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Ecco come ti costruisco una spy story (fake) attorno alla Link e alla Trenta

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Non c’è pace per la neoministra della Difesa Elisabetta Trenta. Da quando ha preso posto a via XX Settembre ha fatto in tempo a malapena a presenziare alle celebrazioni per la festa della Repubblica e a festeggiare il suo compleanno. Nel frattempo intorno a lei si è intrecciata una trama di accuse mediatiche che la vede al centro di un mastodontico conflitto di interessi. Andiamo con ordine. I fatti sono già noti. La ministra è vice-direttrice del master in Intelligence e Sicurezza della Link Campus, l’università presieduta dall’ex ministro dell’Interno e degli Esteri Vincenzo Scotti che negli ultimi mesi ha visto alcuni dei colonnelli del Movimento Cinque Stelle (fra cui lo stesso Luigi Di Maio) frequentare lezioni, tenere conferenze e scambiare opinioni con alti ufficiali, esperti e docenti (tanto è bastato ad alcuni giornali per trasformare la Link nel quartier generale della Spectre). Fra le tante attività svolte nel settore della sicurezza, fra cui la presidenza del consorzio Criss (Consortium for research on intelligence and security services), il quotidiano Repubblica ha giustamente ricordato che la Trenta ha lavorato a lungo per a SudgestAid Scarl, società partecipata che gestisce progetti di cooperazione internazionale e di institution-building negli scenari di crisi e post-bellici (anche se, a dirla tutta, la Trenta è stata solo impiegata della società, non presidente, come scrive Repubblica).

Tra le varie missioni segnalate sul sito una in particolare ha attirato l’attenzione di Gianluca Di Feo. Si tratta di un contratto del 2012 assegnato dalla Farnesina alla SudgestAid, dal titolo “progetto pilota per la riduzione degli armamenti illegali in un quadro di consenso, cooperazione e sviluppo”. Il progetto viene affidato a Giampiero Spinelli, parà della Folgore che all’epoca lavorava per la Stam, società di contractor, i soldati ingaggiati a pagamento per proteggere siti strategici (qualcuno trova più noir chiamarli mercenari, ma è tutto legale). Il compito affidato è delicatissimo: recuperare, in una Libia martoriata dalla guerra civile e appena liberata dal colonnello Gheddafi, i temibili missili Manpads modello Sam 7 scomparsi dall’arsenale di Tripoli. Una missione tanto delicata da ricevere lo stop dell’ambasciata italiana a Tripoli, racconta lo stesso Spinelli a Repubblica: troppo rischioso cercare le armi nascoste in mezzo al fuoco incrociato. Così il progetto viene riconvertito: sotto l’egida dell’Unione Europea, della Farnesina, del governo libico e del Lprd (Libyan Program for Reintegration and Development), scrive Il Fatto Quotidiano, l’operazione si trasforma nella selezione da parte della Warrior Affair Commission libica di 120 ex miliziani da riutilizzare come polizia turistica in tre siti archeologici fra Sabratha e Cyrene.

Ora il quotidiano diretto da Mario Calabresi colloca il contratto libico “nel tramonto della stagione scottiana” alla Farnesina. Il contratto firmato fra MAECI e SudgestAid è però del 5 aprile del 2012, e la missione ha avuto inizio nel luglio dello stesso anno. Chissà la sorpresa di Scotti a scoprire di esser stato un esponente di punta del governo Monti. Si dia il caso però che Scotti, essendo sottosegretario di Stato agli Esteri del governo Berlusconi, aveva già lasciato la Farnesina da tempo, e più precisamente dal novembre 2011. Per di più nell’articolo di Di Feo si legge che le iniziative della SudgestAid sarebbero “esplose negli anni in cui Scotti sedeva alla Farnesina”. E però i fatti dimostrano altro: nei tre anni precedenti l’insediamento di Scotti agli Esteri nel maggio 2008, la società diretta da Maurizio Zandri aveva aggiudicato più del doppio dei contratti presso il MAECI.

La spy story su Elisabetta Trenta non finisce qui. L’ultima puntata arriva dalle colonne de Il Foglio, e dall’ottima penna di Annalisa Chirico, che boccia la ministra della Difesa già nel titolo: “30 senza lode”. Questa volta al centro delle polemiche ci sarebbe un contratto da 10 milioni di euro con i Servizi italiani che la SudgestAid avrebbe perfezionato nei primi mesi del 2018, quando “l’esponente vicina ai Cinque Stelle era già in corsa” per entrare nella squadra di governo pentastellata. La SudgestAid non ci sta, nega l’esistenza di qualsiasi convenzione con i servizi e querela il quotidiano diretto da Claudio Cerasa accusandolo di diffondere “fake news”. E aggiunge uno sberleffo: “la d.ssa Chirico sostiene di non aver trovato nessuno nella sede di via Nomentana. Cosa ovvia, visto che la SudgestAid si è trasferita, da più di due anni, in via del casale di San Pio V, dove altri giornalisti della testata si sono recati per conoscere la realtà”.

Insomma, fatto salvo il sacrosanto diritto di critica giornalistica, ci vien da dire che, viste le prime due, si potrebbe evitare di mandare in onda la terza puntata. Per il momento lasciamo che a via XX Settembre si inizi a lavorare, per il bene di tutti. Se il voto della neoministra della Difesa sarà un trenta senza lode, un 26 o perfino un 17 saranno il tempo e i fatti a dirlo.

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