Botta e risposta. Da una parte l’ex ministro dello sviluppo economico, appena iscritto al Partito Democratico, Carlo Calenda, dall’altra il segretario reggente del Partito Democratico Maurizio Martina. Luogo dello scontro, naturalmente, twitter, il campo da gioco preferito dal neo iscritto ai democratici.
Oggetto dello scambio, ovviamente, il disastroso esito del secondo turno delle amministrative per il centrosinistra. Il centrodestra “sfonda” in Toscana ed Emilia Romagna, con il Pd che perde roccaforti storiche come Pisa, Siena, Imola, Massa. I democratici sembrano aver smarrito la propria base elettorale, e oggi appaiono un partito ripiegato su se stesso, capace di raccogliere qualche successo solo in alcune zone del centro Italia.
Questa mattina è Carlo Calenda ad accendere le polveri arrivando addirittura a chiedere il “superamento” del Pd via Twitter. Non male per un neoiscritto. Eccolo il tweet dell’ex ministro.
Navigazione a vista sta portando il centrosinistra all’irrilevanza proprio quando l’Italia ne avrebbe più bisogno. Ripensare tutto: linguaggio, idee, persone, organizzazione. Allargare e coinvolgere su una nuovo manifesto. Andare oltre @pdnetwork. Subito! #fronterepubblicano
Un tweet che appare sinceramente una fuga in avanti: Calenda – via twitter – arriva a chiedere unilateralmente il reset del centrosinistra italiano, candidandosi di fatto come il nuovo rottamatore.
A stretto giro arriva la risposta di Maurizio Martina, affidata prima a “Circo Massimo”, la trasmissione radiofonica di Massimo Giannini, e poi al popolare social. “Sono d’accordo (con Calenda ndr) sul ripensamento complessivo, abbiamo tanto da cambiare nei linguaggi e nelle idee ma non sono d’accordo sul superamento del Pd. Credo nella ricostruzione di un campo progressista, democratico di centrosinistra con un Partito democratico rinnovato al centro”.
Uno scambio che testimonia le difficoltà del Pd e del centrosinistra, e che forse chiarisce una volta per tutte la necessita di un congresso serio, basato sulle idee e sui programmi, di cui ha il Partito Democratico ha urgente bisogno.
Ma Calenda e Martina non sono gli unici esponenti Dem a intervenire su Twitter. Sui social sta andando in onda una sorta di autoanalisi collettiva del mondo democratico in tempo reale. Con alcuni parlamentari che tornano a scontrarsi ancora intorno alle responsabilità di Matteo Renzi, nel bene o nel male la figura intorno a cui sembra ancora oggi dividersi il mondo Dem. In difesa dell’ex sindaco di Firenze arriva il “renzianissimo” economista Luigi Marattin, che sempre su twitter sostiene come sia sbagliato affibbiare a Renzi questa ennesima sconfitta: “Ah hai visto, ma quindi non bastava nascondere Renzi. Ma pensa”.
In realtà molti esponenti del Pd chiedono a gran voce un congresso immediato, che cambi completamente il partito, negli uomini, nel linguaggio e nelle proposte. Il vero nodo da sciogliere, oltre a quello della figura di Renzi, però riguarda la tenuta stessa del partito. Dopo la sconfitta elettorale di marzo più di una volta si è avuta l’impressione che il Pd non sia più una comunità; uno degli aspetti più importanti del percorso congressuale dovrà essere quello di capire se il Pd ha ancora un futuro per come lo conosciamo, oppure se sia preferibile, soprattutto in un contesto non più maggioritario, dare vita a più partiti, magari più piccoli ma più coesi, eventualmente pronti ad allearsi. La convivenza tra le diverse visioni delle varie anime democratiche appare in alcuni momenti assolutamente inconciliabile. Inutile nascondersi che la frattura del prossimo congresso, la linea di scontro tra l’attuale maggioranza e le opposizioni, sarà il ruolo futuro di Matteo Renzi. Un Renzi che, anche dopo la sconfitta elettorale, non ha assolutamente rinunciato a far pesare la sua forza in ogni snodo significativo della vita del partito.
In tutto questo rimane “l’incognita” Calenda, grande fustigatore – almeno su Twitter – del Pd renziano e post-renziano, ma le cui intenzioni rimangono, almeno per ora, un grande punto interrogativo. A questo punto è chiaro che l’ex ministro vuole costruirsi un ruolo da protagonista, forse da leader, nel “fronte repubblicano” che vorrebbe veder nascere. Resta da chiedersi se auspicare la chiusura del Pd sia il modo giusto per costruire le alleanze per raggiungere gli obiettivi che Calenda sembra porsi. Ma sembra arrivato il momento per l’ex ministro di gettare la maschera e giocare a carte scoperte.