Matteo Salvini sembra aver fatto Bingo. Nonostante a un certo punto sembrava evidente che volesse tornare al voto per passare all’incasso dei sondaggi e stravincere le elezioni alla guida del centrodestra, alla fine il leader della Lega ha cambiato idea e ha deciso di far partire il governo gialloverde. Cosa abbia convinto il Capitano (così viene chiamato dai militanti leghisti) ancora non è chiaro e lo sapremo solo tra qualche tempo, quando gli eventi tumultuosi dei giorni scorsi si saranno depositati e tornerà un po’ di calma.
Tra i fattori, però, ha sicuramente contato la turbolenza dei mercati e l’innalzamento dello spread, che ha fatto tremare l’elettorato di riferimento della Lega, ovvero i lavoratori autonomi e i piccoli e medi imprenditori ormai non più solo del Nord. Agli osservatori più attenti non è sfuggito che nelle ore peggiori della crisi siano scesi a Roma a colloquio con Salvini il governatore del Veneto, Luca Zaia, e quello appena eletto del Friuli, Massimiliano Fedriga, mentre una telefonata è intercorsa con il governatore lombardo, Attilio Fontana.
Così il governo nacque e Salvini sembra attraversare il momento più felice della sua vita politica: insieme a Luigi Di Maio è il dominus di un esecutivo in cui lui è vicepremier e ministro dell’Interno e dove sono entrati sei ministri del Carroccio. Il tutto senza mettere in pericolo l’alleanza del centrodestra nelle regioni e nei comuni in cui la coalizione governa. E sono tanti. Quasi un miracolo: a Roma la coalizione non esiste più, fuori Roma è ancora in vita. Chiaro, poi, che i rapporti tra Salvini e gli ex alleati di centrodestra non potranno più essere gli stessi.
Con Silvio Berlusconi erano già ai minimi termini e non potranno che peggiorare, con Meloni invece si sono definitivamente guastati in questo passaggio politico: Fratelli d’Italia ha sperato fino all’ultimo di far parte della maggioranza e di entrare nell’esecutivo, ma il veto di Di Maio è apparso insormontabile. Un veto, si dice in Transatlantico, cui Salvini non ha opposto alcuna vera resistenza. Quindi, al contrario di Di Maio che con questo governo si gioca tutto il suo futuro politico, se questo esecutivo-laboratorio non dovesse funzionare il Capitano ha pronto il piano B: andare alle urne a capo di una nuova alleanza di centrodestra. Anche se non sarà facilissimo per lui ricostituirla, dati gli ultimi strappi. Perché gli altri non si fidano più. Insomma, nel centrodestra nulla sarà più come prima. Detto questo, nulla vieta di ripresentarsi uniti nel caso di un fallimento del governo Conte.
Ora però Salvini è al governo e conta di restarci. Anche se un pensierino a quello che sarebbe potuto accadere in caso di elezioni in testa gli è rimasto. “Il Capitano era quasi certo che tornando al voto entro sei mesi avrebbe capitalizzato un serbatoio di voti immenso e probabilmente sarebbe andato lui a Palazzo Chigi. Ma di fronte a mesi di incertezza in cui l’Italia sarebbe stata l’anello debole dell’Unione Europea si è spaventato. Il timore, come iniziava anche a sentirsi sui social, dalla base, era di perdere consensi. Anche perché per i nostri governare con Berlusconi o con i 5 Stelle è indifferente. Anzi, molti del Cavaliere sono proprio stufi”, racconta una fonte leghista che conosce bene il leader.
La vera incognita, per Salvini, ora è la realizzazione del programma. Perché se non riuscirà a realizzare quanto promesso (flat tax e lotta all’immigrazione in primis) il declino potrebbe essere veloce quanto l’ascesa, come dimostra il caso di Matteo Renzi. A differenza dell’ex premier del Pd, però, Salvini ha due vantaggi: ha vinto le elezioni e appare meno supponente del Renzi del 40% alle Europee, mediaticamente risulta un po’ più umile, anche se naturalmente non difetta di slogan populisti e semplicistici. Con questo passaggio, però, Salvini ha completamente annichilito gli avversati interni. Umberto Bossi ora non ha più argomenti per attaccarlo, mentre Bobo Maroni, non ricandidandosi in Lombardia, si ritrova con un pugno di mosche in mano. In queste ore qualcuno nella Lega ha avanzato però l’ipotesi che il Capitano, gravato dagli impegni nazionali, possa lasciare la segreteria federale. Salvini ha già fatto capire di non essere intenzionato ma, se dovesse accadere, lo farà solo in favore di un fedelissimo.
Sarà interessante invece vedere se il travaso di voti da Forza Italia verso la Lega continuerà anche ora che il Carroccio si è alleato con Grillo e Di Maio, abbandonando al suo destino Berlusconi. Per il momento, secondo i sondaggi, il travaso è ancora in corso. E non è escluso che pure qualche parlamentare forzista – o qualche esponente a livello locale – ora passi alla Lega.