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Popolari, fondi esteri e Bcc, i tre fronti bancari di Conte

Il primo atto del governo Conte è quello di aprire un triplice fronte sul terreno delle banche. E il motivo è presto detto. Due giorni fa, intervenendo alla Camera in occasione della seconda fiducia, il premier ha annunciato un’inversione di rotta sulla riforma delle banche popolari e di quelle cooperative (qui l’approfondimento di Formiche.net). In termini politici significa innanzitutto dare un primo colpo di piccone a due delle riforme renziane per eccellenza, quella del credito cooperativo e quella delle popolari.

Partendo proprio da quest’ultima, ieri il presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, che fin dalla prima ora si è battuto contro il riassetto delle popolari, ha fatto una dichiarazione dalla quale emerge l’effetto delle parole di Conte all’estero. “Le dichiarazioni dei rappresentanti delle banche estere in Italia contro l’annuncio del presidente del consiglio a proposito della volontà di correggere la riforma delle popolari, si capiscono bene. Tutte le banche popolari che hanno dovuto convertirsi in spa non sono più di proprietà dei risparmiatori italiani ma di fondi speculativi esteri, europei o statunitensi, così come molte grandi banche. Evidentemente si vuole da parte di questi fondi che la festa continui”.

Che cosa significa? Semplice, con la trasformazione in spa delle popolari con oltre 8 miliardi di attivi (all’appello mancano solo Bari e Sondrio ma a questo punto vista l’intenzione politica non è detto che il cambio di statuto vada in porto) ha aperto il capitale e molte grandi banche, ma soprattutto fondi, ne hanno approfittato. E ora, la possibilità paventata da Conte di riportare le lancette indietro di tre anni (la riforma delle popolari è del 2015), ha messo in allarme molti giganti. Qui dunque, già due schieramenti. Quello a guida Assopopolari, che la riforma l’ha sempre osteggiata e che ora non può che gioire della paventata retromarcia e quello estero, con i nuovi azionisti delle ex popolari che potrebbero addirittura un giorno o l’altro vedersi costretti a uscire dal capitale.

Poi ci sono le Bcc. Anche qui ci sono diverse spaccature. Anche qui le intenzioni del governo, almeno a parole sono chiare, bloccare tutto. Sostanza ribadita ieri da Alberto Bagnai, economista, senatore della Lega e consigliere politico di Salvini. “Il governo deve bloccare la riforma del credito cooperativo fino a quando le regole europee continueranno a penalizzare le banche italiane ignorando i fattori di rischio accumulati dalle banche di minori dimensioni in Germania”. Il credito cooperativo, e qui viene il terzo fronte, non ha gradito l’altolà di Conte, nonostante le parole dal sapore istituzionali di circostanza.

“Come nelle precedenti stagioni di riforma, assicuriamo il nostro apporto costruttivo alla migliore definizione possibile di eventuali nuovi assetti normativi, hanno scritto in una nota congiunta i presidenti di Federcasse, Augusto dell’Erba, e il presidente della Confederazione delle cooperative italiane, Maurizio Gardini. Ma è bene ricordare come “la categoria è oggi impegnata a costruire gruppi bancari cooperativi solidi ed efficienti, come previsto dalla normativa in vigore. l’obiettivo del credito cooperativo è comunque quello di accrescere la capacità di servizio di ciascuna Bcc all’economia reale e allo sviluppo responsabile delle comunità locali, salvaguardando e valorizzando la finalità mutualistica”. Tradotto, è proprio necessario bloccare tutto ora che il riassetto basato su due grandi gruppi (Cassa centrale e Iccrea) è alle battute finali?

E proprio da chi rappresenta il cardine del riassetto, come Iccrea, il soggetto aggregatore alternativo a quello del Nord Italia, è arrivata la maggiore delle preoccupazioni. “Le dichiarazioni del premier in merito alle intenzioni del governo di rivedere il provvedimento di riforma del credito cooperativo, destano preoccupazione. La riforma ha l’obiettivo di rafforzare le banche locali per assicurarne la capacita’ di sostenere le piccole e medie imprese e le famiglie nei territori”, ha attaccato Giulio Magagni, ricordando che il gruppo Iccrea ha già “inviato l’istanza per la costituzione del gruppo bancario cooperativo agli Organismi di Vigilanza europei ed italiani, a valle di un lungo, complesso ed impegnativo percorso progettuale con l’impiego di importanti risorse economiche”.

In tal senso “chiediamo con urgenza un incontro con il premier affinché possa chiarirci meglio la posizione del governo, rappresentandogli al contempo i rischi per l’economia locale derivanti da uno slittamento dei tempi della riforma”. Tre fronti in pochi giorni non sono pochi.

 

 


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