Lo scorso 18 aprile il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva il pacchetto di direttive sull’Economia Circolare che entro giugno sarà ratificato dal Consiglio per essere quindi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Le norme dovranno essere poi recepite negli ordinamenti nazionali degli Stati membri. Anticipando tutti gli altri e forte di un substrato già presente in Italia, è stato costituito il Circular Economy Network, l’osservatorio sull’economia circolare “creato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da un gruppo di 13 aziende e associazioni d’impresa che vanno dai consorzi di riciclo alle industrie di bioplastiche, dalle acque minerali ai pannolini passando per le multi utility”. L’obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo dell’economia circolare nel nostro Paese, elaborando proposte di policy e contribuendo alla diffusione di buone pratiche.
L’Italia è già oggi al secondo posto in Europa nell’uso di materia proveniente da scarti: quasi un chilo di materia prima ogni 5 chili di materiali consumati viene dai materiali riciclati. Secondo l’indice di circolarità calcolato dalla Commissione Europea, il nostro Paese è a una percentuale del 18,5% contro il 26% del primo paese riciclone, l’Olanda. Siamo avanti alla Francia (17,8%) e al Belgio (17%) e molto sopra la Germania che con il sul 10,7% si posiziona al di sotto della media europea (11,4%).
“Il nostro Paese si colloca, per storia imprenditoriale e antica carenza di materie prime – ha detto il neo Presidente del Network Edo Ronchi – in una posizione di eccellenza in questa vera e propria rivoluzione economica e produttiva che vedrà il nascere di una riprogettazione del design industriale, di nuovi prodotti e servizi, di nuove aziende, assieme ad un ulteriore salto di qualità nel riciclo dei rifiuti. Il nuovo pacchetto di direttive europee potrebbe permettere all’Italia di raggiungere un indice di circolarità superiore al 30% al 2030”.
Una stima della Mc Arthur Foundation prevede per l’Europa un risparmio netto annuo fino a 640 miliardi di dollari sul costo di approvvigionamento dei materiali per il sistema manifatturiero europeo dei beni durevoli, pari al 20% del costo attualmente sostenuto. L’Italia, che è il secondo Paese manifatturiero del continente dopo la Germania (ma in una posizione più avanzata per capacità di riutilizzo e riciclo) potrebbe trarre grandi vantaggi economici dalla rivoluzione dell’economia circolare. Vantaggi che si tradurrebbero anche in occupazione aggiuntiva. Secondo stime dell’Enea, una forte spinta verso questa nuova forma di economia potrebbe creare fino a 540 mila posti di lavori entro il 2030.
A costituire il gruppo fondatore del Network sono aziende e consorzi che rappresentano ampi settori dell’imprenditoria italiana: Aitec (Associazione delle industrie cementiere), Burgo Group (settore cartario), Cobat (Consorzio nazionale raccolta e riciclo), Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi), Ecodom (Consorzio Recupero e riciclo elettrodomestici), Ecopneus (Scietà per il recupero degli pneumatici fuori uso), Fater (Procter & Gamble e Gruppo Angelini per la produzione di pannolini), Greenrail (Produzione di traverse ferroviarie innovative), GRT Group (Trasformazione di plastica in carburante), Montello (industria del recupero e riciclo), Novamont (azienda della bioeconomia e delle bioplastiche).
Prime iniziative previste, la realizzazione di un premio per le start-up più innovative e la realizzazione di un Rapporto annuale sullo stato dell’economia circolare.