L’oro? Non è più una moneta ma chi lo ha detto che non è più bello e di valore? Il metallo giallo, mentre il mondo rincorre i miti del Fintech e del Bitcoin, rimane qualcosa di molto affascinante. Anche a tre millenni dall’età che porta il suo nome. Di oro si è parlato ieri pomeriggio al Centro studi americani, in occasione della presentazione del libro di Salvatore Rossi (qui una prima recensione di Formiche.net), direttore generale di Bankitalia e presidente Ivass, Oro (Il Mulino).
Al dibattito, dopo i saluti di Stefania Salustri, hanno preso parte oltre allo stesso Rossi, Paolo Mazzoletti, fondatore del Club Relazioni Esterne e membro del consiglio del Csa, Beniamino Quintieri, presidente Sace e Riccardo Perissich, studioso di relazioni internazionali.
Che cos’è l’oro al giorno d’oggi? Si è chiesto Quintieri: “Qualcosa che nel tempo è diventato una riserva di valore e che oggi rappresenta una certezza, una ricchezza certa. E specialmente in un mondo che cresce la domanda di oro aumenta”. Quintieri ha ricordato come “le prime teorie economiche siano nate con l’oro, come la scuola dei mercantilisti, molto prima di Adam Smith, la quale sosteneva che il Paese con più oro è anche quello più ricco”.
Il presidente Sace ha poi sottolineato anche il valore “reputazionale” del metallo, che oggi rappresenta anche una sorta di “assicurazione: aveve dell’oro, oltre al fattore prestigio, rappresenta anche un ultimo baluardo di ricchezza per un Paese”.
Persino i dazi di Donald Trump hanno fatto capolino nel convegno al Csa, aprendo una parentesi nel dibattito. “La strategia di Trump è chiara, il presidente voleva un alleato in Europa e per assicurarselo ha sempre minacciato i dazi. Ma l’Europa, giustamente, ha continuato a firmare trattati, cosa che ha evidentemente innervosito l’amministrazione americana che poi ha reagito come sappiamo”, ha precisato Quintieri.
Tornando all’oro e al libro di Rossi, quanto detto finora non basta a fare oggi dell’oro qualcosa di così ambito, prezioso. Secondo Perissich, ma con un dettaglio. “Io credo che oggi l’oro resista perché è qualcosa di bello. Un metallo bello, anche solo a vederlo. E questo viene scritto e sottolineato nel libro”.
Perissich poi, riprendendo il tema del protezionismo sollevato da Quintieri, ha espresso tutta la sua preoccupazione per gli effetti della guerra commerciale innescata da Trump. “Il mondo rischia di andare a sbattere, la situazione può scappare di mano, perché oggi le regole del commercio sono cambiate, non è come negli anni 80. Trump sta scardinando i rapporti con gli alleati costruiti in decenni. In questo senso penso che l’Europa debba rispondere, non possa fare altrimenti. E francamente non vedo come al momento Ue e Usa possano trovare una soluzione”.
Salvatore Rossi, nel corso delle sue conclusioni, ha paragonato invece il metallo giallo a “un simbolo di fiducia. Se da millenni detiene questo valore, questo potere è per la fiducia che esso dà. Un metallo simbolo di fiducia, chi lo ha gode anche di credito. E finché ci sarà questa considerazione avrà sempre una grande, immenso valore”. Naturalmente vale anche la considerazione al contrario: la fiducia vale come l’oro. Chi sa essere credibile e affidabile sui mercati e presso le cancellerie può vantare una forza, una ricchezza, ancora più solida. Ecco come l’oro (e la fiducia) può essere la buona metafora che indica la strada per il nuovo governo che per ora sembra preferire il ferro sovranista.