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La guerra alla disinformazione sul Web parte da Berlino. Il convegno dell’Atlantic Council

La guerra alla disinformazione parte da Berlino, città simbolo di una fase storica di divisioni tra Occidente e Russia che sembrava ormai superata, ma che negli ultimi anni è tornata con forza e ha come campo di battaglia il nuovo dominio della conflittualità: lo spazio cibernetico.

LA CONFERENZA DELL’ATLANTIC COUNCIL

A promuovere oggi e domani 360/OS, due giorni di studio e scambio nella capitale tedesca è il think tank americano Atlantic Council, che con la sua articolazione dedicata al monitoraggio delle campagne di influenza sul Web – il Digital Forensic Research Lab diretto da Graham Brookie, che ha seguito anche le recenti elezioni italiane del 4 marzo – è presente da tempo sul tema delle cosiddette fake news.

UN TEMA CRUCIALE

Il tema, che ha detto in apertura il ceo e presidente del pensatoio Fred Kempe è da considerarsi cruciale per l’equilibrio dei processi democratici, ha chiamato a raccolta esperti provenienti da ogni parte del mondo e keynote speaker come l’ex segretario di Stato Usa Madeleine Albright, il sottosegretario per il National Protection and Programs Directorate del dipartimento dell’Homeland Security degli Stati Uniti Chris Krebs, e il direttore dello StratCom Center of Excellence della Nato Janis Sarts.

DAL MURO DI BERLINO AL FIREWALL

A favorire la diffusione veloce e pericolosa di messaggi mediatici talvolta del tutto falsi e costruiti con una precisa strategia, “talvolta semplicemente non accurati e dagli effetti non calcolati”, è innanzitutto la digitalizzazione crescente, riassunta da numeri “impressionanti”. Oggi, si è spiegato, 3,8 miliardi di persone hanno accesso a Internet. 2,9 miliardi di loro sono utenti dei social media. 2,7 miliardi di questi sono utenti di social media utilizzati in mobilità. Ora, tutti gli utenti di smartphone possono, al tempo stesso, essere broadcaster, nonché consumatori, reporter e lettori. “Le opportunità sono infinite, così come i rischi, ed è per questo – si è evidenziato – che è necessario proteggersi”.

LE 4 D DELLA DISINFORMAZIONE

Si assiste, spiega Ben Nimmo, senior fellow Information Defense del DfrLab, a quelle che egli definisce le 4 D della disinformazione: in inglese Dismiss, Distort, Distract e Dismay. In italiano corrispondono a Ignorare (la verità), Distorcere (la realtà, Distrarre (da ciò che accade) e Sconcertare (alimentando tensione nell’opinione pubblica, come è accaduto, ad esempio, in casi recenti come quello della Brexit).

LA COMPLESSITÀ DEL FENOMENO

Partendo da questa constatazione, il team di ‘Digital Sherlocks’ del think tank conduce una costante opera di investigazione digitale tra le fonti aperte (la cosiddetta Osint), “che da una briciola informativa come una foto, un video o un tweet, elementi spesso diffusi da reti di bot e attraverso meccanismi automatizzati – conduce spesso – hanno rimarcato gli esperti – alla ricostruzione di una storia che svela vere e proprie attività di interferenza”.

LA PARTNERSHIP CON FACEBOOK

Ma per contrastare il fenomeno è impossibile fare a meno della collaborazione delle piattaforme attraverso le quali la disinformazione si propaga. Per questo, l’Atlantic Council ha presentato lo scorso maggio una partnership che lo vedrà collaborare in modo sinergico con Facebook e che alla conferenza di Berlino ha una sezione dedicata. In particolare, la squadra del DfrLab lavorerà a stretto contatto con i team di sicurezza, delle policy e dei prodotti del colosso californiano per ottenere informazioni e aggiornamenti in tempo reale su Facebook sulle minacce emergenti e sulle campagne di disinformazione di tutto il mondo.



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