“Tutto quello che ho da dire, lo scrivo sui social”. Elio Lannutti, senatore del Movimento 5 Stelle, fondatore e presidente dell’Adusbef già senatore dell’Italia dei Valori nella XVI legislatura, non rilascia dichiarazioni sugli effetti che l’inchiesta sullo stadio della Roma potrebbe avere sulla forza guidata da Luigi Di Maio. Ed è sulla sua pagina Facebook, allora, che si trovano le parole di Lannutti a sostegno del Movimento: “Il partito dell’onestà, non ha nulla da temere con mani e coscienza pulite”, scrive commentando un articolo sull’inchiesta della Procura di Roma, e poi ancora a difesa di Beppe Grillo: “Lanzalone si è fermato un’ora a parlare su un divanetto del Transatlantico con Stefano Buffagni. Lo ripeto ancora una.volta: non tirate in ballo Beppe Grillo, che non c’entra nulla”. Ma messaggi di solidarietà al vicepremier, ministro del Lavoro e capo politico del Movimento non se ne trovano, proprio in un momento in cui la credibilità di Luigi Di Maio si indebolisce sempre più sul fronte interno.
Una debolezza che si fa sempre più evidente anche sulle pagine dei quotidiani, sempre più ricche di dichiarazioni e interviste degli stessi deputati e senatori pentastellati “ortodossi”. “Finché non ci saranno sentenze, su Roma, io non esprimo alcun giudizio su nessuno dei protagonisti di questa vicenda”, ha detto la senatrice Paola Nugnes al Foglio, mettendo in discussione però le modalità con cui, ormai, si prendono le decisioni chiave nel Movimento. L’arresto di Lanzalone, ex presidente di Acea (si è dimesso sotto le pressioni dei vertici 5 Stelle) e superconsulente del M5s a livello nazionale ha aperto uno squarcio sul metodo decisionale usato dal Movimento. “Io certi processi decisionali non li condivido – spiega ancora Nugnes – anche perché, semplicemente, non sono condivisi”. “La democrazia diretta – continua la senatrice – presuppone la partecipazione ai processi decisionali. Bisogna stabilire un modello per le scelte, una prassi che permetta di sfruttare quella che noi abbiamo sempre definito l”intelligenza collettiva della rete’, che è anche e soprattutto il più efficace metodo ci controllo a monte, impossibile in un sistema centralizzato e verticistico”. La critica, anche se non diretta, è alla sempre maggiore centralizzazione del potere nelle mani dei vertici del Movimento, gli stessi vertici che hanno “inviato” Luca Lanzalone a Roma per aiutare la sindaca della Capitale nelle vicende intricate della sua amministrazione.
E di processo decisionale ormai verticistico e chiuso parla anche il deputato di vecchia data Luigi Gallo intervistato oggi da Annalisa Cuzzocrea su Repubblica. Nella giornata di ieri, si legge, durante l’assemblea alla Camera del gruppo dei 5 Stelle è stato chiesto il cambiamento dello Statuto del Movimento, la cui versione aggiornata era stata scritta proprio da Lanzalone e in cui si accentrava il potere nelle mani del capo politico, ossia Luigi Di Maio. Il coinvolgimento di Lanzalone nell’indagine della Procura di Roma “mi sembra una ragione in più per cambiarlo (il regolamento, ndr)” e Gallo calca la mano sul metodo usato per la scelta degli incarichi di rilievo nel Movimento: “Quando ci siamo candidati si era detto che solo nella prima turnazione il capogruppo sarebbe stato scelto dai vertici. Poi qui sono arrivate altre regole. E invece – prosegue – sarebbe stato giusto fare come in passato, permettere che tutti possano canddarsi, presentarsi ed essere votati democraticamente. Non è più accettabile che i direttivi dei gruppi vengano nominati e ratificati”.
Insomma, il fronte ortodosso del Movimento comincia a farsi sentire, e a chiedere una svolta, così come ha fatto Roberta Lombardi sempre sulle pagine di Repubblica. “A portare Lanzalone a Roma è stato il gruppo che si occupava degli enti locali”, ha spiegato Lombardi, ossia Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. “Sono rimasta esterrefatta dalla notizia sia dell’arresto che dell’indagine su Ferrara. Mai avrei pensato che degli episodi del genere potessero riguardare il mio Movimento. La differenza tra noi e gli altri dev’essere nella reazione”, chiosa Lombardi.
Il capo politico dei 5 Stelle, quindi, si ritrova con un Movimento sempre più in fibrillazione, proprio in un momento di forte pressione anche sul fronte del governo. Come sottolineato da più osservatori, infatti, (come Aldo Giannuli su Formiche.net, ancora prima che si formasse il governo) Luigi Di Maio rischia di essere travolto dal protagonismo politico del suo alleato di governo, Matteo Salvini, che sulla spinta della questione migranti detta la linea di un governo sempre più verde e sempre meno giallo. Le prossime mosse, dunque, saranno essenziali per ristabilire la compattezza del Movimento e ritrovare, se possibile, la forza politica di bilanciare il peso massimo del vicepremier e ministro dell’Interno. L’alternativa? Il trionfo del verde.