Il mondo contemporaneo ha subìto due trasformazioni etico-religiose di grande rilevanza: la fine dell’unità dei cattolici in politica e la cessazione del ruolo sovrano dell’etica nel mondo laico e ateistico. È cessata, perfino, la religiosità laico-illuministica dell’Uomo e dei suoi Valori eterni, una sorta di mistica crociana del “non posiamo non dirci cristiani”; ed è finita anche la tradizionale unità, tomistica e politica, della Tradizione cattolica. Mentre l’etica laica dell’umanesimo si è presto sfaldata in mille rivoli. Dopo l’Uomo Universale, le tante etnie e gruppi dei tanti uomini e donne concreti, dopo Dio Santissimo le tante mitologie materiali delle “culture” e dei bisogni identitari. La post-modernità è, dunque, sommamente a-valutativa, non pone più l’Uomo al centro dell’Universo, non universalizza alcuni valori, sempre tipici, peraltro, dell’Uomo Occidentale e delle religioni del Dio Unico, non persegue poi la razionalità, e quindi l’eticità universale dei comportamenti e, infine, il post-moderno esalta l’istinto, l’irrazionalità, le pulsioni, il rifiuto della Norma, del Dovere, della responsabilità. Sono arrivati a questo punto, nell’intero globo, i “cinesini” di Nietzsche, quelli a cui il filosofo prediceva una vita solo animalesca, con solo un po’ di “olio lenitivo” gettato sopra i loro corpi, ovvero divertimento e piaceri, omini tutti piccoli e uguali, esseri ridotti ormai a “fasci di sensazioni” e alla sola vita semi-biologica.
Per la prima volta, oggi, poi, abbiamo a che fare con una politica, una comunicazione sociale, una costruzione artificiosa di identità pubbliche che sono, tutte, apertamente anticristiane e quindi, in molti casi, anche anti-umane. Il diritto “naturale” dei singoli soggetti e dei loro desideri che diviene quindi oggi, indipendentemente dai numeri della massa dei “desideranti”, legge inflessibile per tutti gli altri. Se finisce l’universalità dei valori, allora cessa la legittimità del governo delle maggioranze, ogni gerarchia si sfalda e diviene locale e autoreferenziale. Nuovo Totalitarismo, allora, con l’esaltazione della Negazione, morale e intellettuale; e la riduzione dell’uomo alla sua natura fisico-materiale. Che è quella del piacere e dell’istinto, non della Ragione laica o della Grazia. Siamo oggi, quindi, arrivati alla fase in cui si sta costruendo, sempre per usare la terminologia nicciana, un vero e proprio unter-mensch, un “sotto-uomo”. In termini strettamente politici e attuali, l’unico partito che si rifaceva esplicitamente alla Dottrina Sociale della Chiesa e ai Suoi dettami, alle ultime elezioni dello scorso 4 marzo, ha ottenuto alla Camera solo 218.866 voti, ovvero lo 0,66%, con un risultato ancora meno rilevante al Senato. Ma la Democrazia Cristiana era tre cose insieme. Un partito cattolico che, proprio per questo, separava rigorosamente la sfera religiosa da quella politica, risultava inoltre essere il vero “partito dello Stato” per tutte le vecchie élites, anche per quelle laiche, crociane o “illuministe”, era infine la struttura che incarnava la inevitabile, fisica, continuità dello Stato e del Popolo italiano, dopo la sconfitta e il fascismo.
Era la manifestazione, la Democrazia Cristiana, della radicalità dell’identità cristiana del popolo italiano e della egemonia del cattolicesimo nella nostra storia. La Dc era l’evidenza del “Risorgimento senza masse” e dell’isolamento tra élites e popolo realizzatosi nel processo unitario, per usare le categorie di Antonio Gramsci. Ed era il partito cattolico che superava queste limitazioni della costruzione statuale italiana. Processo simile, peraltro, a quello subito dai cattolici in Baviera e dei cristiani in Germania del Nord, alla fine della tragedia della Second Guerra mondiale. La Democrazia Cristiana italiana, nata nell’ambito del personalismo di Mounier con il sostegno del futuro papa Paolo VI, è soprattutto il Partito tramite il quale si realizza il Codice di Camaldoli, una sintesi originale di Liberalismo alla Manzoni, di Dottrina Sociale della Chiesa, oltre a qualche elemento di “socialismo cristiano”, come nella tradizione del sindacalismo “bianco” di Miglioli. Il Partito dei Cattolici italiani è una epitome di tutte le tradizioni migliori del nostro popolo, anche di quello dei non-credenti. Non è detto che il partito unito del cattolicesimo italiano sia una prospettiva superata, ancora davvero non lo è, ma è certo che le strutture politiche non si fanno con la formula “leader di plastica+propaganda”, tipiche del nostro mondo plastificato, ma si costruiscono piuttosto con sintesi culturali profonde e veritiere. Oggi la formula potrebbe essere: “dignità nazionale+universalismo della Chiesa, unica capace di trattare temi globali+classi dirigenti plurali”. Omnia munda munsid. Tutto poteva star dentro, legittimamente, nella Dottrina Sociale della Chiesa, l’interclassismo cattolico era vero e profondo, tutt’altro che retorico o inutile. E funzionava, da Ezio Vanoni a Giorgio La Pira. Era questo l’asse dell’egemonia politica e culturale della Dc e del nesso tra il Partito Cattolico e la Chiesa, l’unica Entità rimasta in vita dopo il crollo del fascismo, della Monarchia e dello Stato italiani. Finito il laicismo nella indecorosa fuga reale, era rimasta la Croce, segno di Speranza e Sacrificio, a rappresentare la tragedia del popolo italiano. E oggi? C’è sempre la Croce, ma manca la proposta politica. Che può essere ripensata.
