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Gli europei pragmaticamente verso Putin? Macron a San Pietroburgo

daghestan, Putin

Despite chill“, ossia nonostante il gelo (diplomatico), scrive il Wall Street Journal, l’Europa cerca la sponda russa per trovare una soluzione all’Iran Deal, l’accordo sul nucleare iraniano che ha riaperto il mercato commerciale di Teheran, ma ora è entrato in crisi profonda perché il presidente americano Donald Trump ha deciso di tirar fuori gli Stati Uniti dall’intesa – e dunque, conseguenza, rialzare nuove sanzioni che rendono complicato il business con la Repubblica islamica.

Dopo la visita a Sochi della cancelliera Angela Merkel, spetta oggi al francese Emmanuel Macron cercare di scaldare la gelida diplomazia che caratterizza i rapporti tra Russia e Bruxelles; l’Europa è infatti allineata con gli americani (non senza riserve interne) sulle sanzioni punitive contro Mosca per l’annessione crimeana e l’invasione ucraina, e denuncia continuamente le ingerenze con cui i russi cercano penetrazioni caotiche nel tessuto socio-politico dei Paesi europei.

Però, con la scusa del deal iraniano, le porte europee si potrebbero riaprire per la Russia. Macron arriva oggi a San Pietroburgo per incontrare tra gli splendidi giardini aperti sul Baltico di Palazzo Costantino Vladimir Putin, che ospiterà il francese nel suo feudo culturale per un meeting a latere del Forum economico internazionale – di cui il francese sarà ospite di onore insieme al premier giapponese, Shinzo Abe.

Il forum è un evento di rilevanza, quest’anno forse più del solito. Almeno per due ragioni: la Davos russa vedrà per le prima volta dopo il 2014 (anno dell’annessione della Crimea) la partecipazione degli americani; non ci sarà l’ambasciatore a curare un panel, come previsto, ma il messo diplomatico di Washington sarà in giro per le sale del meeting, terrà incontri, introdurrà i suoi concittadini al business russo – non sarà una partecipazione formale, ma intanto non è poco, visto che ufficialmente Washington tiene con Mosca una linea durissima, fatta di continui atti sanzionatori anche connessi alle interferenze durante le presidenziali (ma Trump continua a considerare Putin un interlocutore necessario).

Poi c’è la questione del deal iraniano: Macron è (al solito) mosso da un interessamento diretto – per esempio: la francese Total è stata una delle prime ditte a tuffarsi negli affari iraniani che il sollevamento delle sanzioni post-accordo stavano riaprendo, ora è anche la prima a dichiarare che lascerà dal paese per non rischiare di inciampare in misure secondarie connesse ai nuovi round sanzionatori che Washington sta facendo seguire all’uscita. Aspetto d’interesse nazionale che mette da parte i rancori verso Putin, che durante le Presidentielle appoggiò apertamente (e ospitò in Russia) Marine Le Pen, concorrente di Macron – non solo, i siti della campagna Macron 2017 furono attaccati da quelli che il team del presidente descrisse come hacker russi.

Il capo dell’Eliseo, come la Cancelliera qualche giorno fa, è in Russia (per la sua prima volta) in nome dell’Ue: creare uno schema di protezione per le aziende europee che operano in Iran è il presupposto sine qua non per mantenere in piedi l’accordo (che, si ricorda, è stato firmato da un meccanismo multilaterale composto da Francia, Germania, Regno Unito, Russia, Cina, e Stati Uniti: per tale ragione, potrebbe restare comunque in piedi, seppure zoppo).

Vogliamo “creare una nuova base per la cooperazione tra la Russia e l’Europa, senza ignorare le differenze che ancora esistono”, ha dichiarato un anonimo diplomatico russo all’Afp. Quelle differenze sono più che altro distanze, almeno per il momento: l’Ue pressa la Russia sul conflitto ucraino (dove Mosca mantiene da anni una posizione ambigua, da cui supporta i separatisti); la Francia e la Germania hanno sposato le richieste punitive del Regno Unito in reazione al caso Skripal; la Francia ha appoggiato la richiesta americana di attaccare Bashar el Assad, il rais siriano alleato della Russia, in risposta all’attacco chimico di Douma.

E niente sta cambiando, dalla Russia. Ma, ha spiegato un funzionario (sempre anonimo) francese a France 24, Macron sta cercando “un dialogo serio”: “Lo stiamo facendo a occhi aperti, consapevoli delle difficoltà”. Il punto sono gli assetti: nelle ultime due settimane, i leader di quattro del prime 10 economie del mondo – Germania, India, Francia, Giappone – sono passati per un faccia a faccia con Putin; che nell’ambito del Forum vedrà anche il nuovo punto di riferimento della politica estera cinese, il vicepresidente Wang Qishan (alla sua prima uscita ufficiale).

In fin dei conti, “la Russia è uno dei principali beneficiari della decisione di Trump sull’Iran”, ha detto alla Bloomberg Cliff Kupchan, presidente di Eurasia Group, una società di ricerca con sede a New York: “Putin sente un’opportunità per dividere l’Occidente e fuggire dallo stato di paria”. Il rialzo dei prezzi del petrolio che ha seguito immediatamente il ritiro trumpiano, è un bene per l’economia russa, colpita dalla più lunga recessione subita nel ventennio putiniano; anche se i segnali positivi restano deboli, e sarà difficile trasformare certe situazioni in capitale geopolitico visto il regime sanzionatorio americano, e sarà impossibile raggiungere l’obiettivo fissato da Putin di tramutare il greggio per far diventare quella russa nella quinta economia del mondo entro il 2020.

Però si trova davanti nuovi spazi. I rapporti tra Germania e Stati Uniti, Merkel e Trump, sono in crisi, con Washington che pressa Berlino per farla rinunciare all’accordo chiuso con Mosca per il raddoppiamento del flusso del gasdotto Nord Stream: la Cancelliera tedesca ha interesse a mantenere aperto il dialogo con Putin, nonostante tutto quel che il capo del Cremlino è e rappresenta – riscaldare le relazioni, è un obiettivo strategico del governo tedesco, continuano a dire da Berlino.

Parigi cerca il dialogo e si intesta la pratica a nome dell’Europa. Non sarà di certo la fine delle relazioni transatlantiche, visto che anche alla Casa Bianca non dispiacerebbe un dialogo più franco con Mosca: ma c’è una necessità pragmatica, salvare il deal e punire politicamente Trump per le sue decisioni unilaterali, e fervono certi contatti.

All’insperata apertura francese e tedesca verso Mosca, si sommano poi, potenzialmente, le future mosse del governo italiano: l’esecutivo a trazione populista di Roma ha infatti già sottolineato come il riavvicinamento alla Russia sia una necessità, da corredare con il sollevamento delle sanzioni.

 


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