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Cara Bruxelles, ascolta l’Italia. Lo status quo non è più un’opzione

Il vertice che riunirà oggi e domani l’Europa è di straordinaria importanza storica. Il Consiglio Ue, infatti, dovrà affrontare non soltanto il grande tema dei migranti, non soltanto dovrà trovare soluzioni più eque e meno unilaterali, ma dovrà prendere posizione sul valore dell’Unione stessa, sui principi della sua validità storica e sulla prospettiva concreta di un cambiamento di passo decisivo sul piano politico.

Per l’Italia del governo Conte è il momento vero del redde rationem, l’appuntamento ufficiale nel quale le diverse prove di forza che sono state fatte nelle scorse settimane dovranno dimostrare di essere traducibili in politiche influenti sul piano diplomatico.

La cosiddetta “linea rossa” è costituita dalla necessità di affrontare tutti insieme finalmente la questione dei migranti, di affrontare insieme la difesa dei confini esterni e, ancor più, di affrontare insieme il ricollocamento tra Paesi membri delle quote previste, finendola con il manicheismo di regole che valgono solo per alcuni.

Se il premier spagnolo socialista Sanchez ha subito voluto dare una stoccata all’Italia, esortando a non fare dichiarazioni incendiarie, è anche logico prendere atto tuttavia che la situazione è molto maturata negli ultimi giorni, anche grazie alle posizioni dure assunte dal nostro governo. La speranza è che si possa avere infine una ridefinizione, se non proprio dell’Accordo di Dublino, perlomeno del metodo con cui la questione principale della politica estera dell’Unione, quella della tutela dei confini esterni, è stata affrontata fino ad ora.

Anche Angela Merkel, in fortissima crisi interna, non ha mancato di rilevare il carattere decisivo delle politiche relative al Nordafrica, sebbene dalle sue parole non trapeli quello slancio risolutivo che da un Paese grande e forte come la Germania e da un leader collaudato e autorevole come lei ci si aspetterebbe, non fosse altro per uscire dalla situazione di impasse in cui calati da anni.

Il governo gialloverde ha fatto bene a fare il muso duro, ed è importante che non demorda con Berlino e Parigi sulla principale questione che riguarda l’isolamento dell’Italia e l’egoismo asimmetrico soprattutto della politica francese nei nostri riguardi.

Poco conta oggi il fatto che Emmanuel Macron abbia tentato la via di una discutibile legittimazione vaticana per mettere in difficoltà Matteo Salvini, quando il rischio vero è che il suo destino politico, eroso a destra dal Front National, sembra indirizzarlo ad un epilogo molto simile al fallimento di Sarkosy o, comunque, all’impopolarità di Hollande.

Quello che resta al centro dello scenario del Vecchio continente è, in ogni caso, il dato oggettivo che questa Unione così non va per niente. Questa organizzazione della politica europea non piace alla gente, è sempre meno forte sul piano democratico, rischiando di arrivare ad un’implosione per la capacità di rilancio che Popolari e Socialisti, in primis tedeschi e francesi, non riescono a dare alla gestione della situazione.

Il punto vero è che le destre cavalcano con consenso un’idea pluriustatuale e federativa dell’Europa dei popoli molto suggestiva e concreta la quale incontra il favore dei popoli stessi. D’altronde, l’Unione annaspa quando si manifesta di nuovo l’egemonia di alcuni Stati che impongono con forza i propri privilegi su altri, utilizzando la retorica farisaica dell’europeismo di facciata. E se da Berlino non verrà una ferma scelta di discontinuità, l’ineluttabile rifondazione dell’Unione occorrerà senza continuità con l’Europa di oggi, magari attraverso un processo di secessione dai contorni incerti e pericolosi.

La storia, d’altronde, si sa, non torna indietro. Sta alla politica capirlo tempestivamente oppure soccombere agli accadimenti. E l’Italia, com’è già avvenuto molte volte nella storia, è chiamata anche in questo frangente ad aprire il futuro dell’Occidente, dopo essere restata per tanti anni indietro rispetto agli altri e al di sotto delle proprie potenzialità. Per questo si può dire che tutto il destino di Bruxelles dipenderà essenzialmente da noi, ossia da come le istituzioni continentali sapranno gestire lo scottante “caso Italia”, evitando di perire per eccesso di miopia ed egoismo e per la folle volontà di mantenere in vita uno status quo ormai morto e sepolto.

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