Senza partito unico dei cattolici, nessun partito dei cattolici. E oggi, dove è scappato il laicismo dei diritti plurali e della morte? Siamo sicuri che esso sia l’anima, maligna, dei tempi nuovi? Io non lo credo. E pensare che la vecchia Dc albergava anche deputati che venivano dalla famigerata facoltà di sociologia di Trento e che dialogavano con il “nucleo” delle brigate rosse… E oggi? Non esistono, né possono esistere, partiti politici, cattolici o meno, che si materializzino intorno a un progetto realistico di riforma sociale. La realtà visibile dei rapporti economici e sociali è diventata oggi un assioma indiscutibile. Il Cattolicesimo, invece, è intimamente rivoluzionario. Ogni scelta economica e produttiva, ogni collocazione produttiva nelle “catene del valore” globali è, attualmente, fatta altrove, non implica spesso nemmeno le classi dirigenti nazionali, non è influenzabile da alcuna rappresentanza politica e sindacale, non ha alcun fine sociale, etico, politico, perfino produttivo che sia chiaramente deducibile dalle sue azioni. Abbiamo a che fare, oggi, con una economia che ha messo totalmente da parte la politica, ogni tradizione ideologica o religiosa; e impone infine una prassi stanca e inutile delle elezioni, manipolate dagli spin doctor e dalle minacce esplicite sul Welfare o l’occupazione.
La politica è, sempre oggi, una parte dell’”industria dello spettacolo” e della sua organizzazione simbolica, quella che descrisse Guy Debord all’alba della sua instaurazione, che fu proprio il sessantotto. Ma, soprattutto, la Dc era il Partito della Dottrina Sociale della Chiesa, ovvero quell’area politica che organizza il Welfare State italiano in un contesto pluralistico, dopo la fine dell’organizzazione complessa del Partito unico che si sovrappone allo Stato: il fascismo, appunto. E oggi? Il Welfare State sta rapidamente cessando di operare nel mondo occidentale; e la sua mancanza radicalizza gli scontri e le identità posticce, religiose o ideologiche, nel Terzo Mondo.
Andiamo verso un mondo senza guerre ma con una infinità di guerre civili, in cui la long war diventerà prassi. Il lavoro va, globalmente, oggi, dove costa meno e quindi abbandona l’Occidente, che assiste alla crescita di poteri esterni che erano anticamente definiti come “periferici”. La guerra hobbesiana di tutti contro tutti scoppierà preso in Occidente, area ormai periferica, mentre la rabbia asiatica e africana si lancerà verso i rimanenti rifugi delle masse europee e americane. Assisteremo ad una sintesi postmoderna delle guerre barbariche contro l’Impero Romano in dissoluzione. Ancora, sarà obbligo dei Cristiani riportare alla novità sia l’Imperium che la Croce che lo ha seppellito. E, infine, l’attuale disastro demografico, sociale, culturale del Primo Mondo verrà manipolato dagli attuali dirigenti con l’”olio lenitivo” della deculturazione, della depoliticizzazione, della manipolazione familiare, demografica e psicologica. È già arrivato, e lo dico anche in termini sapienziali e simbolici, l’Anticristo. Il “Mondo Nuovo” di Huxley è quindi ormai giunto in Occidente e adatterà, come mai prima d’ora, il popolo ai suoi criteri produttivi; e non viceversa. La regola dei “cinesini”, quella di essere protesi della Grande Macchina, non viceversa. L’esatto contrario, tutto ciò, di quanto prescrivevano la Dottrina Sociale della Chiesa e persino l’universalismo valoriale, l’umanesimo storicista dei laici. Certo, siamo entrati in una fase di maggiori costi di produzione, minore stabilità sociale e lavorativa, di nuove e più immateriali tecniche produttive. In un contesto di concorrenza globale, dove il Terzo Mondo concorre anche con i suoi modelli politici e economici, ben diversi dai nostri.
