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Nell’energia tante startup e pochi brevetti. Il rapporto I-Com

Non si ferma il fenomeno della proliferazione di startup innovative nel nostro Paese: dalle 687 del 2013 si è passati alle 9.095 di questo inizio 2018 quando ne sono state create 795. Il tasso di crescita nell’ultimo anno è stato pari al 40%. Un ecosistema che nel suo complesso vale 3,3 miliardi di euro di cui circa un quinto generato nelle Regioni meridionali dove si è registrato un incremento del 45%, inferiore solo di due punti percentuali a quello del Nord (del 47%).

Questo uno degli aspetti più significativi che emerge dal rapporto sull’Innovazione energetica dell’Istituto per la Competitività (I-Com) e presentato oggi a Roma. Lo studio, dal titolo L’energia si fa digitale. L’innovazione energetica è sempre più multidimensionale è stato realizzato nell’ambito dell’Osservatorio sull’Innovazione energetica dell’Istituto diretto da Antonio Sileo e sviluppato in collaborazione con Assogasmetano, Axpo, Cesi, Cnh Industrial, e2i Energie Speciali, Eon e Unione Petrolifera.

Secondo lo studio I-Com, le startup attive nel settore dell’energia contribuiscono per circa 500 milioni di euro al prodotto interno lordo italiano, pari al 15% del valore generato nel complesso dalle piccole e medie imprese innovative nel nostro Paese. “La maggiore concentrazione di start-up energetiche si registra nelle Regioni centro-settentrionali”, ha sottolineato il presidente di I-Com, l’economista Stefano da Empoli. Che poi ha aggiunto: “Il primo posto spetta alla Lombardia con 253 start-up attive nel comparto dell’energia, mentre il secondo all’Emilia-Romagna con 136. Seguono il Veneto con 117, la Campania con 108 e il Lazio con 100.

Le città che primeggiano sono Milano con 1.534 start-up totali e 139 energetiche e Roma con 821 in totale e 86 energetiche”. Inoltre, ha concluso da Empoli “sono le regioni settentrionali ad assorbire la maggior parte del valore economico complessivamente generato dalle start-up energetiche (circa il 70%), con la restante parte ripartita tra le Regioni del Centro e del Sud”.

“Le dimensioni rappresentano il principale elemento di criticità”, ha osservato invece il direttore dell’Osservatorio Antonio Sileo, che in quest’ottica ha evidenziato in particolare alcuni dati: “Il 46,3% delle start-up energetiche ha depositato il bilancio. Di queste, 2 su 3 producono per un valore inferiore a 100.000 euro, ed un ulteriore 26% non va comunque oltre il mezzo milione di euro. Quelle con un valore della produzione considerevole  sono poche e prevalentemente concentrate nelle regioni settentrionali, con un’incidenza relativa pari al 9% del totale delle start-up complessivamente presenti in quelle regioni, superiore rispetto alle altre aree geografiche (3% e 2,8%, rispettivamente al Centro e al Sud). Fattura oltre un milione di euro solo l’1,9% di quelle energetiche”.

L’Italia risulta, invece, ancora molto indietro dal punto di vista dei brevetti energetici che nel complesso sono solo 878, pari allo 0,9% del totale a livello globale. Di questi sono 102 quelli depositati nell’ultimo anno. Tra i principali Paesi europei la Spagna fa registrare risultati analoghi ai nostri mentre fanno meglio sia Germania (7% del totale), che Francia (3% del totale) che Regno Unito (oltre l’1% del totale).

Sotto il profilo internazionale il Giappone resta il Paese più innovativo in ambito energetico con un totale di 30.798 brevetti nel solo 2016. Nel frattempo la Cina sta guadagnando inesorabilmente terreno con 22.000 brevetti e una crescita su base annua pari al 34,6%. Sta diventando sempre maggiore, di conseguenza, la distanza da colossi come gli Stati Uniti e la Corea del Sud che, seppur in crescita nel 2016 (+17% e 18,5%, rispettivamente), si attestano su un numero di brevetti inferiore ai 15.000 unità.

Tornando all’Italia e alle startup emerge come i due terzi dei brevetti energetici depositati provenga dalle imprese mentre un quarto da persone fisiche e il restante 10% da enti di ricerca. Quanto alla distribuzione geografica, il primato spetta ancora alla Lombardia che però nel corso dell’ultimo anno ha subito una riduzione dal 28 al 26% del totale. Seguono, a pari merito in seconda posizione, con il 16% il Lazio e il Veneto che però su base annua è cresciuto di 7 punti percentuali. E ancora il Piemonte con il 13%, l’Emilia-Romagna con il 10, la Toscana con il 7, le Marche con il 6, la Campania e il Friuli Venezia-Giulia entrambe con il 3.

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