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Spie e segreti. Aldo Moro e il suo rapporto (fortissimo) con l’intelligence

Moro

“Aldo Moro, anche nel rapporto con l’intelligence, si conferma un faro della repubblica”, parola del professor Mario Caligiuri, direttore del Master in intelligence dell’Università della Calabria e curatore del libro “Aldo Moro e l’intelligence (Rubbettino), presentato oggi, a 40 anni dalla scomparsa dello statista democristiano, alla Camera dei Deputati, nella sala a lui dedicata.

All’evento sono intervenuti anche Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University, Paolo Messa, direttore del Centro Studi Americani, il sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri e il professor Paolo Gheda, docente all’Università della Valle d’Aosta.

Il volume curato da Caligiuri, “è forse il più importante realizzato dal Professore – spiega Messa aprendo la presentazione – perché arricchisce e completa una biblioteca che si è spesso sviluppata esclusivamente attorno ai tragici 55 giorni della detenzione di Aldo Moro, mentre invece la figura dello statista democristiano merita un racconto più ampio”. In quest’ottica, ha continuato il Direttore, “è ancora più importante descrivere il rapporto di Moro con l’intelligence e con gli apparati di sicurezza dello Stato”.  Quello del Presidente Dc con l’intelligence è stato “un rapporto vero e forte, reso complesso dal tempo in cui Moro è vissuto e ha esercitato le sue responsabilità politiche, in un contesto geopolitico a tratti drammatico, in cui Moro aveva un rapporto stretto con gli Usa, arricchito da una buona conoscenza della Cia. Allo statista Dc si deve la delicata svolta di politica estera verso il Mediterraneo, la nascita del rapporto con la Libia di Gheddafi”.

“Moro, ha ricordato Messa, fu anche accusato di avere una relazione troppo forte con mondo arabo e palestinese, in questa chiave erano oggetto di controversie i suoi rapporti con Stefano Giovannone, il responsabile Sismi basato a Beirut, che rispondeva quasi a Aldo Moro bypassando spesso i suoi superiori, e con il generale Miceli, un altro degli attuatori del lodo Moro”. Non sono mancati i disaccordi con Giulio Andreotti, che, ha ricordato Messa, “era favorevole ad allontanare i generali coinvolti in scandali o inchieste. Moro invece su questo era intransigente, nella difesa non delle persone, ma della loro funzione istituzionale”. La stessa divergenza la troviamo sulla riforma dei servizi, “Andreotti aveva un’idea più riformatrice e voleva un servizio unico. Fu Moro a insistere per avere due servizi diversi, come poi accadde”. “La sicurezza dello Stato – ha concluso il Direttore, è sempre stata la bussola che Aldo Moro ha utilizzato nei rapporti intensissimi con il mondo dell’intelligence”.

All’intervento di Messa hanno fatto seguito le parole di Paolo Gheda, per cui l’iniziativa editoriale di Caligiuri “è utile per allargare le maglie della ricerca storiografica su alcuni aspetti della storia contemporanea in cui siamo ancora abbastanza indietro, come quelli che coinvolgono i servizi e sicurezza”. Il libro, ha continuato Gheda, “aiuta ad analizzare la figura di Moro come statista, distinguendola dalla sua tragica fine”. Secondo il Professore, “nei nodi cruciali della biografia di Moro l’intelligence è stata importantissima, poiché già dal ’59 Moro ha avuto a che fare con i servizi segreti, per arrivare alla sua politica di apertura al Mediterraneo, in cui il tema dell’intelligence diventava estremamente delicato. Per Moro, ha sottolineato Gheda, “la preoccupazione principale è che i servizi fossero uno strumento dello Stato utile alla tenuta del Paese e alla sua capacità di autogovernarsi”.

Mario Caligiuri, nel suo intervento, ha tenuto a precisare che il libro è allo stesso tempo una “operazione culturale, perché ambisce a fare diventare l’intelligence materia di studio nelle università italiane, rendere consapevoli che un vero uomo di Stato conosce e utilizza l’intelligence e fare conoscere questo aspetto di Aldo Moro nel modo più corretto per evitare l’ennesima riscrittura sulle vicende del politico democristiano.  Il professore e curatore del libro ricorda come Moro si muovesse “nello scenario della Guerra Fredda, che era una guerra di spie, con l’intelligence ingrediente fondamentale”. Moro era consapevole dell’importanza dei servizi e “sapeva usare le informazioni prodotte dell’intelligence e dialogare con gli uomini che la praticavano, come Giovanni De Lorenzo, Enrico Mino, Vito Miceli e Stefano Giovannone, che cita più volte nelle lettere scritte durante la sua prigionia”. “Aldo Moro – ha sostenuto – è  stato sempre uno dei protagonisti nelle fasi cruciali della storia italiana, dall’allargamento politico si socialisti e ai comunisti, fino alle tante vicende che hanno costellato la storia italiana del secondo dopoguerra, dal Governo Tambroni alla strategia della tensione. Ha poi ricordato i rapporti tra Moro e Francesco Cossiga, che riconosce allo statista pugliese una straordinaria cultura dell’intelligence. Nel suo discorso, il Professore ha ricordato anche la questione delicatissima degli altoatesini, i numerosi attentati, il trattato di Osimo e tanti altri avvenimenti in cui l’intelligence è stata centrale.

Vincenzo Scotti, uno dei protagonisti della politica di quegli anni, ha ricordato che “il rapporto tra politica e intelligence è una delle chiavi più importanti Stato moderno. Il problema della disinformazione e manipolazione informazione è oggi una delle questioni chiave della vita democratica ma era centrale già centrale al tempo della Guerra Fredda.

 Il Presidente della Link Campus University ha tenuto anche a ricordare il ruolo fondamentale che Moro ha avuto per lo sviluppo dell’intelligence italiana. “L’intelligence ha bisogno di due cose – ha spiegato l’ex ministro – di uomini interni capaci di analisi efficaci della realtà e di proporre al decisore politico delle suggestioni e degli scenari chiari e di politici che capaci di raccogliere gli stimoli e di elaborarli trasformandoli in decisioni politica all’altezza delle sfide con cui ci si confronta. Moro l’ha fatto e il suo apporto è stato fondamentale per l’evoluzione di una cultura della sicurezza del nostro Paese, e i frutti sono visibili ancora oggi”.

Infine, Cosimo Ferri ha notato come oggi l’intelligence ricopra un ruolo fondamentale “nella lotta al terrorismo, sia per la prevenzione che per la repressione del fenomeno”. “La visione di Moro – ha continuato Ferri – è estremamente attuale, per il suo rapporto positivo, costruttivo e sinergico con tutti gli apparati della sicurezza. La sua di politica estera, improntata al dialogo con tutti ma capace poi di giungere a una sintesi, passava per un ruolo efficace dell’intelligence”.



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