’è il M5S, il cui fondatore, l’ex comico Beppe Grillo, ha dato diverse volte spazio sul suo blog – considerato dai fanatici del partito il riferimento politico e ideologico da seguire – alle più becere teorie cospirative che denuciano (si fa per dire, ndr) un complotto giudaico-massonico (e qui c’è un contatto con Salvini) che guida i poteri forti nel mondo – gestito da finanzieri e banchieri, che, per dirne una facile facile, hanno deciso di far esplodere le Torri Gemelle per scombussolare il mondo a proprio interesse.

Ma non solo, è proprio la posizione generale differente. “Grillo – ricorda David – ha scritto sul suo famoso blog che Israele è terrificante e irresponsabile e potrebbe iniziare una Terza Guerra Mondiale, e i suoi seguaci in parlamento hanno mostrato una forte inclinazione anti-israeliana, accusando lo stato ebraico di genocidio durante la Guerra di Gaza del 2014 e invitando il governo a tagliare i legami diplomatici” con Tel Aviv.

Dunque, si chiede il giornalista israeliano: “Ma quale di questi flussi ideologici controllerà e dirigerà la politica di Roma in Medio Oriente?”. Una domanda alla quale, per il momento, manca il prefisso a monte: chi dirigerà la politica di Roma?


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