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Intelligenza artificiale e sviluppo economico, l’esempio nipponico e il ritardo italiano

Intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale è già e sarà sempre di più il vero motore della crescita economica. Il tema è emerso con forza durante un dibattito organizzato da Diplomatia e dall’Ambasciata del Giappone presso la residenza del suo massimo rappresentante diplomatico in Italia, Keiichi Katakami.

L’ESEMPIO NIPPONICO

“In Giappone – ha spiegato l’ambasciatore nel suo intervento di apertura – il nostro obiettivo è creare una società 5.0, dove l’innovazione aiuta a raggiungere un equilibrio tra il progresso economico e i temi sociali, seguendo un approccio incentrato sulla persona umana”.

CHI HA PARTECIPATO

All’evento hanno preso parte, tra gli altri, anche Stefano Crisci, docente di Market Regulation presso l’Università La Sapienza di Roma e Stefano Quintarelli, esperto informatico e blogger, già deputato durante la passata legislatura e recentemente selezionato dalla Commissione europea nella task force di esperti che entro metà 2019 dovrà sviluppare una serie di raccomandazioni sui principi da seguire per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale

LE QUESTIONI GIURIDICHE E ETICHE

“I dati – ha notato Crisci – sono ormai alla base della società, e vengono continuamente processati dall’intelligenza artificiale (AI) attraverso il “machine learning”
Il professore ha poi invitato la platea a riflettere sulle questioni giuridiche che vengono sollevate dall’enorme mole di dati di cui disponiamo oggi. “Chi li governa? Chi li fa muovere? L’attenzione – ha spiegato – deve focalizzarsi sull’algoritmo e sul bilanciamento che è necessario trovare tra regolazione e libertà di iniziativa privata”.

LUCI E OMBRE

I vantaggi dell’AI sono innumerevoli, gli algoritmi hanno semplificato la vita di tutti i giorni. In base ai dati raccolti sulle preferenze di ogni individuo – “abbiamo personalità sempre più trasparenti” ha riconosciuto il professore – gli algoritmi sono sempre più capaci di orientare le scelte del singolo. Sulla base degli algoritmi vengono costruiti robot che svolgono i compiti più svariati. “Da Ikea ormai i robot selezionano i migliori curriculum e gestiscono anche i licenziamenti”. Se l’immagine di una macchina che licenzia un umano inquieta non poco, dobbiamo anche sapere che grazie agli algoritmi possiamo aumentare esponenzialmente la capacità di predire l’insorgere di malattie. “Quello che importa – ha sottolineato Crisci – è controllare la gestione dei dati che ‘nutrono’ l’algoritmo. Gli utenti devono dare il loro consenso al trattamento dei dati”. Benché sia confortante pensare che senza l’uomo la macchina non possa funzionare, la realtà è che “sempre di più ci saranno decisioni con alto tasso discrezionalità prese da algoritmi, serve quindi una forte componente etica dell’algoritmo e su trattamento dati”.

NUOVE TECNOLOGIE, NUOVE VULNERABILITÀ

Anche secondo Stefano Quintarelli la componente etica deve necessariamente essere alla base del trattamento dei dati e della programmazione degli algoritmi. Anche perché – ha sottolineato l’esperto – “nuove tecnologie vuol dire anche nuove vulnerabilità. I sistemi non sono perfetti, producono errori. I modelli statistici sono costruiti su domini specifici e contengono dei bias”. Concretamente, il dataset su cui è stato costruito un algoritmo potrebbe incorporare anche i “pregiudizi” di una società e rifletterne quindi le distorsioni. “Un sistema di rating automatico dei candidati per un posto di lavoro – ha spiegato Quintarelli – potrebbe contenere dei bias e magari escludere delle persone perché di colore. Allo stesso modo, potrebbe ignorare il principio delle pari opportunità e penalizzare i soggetti di sesso femminile”.

ITALIA AL BIVIO

Un tema etico, dunque, quello dell’AI, ma anche economico, poiché rappresenta un driver di innovazione e crescita. E mentre nel Paese del Sol Levante ci si prepara ad ospitare le Olimpiadi più digitalizzate della Storia, con la cerimonia di apertura di Tokyo 2020 live in più stadi grazie a degli ologrammi che, dice chi già li ha visti, non fanno rimpiangere l’originale, qui in Italia per stare al passo serviranno, oltre alla dovuta attenzione per gli aspetti regolatori ed etici che la tecnologia porta sé, degli investimenti ingenti. “Le infrastrutture italiane – ha riconosciuto Crisci – sono troppo obsolete per recepire l’innovazione”. Nel nostro Paese, purtroppo, intelligenza artificiale, robot, algoritmi e trasformazione digitale non hanno trovato terreno fertile, ma potrà forse essere decisivo, in questi settori, l’impulso derivante dai nuovi investimenti programmati dalla Commissione Ue. ​


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