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Karl Marx oltre il marxismo. Duecento anni dopo e la crisi del capitalismo

Il 12 maggio 2018 si sono svolte le elezioni in Iraq e non ha destato l’attenzione che meritava il fatto che il Partito comunista dell’Iraq abbia stretto un’alleanza elettorale con Moqtada al-Sadr, grande ayatollah di una delle più seguite agnatiche sette sciite. Il Partito comunista dell’Iraq, fondato nel 1934, ha resistito alle persecuzioni ba’hatiste e di Saddam Hussein e alla dura repressione seguita all’invasione nordamericana dell’Iraq nel 2003, per poi partecipare da protagonista alla vita politica irachena nell’attuale periodo della ricostruzione.

Quando mi hanno chiesto di scrivere un articolo per ricordare il duecentenario della nascita di Karl Marx non ho potuto non guardare al presente, piuttosto che al passato. Karl Marx continua non solo a essere studiato nelle università, ma altresì riveste un ruolo non secondario (e certamente superiore a quanto superficialmente si crede e si è potuto credere sino all’inverarsi dell’attuale crisi del pensiero neoliberista) nella lotta politica mondiale. Certo, nulla di simile al ruolo culturale che egli ebbe nell’Ottocento e nel Novecento, quando molti dei movimenti politici dei lavora- tori si svilupparono e alcune statualità si crearono manipolando le classi politiche e il suo pensiero, come in Russia e, dopo la Seconda guerra mondiale, in Cina, nella penisola indocinese, in alcuni Stati africani e nell’isola di Cuba.

Quale che sia il giudizio che possiamo dare sulla legittimità teorica del riferimento al pensiero di Marx da parte delle classi dominanti degli Stati che sorsero nel mondo dopo la rivoluzione russa del 1917 e che si rifecero e si rifanno al suo pensiero, non si può non sottolineare che anche la manipolazione del pensiero di Karl Marx fa parte della sua fortuna, così come il machiavellismo fa parte della fortuna di Nicolò Machiavelli. Ma vi è una sostanza storico-concreta nell’inverarsi di tale fortuna: il pensiero di Marx rimane, infatti, sulle orme di david Ricardo, il solo strumento teorico che si possiede per comprendere lo svolgersi dello sviluppo e delle crisi del capitalismo contemporaneo, al di là delle disquisizioni accademiche sul grado di verità del nucleo del suo pensiero, ossia la teoria del valore-lavoro sviluppata sulle orme di Ricardo e rimasta incompiuta, come incompiuto è rimasto Il Capitale. Così come ci insegna la imperitura lezione di Piero Sraffa, Marx traccia la linea di demarcazione tra una teoria della società capitalistica in cui si definisce come centrale la produzione e il lavoro nella creazione di asset materiali e immateriali e una teoria fondata invece sull’ipostatizzazione di una silhouette razionalistica del consumatore.

La teoria di Marx consente, oggi, sulla scorta della lezione di Rudolf Hilferding e di Augusto Graziani, di comprendere il capitalismo finanziario e i suoi circuiti di valorizzazione di una merce, il denaro, che oggi le banche creano da loro stesse, superando il monopolio statuale della creazione di moneta, attraverso l’endoproduzione dei cosiddetti derivati. La centralizzazione  finanziaria si intreccia con la valorizzazione e la creazione di un pro tto la cui caduta tendenziale (preconizzata da Marx) è oggi sotto gli occhi di tutti, creando quell’altrettanto endogeno indebitamento degli Stati sovrani e delle tecnocrazie a sottrazione di sovranità dilaniate dalla crisi, come l’Unione europea. Ma Marx è un pensatore di straordinaria attualità perché il suo pensiero è non totalitaristicamente sussumibile sotto la gabbia d’acciaio della dialettica hegeliana. Il suo pensiero sul capitalismo può essere separato dal materialismo storico ed essere ancora attualissimo per comprendere la società e nel contempo ispirare le lotte rivoluzionarie in tutto il mondo, anche e soprattutto in quelle sempre più importanti aree dello sviluppo capitalistico che hanno falsificato la banalità weberiana dello sviluppo del capitale possibile soltanto sotto le volte delle chiese protestanti.

Nell’agone della lotta sociale, che ancora esiste, il marxismo rimane un potente fattore di sviluppo del pensiero critico e della resistenza allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sia per coloro che sono immersi nella secolarizzazione, sia per coloro che in- vece perseguono la tradizione delle fedi. Gli esempi di Emmanuel Mounier e di una larga parte del pensiero teologico ed escatologico ebraico, cattolico, protestante e islamico lo dimostrano, come sa chiunque conosca l’arte della comparazione antropologica di quelle culture che scorrono sotto i nostri occhi e che ci avvolgono così pervasivamente che spesso non ne percepiamo la presenza. Come il pensiero di Karl Marx.

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