Candidarsi alle elezioni europee. Tra un anno. Questa la mossa che Silvio Berlusconi ha in mente per portare Forza Italia fuori dal guado cui l’ha costretta, al momento, la Lega di Matteo Salvini. Da quando è tornato candidabile il Cavaliere ha vagliato diverse ipotesi, tra cui quella di farsi eleggere subito in Parlamento grazie alle dimissioni di un forzista e le conseguenti elezioni suppletive in un collegio uninominale del nord. Ma alla fine ha deciso per l’Europa: sarà candidato nel 2019 al Parlamento europeo. A spingerlo in tal senso è la ribalta internazionale di quel voto: per lui avrebbe il significato della riabilitazione politica piena, davanti a tutti gli altri Stati europei, con una competizione che, tra l’altro, non è delle più semplici, visto che si viene eletti con le preferenze. Altro motivo da non sottovalutare è che essere eletti a Strasburgo garantisce una solida immunità parlamentare e, visto il coinvolgimento del leader di Forza Italia in alcuni processi, male non fa.
Saranno dunque le Europee il banco di prova della riscossa del partito azzurro. Per quel periodo, infatti, il Cavaliere spera che il governo di Giuseppe Conte non abbia raggiunto i risultati sperati, con la conseguenza di una flessione elettorale dei partiti al governo, a partire dalla Lega. “In questo momento non c’è partita: Salvini ha il vento in poppa, tutto quello che fa lo azzecca, sta vivendo il suo periodo magico, come fu per Renzi nel 2014. Tutto quello che potremmo fare adesso sarebbe inutile e controproducente. Ma non durerà a lungo: quando per il governo sorgeranno le prime difficoltà, che arriveranno dal campo economico, allora inizierà la discesa. Noi dobbiamo solo pazientare. E riorganizzarci”, racconta una fonte del partito berlusconiano.
Dunque, nel frattempo Forza Italia pensa al restyling. Ma come? Berlusconi una decina di giorni fa, con una lettera al Corriere, aveva raccontato modi e tempi della svolta. Per ora, però, è tutto fermo. Quel che si sa è che a breve dovrebbe nascere un direttorio che andrà a sostituire l’ufficio di presidenza: ne faranno parte le due capigruppo Bernini e Gelmini, chi ricopre incarichi istituzionali come Casellati e Carfagna, e la leader dei giovani Annagrazia Calabria. Tutte donne, dunque. Poi ci sarà un vicepresidente, che, anche in vista della candidatura a Strasburgo, dovrebbe essere Antonio Tajani, persona ormai di estrema fiducia del Cavaliere. Ci sarà anche un coordinatore nazionale. E qui si fanno due nomi: Mara Carfagna, se si vorrà dare al ruolo una valenza più politica; Adriano Galliani, invece, pensando a una figura più organizzativa. Mentre Giorgio Mulè potrebbe passare da portavoce dei gruppi parlamentari a quello di portavoce del partito.
Questo lo schema su cui intende muoversi il Cavaliere. Che intanto, a breve, si appresta a incassare la presidenza della commissione di Vigilanza Rai, una sorta di ricompensa dopo che Di Maio si è tenuto la delega alle Telecomunicazioni.
Nel frattempo si continuano a compulsare i sondaggi. L’ultimo, quello di Swg che segna il sorpasso della Lega sui 5 Stelle, registra anche una nota positiva per Fi, che passa dall’8,6% al 9,2. Il modo di risalire, secondo il Cavaliere, c’è ed è quello di mettere in campo una politica di centrodestra moderato che, per il momento sembra scialba davanti alla tracotanza salviniana, ma nel medio e lungo periodo dovrebbe dare i suoi frutti. In questo senso va inquadrata anche l’operazione Rete 4, che, dopo gli eccessi populisti, i vertici Mediaset vogliono trasformare in una sorta di “La7 del Biscione”, con programmi di informazione più sobri e di approfondimento. Per questo motivo Gerardo Greco, volto Rai, è stato chiamato a dirigere il Tg4. E condurrà anche un programma in informazione in prima serata.
Tutto ciò, naturalmente, senza rompere con la Lega. Berlusconi e Salvini si sono visti anche lunedì, seppur brevemente, ad Arcore. E da questo punto di vista in casa forzista si giudica positivamente il fatto che Salvini stia tentando di coinvolgere il più possibile Giorgia Meloni, se non nel governo, almeno sul piano parlamentare. Esclusa, invece, la fusione di Forza Italia e Lega in un partito unico. “Non ci sono le condizioni”, ha ripetuto Berlusconi di recente a chi più spinge in tal senso, il governatore ligure Giovanni Toti.