Ormai la politica elettorale, quindi, si elabora attraverso criteri pseudo-identitari, il dare e l’avere elettorale è irrilevante, i succedanei simbolici sono sempre più determinanti nell’equilibrio tra le forze politiche nazionali. Identità posticce contro la Tradizione, che è Vera. Ecco la chiave simbolica dell’attuale situazione politica e sapienziale. Il mondo moderno vive, allora, costruendo false religioni che lottano contro la Tradizione, quella della Chiesa Cattolica in primis, ma anche l’universalismo illuminista e laico che non è più egemonico, in Occidente. Piccole Patrie, piccole idee, microscopici benefici pagati a carissimo prezzo, identità artificiali e di gruppo. Ecco quindi il panorama politico, culturale, comportamentale delle nostre società, che potrei definire come post-occidentali. La contemporaneità poi appare, oggi, parafrasando la prima proposizione del “Capitale” di Marx, come “una immane raccolta di identità e idee”. Il politeismo dei valori, che Max Weber caldeggiava, è diventato il politeismo pratico della società, la sua programmata mancanza di collante, principi, valori. Le identità politeistiche dei gruppi hanno eliminato il frame, la rete unica dei valori universali. Che valeva per Benedetto Croce come per Alcide de Gasperi. L’eticità kantiana dei laici è finita come l’egemonia cattolica dei credenti. Inoltre, il Cattolicesimo politico si trova, in Italia, ad affrontare una nuova collocazione, meno importante, del nostro Paese. La Prima Repubblica, incentrata proprio sulla Democrazia Cristiana, ha stabilizzato l’Italia ad Occidente ma ha mantenuto e rinnovato sia il Welfare State del ventennio fascista che una politica estera autonoma e lungimirante.
Attenti, senza Welfare salta tutto il patto sociale e nazionale tra ricchi e poveri, con effetti inimmaginabili. I cattolici italiani, in politica estera, hanno creduto in Israele, ma hanno anche ampliato il ruolo, antico e inevitabile, dell’Italia nel Mediterraneo arabo e africano. La Dc era, per usare i titoli di due vecchi, fortunati e lucidi saggi, sia “il partito americano” che il “partito italiano”. E non c’era contraddizione, in quanto la Chiesa Cattolica garantiva entrambi i ruoli, con assoluta coerenza e equilibrio. Finito il welfare, che sarà sostituito “dall’olio lenitivo” ai nuovi “cinesini”, finita una politica economica nazionale, discioltasi nel mercato-mondo, finita la cultura dei valori, cristiani e perfino laicisti, finita la rappresentanza politica, che conta solo come lobbying o delega di poteri lontani e inscalfibili, cosa rimane allora? Per i cattolici in politica, occorre quindi attraversare il terreno nemico e conquistarlo di notte. Avanzare mascherati, larvatus prodeo, come era il motto di Galileo. La metafora dell’”ospedale da campo” proposta dal Santo Padre è appunto questo. Penetrare il discorso pubblico non con i vecchi sistemi della dottrina unitaria, ma con proposte concrete che riempiano il vuoto spirituale, e programmato, dei nostri tempi.
Certo, la stessa Chiesa ha difficoltà, in questo settore, ma noi abbiamo la Santa Provvidenza, possiamo sperare. Altro tema: riprodurre, a partire dai corpi sociali autonomi, dalla società “civile”, termine ormai abusato di origine hegeliana, le forme del Welfare che si stanno perdendo a livello statuale. Poi, predicare. Secondo le regole universali ed eterne che ci ha lasciato nostro Signore Gesù Cristo. Il Vuoto non prevarrà, esso è stato creato per distruggere e poi coprire le vestigia della nostra civiltà cristiana e umanistica, europea e universale. Infine creare, fuori dai movimenti che oggi ancora agitano le masse in Occidente, una “formula politica”, come quella del Cattolicesimo Democratico, che sia insieme spirituale e politica, dentro e fuori dal mondo. Welfare da salvare e da rendere ragionevole, nazionalismo universalista (non è un paradosso) ripresa, non rinnovo plastificato, della Tradizione, un partito grande e unico, con le doverose modifiche. La nostra società non ha bisogno solo del benessere materiale, ormai sparito; e che non dipende più da noi, ma dal mercato-mondo, ma della Parola. Anche in questo caso, diffondere sempre il nesso tra la Giustizia terrena e la Legge dell’Amore, la regola semplice e perfetta di Gesù Cristo. E, certamente, non dovremo avere mai più vergogna della nostra Fede. Ma affermarla con orgoglio e manifestarla. È di questo che la gente, oggi, ha davvero bisogno.