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Salvini, Di Maio e quel binario morto della contestazione assoluta

israele, populismo

Dunque Giuseppe Conte sarà nelle prossime ore investito formalmente dell’incarico di formare un governo che avrà, come giustamente sottolinea Luigi Di Maio, caratteristiche “politiche”.

Le avrà non tanto per la figura del premier quanto per il fatto che i due leader più votati dagli elettori italiani saranno massicciamente coinvolti, andando a ricoprire incarichi di primaria importanza (dovrebbero essere il ministero dell’Interno per Matteo Salvini e la somma di Welfare e Sviluppo Economico per lo stesso Di Maio).

A maggior ragione dunque gli aspetti di carattere internazionale diventano assai rilevanti, proprio perché un governo “politico” non può che dare corso al suo programma che, in questo caso, è di forte discontinuità con il passato.

Ecco allora il cuore delle questioni che nelle prossime ore andranno definite: quale “equilibrio” troverà la nuova maggioranza di governo nel contesto internazionale che però, va detto con franchezza, non è immune da cambiamenti rilevanti.

Già perché intorno a noi le cose non stanno ferme. L’Europa è attraversata da veri e propri terremoti politici, di cui quello italiano è soltanto l’ultimo di una serie.
Basta guardare ai risultati delle ultime elezioni in Grecia, Polonia, Ungheria, Austria, tutti paesi dove hanno vinto forze euroscettiche con toni, ad esempio in tema di immigrazione, mai sentiti prima.

Oppure si pensi da un lato alla situazione spagnola, con una questione catalana a dir poco esplosiva o alla devastante portata della Brexit, primo caso nella storia di un Paese che decide di lasciare l’Unione.

Ebbene tutto questo ci dice che l’Europa è attraversata da profonde divisioni che generano nuove aggregazioni penalizzando le forze tradizionali, come a breve vedremo anche nel voto per il Parlamento Europeo previsto nella primavera del prossimo anno.

In questo contesto arrivano le elezioni italiane, con il suo risultato di radicale cambiamento che però riguarda uno dei Paesi più importanti e dal più imponente debito pubblico. Perché questo è rilavante? Semplice, perché l’Europa non può reggere un’altra palese “fuga”, men che meno se a farlo è uno dei soggetti di primaria grandezza.
Ecco allora perché nei prossimi mesi serviranno nervi saldi e idee chiare.

Lega e M5S hanno diritto di attuare un programma di cambiamento forte ma devono sapere che l’Europa è il nostro orizzonte più conveniente. Quindi si tratterà di discutere con forza, innovare, riformare. Ma non è auspicabile prendere la strada di una contestazione “assoluta”, perché ci porterebbe su un binario morto e, quindi, pericolosissimo.
Vale verso Bruxelles e vale verso Washington, tanto per essere chiari.

I vincitori delle elezioni sono dunque chiamati a una sfida di governo, non a un’avventura senza strategia e senza prospettive. Anche perché, diciamolo francamente, questo è il momento di chiedere a Bruxelles di cambiare rotta, proprio perché anche lassù hanno capito (forse) che è arrivato il tempo di una fase due, capace di scaldare cuori, menti (e portafogli) dei cittadini europei.

Tra poche ore finisce il tempo dei comizi, inizia quello degli atti di governo. È proprio un altro sport, meglio capirlo dal primo giorno.

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