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Salvini comunicatore estremo. Ma rischia crisi di rigetto. Parla Novelli

Salvini Lorien

“Con Matteo Salvini siamo su un livello ulteriore di comunicazione. Abbiamo superato un altro confine. Bisogna però vedere quanto dura. Difficile per lui continuare su questi ritmi. Il rischio di crisi di rigetto è molto alto”.

Edoardo Novelli insegna comunicazione politica, sociologia dei media e dei sistemi d’informazione all’Università di Roma Tre. Chi meglio di lui può riflettere sulla strategia comunicativa di Matteo Salvini che, da quando è ministro dell’Interno, ha una presenza costante sui social, dalla mattina alla sera, più tutte le esternazioni a giornali, tv, agenzie?

Professor Novelli, dal punto di vista mediatico Salvini ha superato Matteo Renzi?

Questo è sicuramente un passo in avanti, sia rispetto al grande comunicatore Berlusconi sia all’enfant prodige della comunicazione come Renzi, che già era un leader assai social e iper connesso. Tutti si sorpresero quando Renzi twittava alle 9 di mattina, ora è la normalità, sul modello del presidente Usa Donald Trump. Siamo in una fase ulteriore, a una diretta secondo per secondo. Da parte del leader leghista c’è una enorme quantità di comunicazione e la capacità di entrare sui temi più scottanti dell’attualità, problemi che a volte meriterebbero una riflessione o una distanza, anche per far depositare nella testa delle persone quello che si dice. Invece siamo di fronte a un martellamento continuo, dai toni roboanti.

Non si rischia il corto circuito?

Sì. L’agire politico prima era fatto di ascolto, confronto, pensiero. Questo è completamente saltato. C’è una sovraesposizione incredibile che porta a grossi rischi. Bisogna anche riflettere però su come i media gli vanno dietro: tutte le trasmissioni invitano Salvini, senza sosta. C’è un’intensità di comunicazione tipica delle campagne elettorali che viene replicata nella politica quotidiana. Salvini aveva bisogno di incassare subito un certo consenso, aveva ansia di dare dei segnali su alcune temi, così sta trovando casi emblematici che toccano gangli sensibili della società italiana. Da questo punto di vista è molto più a contatto con la realtà italiana dei grillini, ha capacità di individuare i punti, di concettualizzare i problemi e di rivolgersi a categorie precise.

Ma può continuare su questi ritmi?

Secondo me non durerà a lungo, il rischio da questo punto di vista è mortale: così facendo deve tenere un ritmo sempre più sostenuto e alzare l’asticella sempre più in alto. Ma la domanda è: quanto vuole durare lui? L’impressione è che Salvini non guardi l’orizzonte della legislatura, ma voglia prendere ora il più possibile e poi passare all’incasso elettorale.

I 5 Stelle di fronte alla Lega sono in grande difficoltà…

Rispetto all’alleato Salvini ha il vantaggio di avere un’ideologia, è identitario, si rifà ai partiti sovranisti europei, ha un vocabolario ben preciso. Ai 5 Stelle, invece, in questo momento sembrano mancare le parole. E non avere parole significa non avere un progetto politico. Con i vaccini Salvini ha fatto un’incursione su una tipica tematica dei 5 Stelle, cui i grillini hanno dovuto rispondere difendendo i vaccini. Un totale ribaltamento dei ruoli. Lui sconfina in continuazione, gioca su tutti i piani, sembra il premier di fatto. Inoltre non dimentichiamoci che Salvini sta mettendo sul fuoco tutti argomenti a costo zero.

La velocità della politica è inevitabile al giorno d’oggi?

Andiamo indietro di due anni: nel 2016 c’era Renzi che dominava la scena. Due anni prima, nel maggio 2014, c’era Enrico Letta che lavorava col cacciavite. Maggio 2012 siamo all’apice del montismo. Due anni prima, 2011, eravamo ancora in pieno berlusconismo. La velocità con cui la politica mangia i suoi protagonisti è pazzesca. Di Maio il 4 marzo aveva il 35% e ora sembra già superato, ce ne rendiamo conto? Sono gli stessi meccanismi dello star system. Dove però con tanta rapidità puoi arrivare al successo e con la stessa puoi sprofondare.

Su questo eccesso di comunicazione conta più l’epoca in cui viviamo o la personalità dei leader?

Entrambe le cose: nessuno può fare a meno di una buona comunicazione, specialmente sui social. Ma il tratto individuale è fondamentale: Renzi ha preso sberle ovunque, ma continua a mostrarsi allo stesso modo, non cambia registro semplicemente perché non ne è capace, è fatto così. Gentiloni gestiva la comunicazione in maniera completamente diversa, nel modo che più si addiceva al suo tratto caratteriale.

Insomma, per un leader di oggi è fondamentale avere alle spalle un esperto: Filippo Sensi, Rocco Casalino, Luca Morisi.

I leader di una volta dovevano essere bravi a fare i comizi, oggi non serve più. Quando è scoppiato il caso dell’ultima nave, Salvini e Toninelli hanno fatto due dirette Facebook. Ci rendiamo conto?


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