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In guerra contro il Colle. Non è che (per caso) Salvini va cercando l’incidente?

Mentre il prof. Conte procede con i suoi colloqui, si va consumando in queste ora uno scontro che non fa bene alla Repubblica, ci espone a gravi rischi sul versante della credibilità internazionale e, last but not least, danneggia anche il diretto interessato, cioè il prof. Paolo Savona, candidato alla guida del ministero dell’Economia per volontà di Matteo Salvini e (ma solo in seconda battuta) di Luigi Di Maio.

Cominciamo però dall’ultimo punto, cioè la figura interessata dalla scontro. Paolo Savona è figura rilevante del panorama italiano per formazione culturale, carriera professionale ed istituzionale, indipendenza di giudizio sempre dimostrata con schiettezza e coraggio. Oggi è su posizioni di forte critica verso l’impianto europeo, pur essendo, da buon allievo di Ugo La Malfa, cresciuto in un contesto intellettuale che ha sempre spinto in favore dell’Europa. Va detto però che i tempi cambiano e così le idee degli umani, quindi oggi le posizioni (peraltro ben note) del prof. Savona debbono essere ascoltate, commentate, criticate o condivise, ma sarebbe stupido ignorarle per il semplice fatto che il dibattito sul futuro dell’Europa è aperto dentro e fuori il continente e le sue prospettive paiono assai meno certe di quanto fossero uno o due decenni fa.

Poi però c’è la politica, che subito ci porta su un terreno ben più scivoloso. Abbiamo infatti da un lato il leader della Lega che tuona contro Bruxelles invocando un governo che faccia l’esatto contrario di quanto suggerito o caldeggiato a livello comunitario, ad esempio sul versante della tasse. In più Salvini ci mette il carico da mille, ponendo la candidatura di Savona come condizione irrinunciabile per la formazione del governo.

Qui allora occorre essere chiari, perché la Repubblica ha le sue regole che vanno rispettate per ragioni di sostanza oltre che di forma. Il governo esce dal concerto tra il premier incaricato e il Capo dello Stato. Se si vuole fare diversamente si approva, secondo le regole, una riforma costituzionale. Certo, poi ci sono le forze politiche, che hanno tutto il diritto di dire la loro anche perché sono state votate dai cittadini.

Quindi Salvini può (e deve) avere delle preferenze, ma deve anche comprendere i limiti del suo esercizio, altrimenti finiamo per generare uno “sconfinamento” del tutto inaccettabile, che infatti viene poco fa messo in luce con la nota del Quirinale che, non a caso, parla di diktat.

Il rischio è quello richiamato in cima a questo articolo, cioè la crisi istituzionale da un lato e la perdita di credibilità internazionale dall’altro. Rischi che non vogliamo correre, che non servono al Paese, che finirebbero solo per avvelenare pozzi e produrre macerie.

Ne tengano conto tutti i protagonisti di questa storia, in particolare il leader della Lega Matteo Salvini. A meno che egli non sia alla ricerca dell’incidente per far saltare il banco. Allora però saremmo di fronte a “Tutta ‘nata storia” (Pino Daniele, 1982).

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