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Apertura, con riserva. Così Bolton a Mosca prepara il terreno per l’incontro tra Trump e Putin

Ripartito da Roma, il consigliere per la Sicurezza nazionale americano, John Bolton, ha incontrato a Mosca Vladimir Putin, in un’anticipazione del vertice che il Presidente russo avrà con Donald Trump, ricevendo un’accoglienza calda, ossequiosa, tra le fanfare delle propaganda media governativa.

Putin ha iniziato il colloquio con un suo cavallo di battaglia, le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono state indebolite dall’ambiente politico americano, dalle posizioni politiche interne, in definitiva dai congressisti, ha spiegato il Presidente: sono loro, in effetti, ad aver passato i decreti contro Mosca, mentre, soprattutto in questo momento, la Casa Bianca spinge per un avvicinamento.

“La Russia non ha mai cercato uno scontro e spero che oggi potremo parlare di quello che possiamo fare da entrambe le parti al fine di ripristinare le relazioni a pieno titolo, sulla base dell’uguaglianza e del rispetto degli interessi reciproci”, ha detto il russo; ci sono spazi “in cui possiamo essere d’accordo”, ha replicato l’americano, che poi ha detto a Putin di esser “impaziente” di sapere come la Russia ha fatto a gestire così bene i Mondiali di calcio – la boutade di Bolton è riferita ai campionati in corso con un riflesso verso quelli del 2026, che gli Stati Uniti hanno vinto in partnership con Messico e Canada (due paesi con cui attualmente Washington è ai ferri corti).

L’argomento centrale dell’incontro di oggi l’ha chiarito la portavoce della Casa Bianca con un tweet: va bene le relazioni tra i due paesi, ma Sarah Sanders ha aggiunto che si è parlato del prossimo meeting presidenziale – quello decido oggi sarà il primo faccia a faccia organizzato, ossia non tenuto a margine di altri meeting internazionali, dovrebbe svolgersi a metà luglio probabilmente in Europa, dove Trump sarà per presenziare alla riunione annuale della Nato.

Gli incontri preliminari, come quello avuto di Bolton, servono a tracciare la strada delle discussioni: il protocollo è denso, gli argomenti delicati molti, l’agenda fitta, tutto va preparato a dovere. Bolton si muove accompagnato dal suo staff e per la missione ha affidato il lavoro centrale a Fiona Hill, che per il National Security Council segue il desk-Russia.

Per questo Bolton ha visto, oltre a Putin, il suo consigliere per la Politica estera, Yuri Ushakov, il ministro degli Esteri e quello della Difesa russi. La visita del consigliere è l’emblema dell’attuale, e futuro, rapporto tra i due paesi: Bolton ha definito l’interferenza alle presidenziali americane da parte della Russia “un atto di guerra” e ha detto che Putin, come presidente, aveva mentito a Trump “guardandolo negli occhi“, però era lì, seduto nel salone tra i busti degli zar dove il presidente russo accoglie i suoi ospiti, a parlare con i vertici del Cremlino.

Il contatto con Mosca è considerato una linea strategica dagli americani, che non intendono perdere i link di dialogo con la Russia pur mantenendo una postura severa; e Washington, per quanto fatto filtrare per canali ufficiosi, non gradisce nemmeno gli scatti in avanti degli alleati (come gli strambi annunci romani sulle sanzioni), volendo gestire direttamente il dossier.

“Da quando ha assunto l’incarico, il presidente è stato inequivocabile: ci sono situazioni dove la Russia sta lavorando contro gli Stati Uniti, ma in molte altre [possiamo] lavorare insieme”, ha detto alla MSNBC il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, l’uomo che più di ogni altri in questo momento rappresenta la pragmatica trumpiana in giro per il mondo; il pensiero va, per esempio, all’antiterrorismo, tema caldo per entrambe le amministrazioni, o al mondo dell’energia e alle sue policy internazionali.


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