Il Partito Democratico si compatta. Già così saremmo davanti ad una notizia non di poco conto in queste settimane. Il paradosso è che i democratici tornano ad essere tutti d’accordo davanti all’ipotesi di votare subito, il prima possibile, probabilmente il 29 luglio.
La notizia coglie tutti di sorpresa in un afoso pomeriggio romano, con tutti gli osservatori con gli occhi puntati sul Quirinale, in attesa che Carlo Cottarelli presenti la lista dei suoi ministri. Ma è solo l’inizio del pomeriggio più assurdo della storia della Repubblica, con retroscena che a prima vista paiono assurdi e che invece nel corso della giornata prenderanno corpo sugli schermi dei monitor sotto forma di take di agenzia. Mentre, tra l’incredulità generale, si viene a sapere che il premier incaricato ha abbandonato il Colle per continuare a lavorare sulla squadra di governo, l’attenzione dei media si concentra su un’importante novità. Il Pd è pronto ad andare a votare subito, prima del mese di agosto, anche a fine luglio.
La prima reazione di molti è l’incredulità, sembra che il Partito Democratico, il partito da cui proviene il Presidente Mattarella, abbandoni l’inquilino del Colle proprio nel momento più difficile, in cui appare più isolato. Eppure la proposta di andare subito al voto sembra accomunare tutto il partito, dal renzianissimo Marcucci al ministro Orlando, già avversario di Renzi all’ultimo congresso democratico.
“Non possiamo permettere che il governo Cottarelli vegna etichettato come il governo del Pd, non possiamo permettere ai populisti di usare il Parlamento come palcoscenico delle loro proteste”, dicono dal quartier generale democratico.
Ma in questo caso si dovrebbe fare a meno di Gentiloni durante la campagna elettorale? “Le elezioni a giugno – ci spiegano – non precludono la possibilità che nasca il governo Cottarelli, così da avere Gentiloni libero di fare campagna elettorale qualora fosse il candidato della nostra coalizione”. I democratici, insomma, si sarebbero convinti che prolungare l’agonia di questa legislatura potrebbe trasformarsi in un regalo ai partiti sovranisti. “Noi siamo dalla parte di Mattarella – spiegano dal Pd – e se servisse a qualcosa voteremmo la fiducia a Cotarelli, ma non c’è speranza alcuna che possa ricevere la fiducia in Parlamento”. Se insieme alla nomina del governo Cottarelli non ci fosse anche un’indicazione per la data delle elezioni, spiegano dal Nazareno, i populisti tornerebbero ad accusare il Pd di voler scappare dal giudizio degli elettori. In effetti su una cosa al Nazareno hanno ragione. Il governo Cottarelli rischia di ricevere solo una decina di voti favorevoli alla Camera, rischiando di apparire come un’operazione poco comprensibile per gli elettori. Un governo senza fiducia che nasce per guidare il Paese mentre lo spread si impenna e la borsa di Milano macina record negativi. “Non è una cosa sostenibile fino a fine settembre” è la sentenza che arriva dalla dirigenza Dem.
Quello che dal Pd solo in pochi hanno il coraggio di dire, però, è che l’accelerazione verso il voto innestata anche dalla presa di posizione dei democratici – paradossalmente – rischia di allontanarlo, visto che il ritorno alle urne sembra spaventare anche Di Maio e il M5S, tanto che nel corso della serata di ieri sarà proprio il capo politico dei Cinque Stelle a cercare di ricomporre pubblicamente il suo rapporto con il Quirinale, gravemente minato dalle assurde accuse mosse al Presidente Mattarella domenica scorsa, confessando ai cronisti di voler mettere da parte la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica per tornare a collaborare con il Quirinale per trovare una soluzione alla crisi. “Una maggioranza in Parlamento c’è” aggiunge Di Maio, speranzoso di riuscire a dar vita al tanto sospirato governo gialloverde e di evitare quel ritorno alle urne che potrebbero segnare la fine del suo incarico di “capo politico” del M5S.