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Tutti i capovolgimenti di fronti in Libia tra Haftar e la banda di Jadran

Non si fermano i colpi di scena in Libia nello scontro che si sta scatenando tra le milizie del generale Haftar e la banda di Jadran, che dalla pax elettorale figlia del vertice di Parigi sta conducendo il paese ad una guerriglia, nel delicatissimo teatro dei terminal petroliferi.

L’operazione dignità è stata ripresa nei giorni scorsi ma è durata solo per poche ore e Jadran ha scagliato nuovamente un contrattacco dopo la ritirata da entrambi i terminal. A qualcuno non piace la stabilizzazione istituzionale del paese.

MOSSE E CONTROMOSSE

Le forze di Jadran hanno confermato nuovamente l’acquisizione dei due siti e hanno dichiarato che stanno assediando le forze in fuga di Haftar a Wadi Khahilah, circa 30 km a est di Sidra. Vi sarebbero 20 morti e alcuni prigionieri, tra cui 38 mercenari Chadi. Altri sono fuggiti nel deserto della Libia secondo quanto riportato dai media locali venerdì sera.

Pare che Haftar stesse pianificando anche un discorso ufficiale in Tv per dichiarare la vittoria nella regione petrolifera, ma lo avrebbe rimandato dopo la fuga delle sue forze dai terminal petroliferi di Ras Lanuf e Sidra.

La regione della Mezzaluna petrolifera è strategicamente importante perché ha in pancia circa l’80% delle riserve di greggio della Libia. Qui viene gestito circa il 60% delle esportazioni di petrolio totali del paese. Alla fine del 2015 le forze di Haftar hanno sequestrato le aree e le hanno consegnate alla National Oil Corporation gestita dallo stato, consentendo la ripresa delle esportazioni.

FINO A VENERDI’

Ma fino a venerdì scorso in vantaggio erano le truppe di Haftar che avevano annunciato il pieno controllo della regione della mezzaluna petrolifera dopo aver sconfitto i militanti che la occupavano. Secondo il portavoce dell’esercito, Ahmad Mismari, le forze avevano conquistato la regione perseguendo la banda di Jadran. Il giorno prima era stato lo stesso Haftar a dichiarare pubblicamente che era giunto il tempo di “liberare la regione della mezzaluna petrolifera dalla morsa dei gruppi terroristici”.

Le Brigate di Difesa Benghazi, un gruppo militante alleato di Ibrahim Jadran, l’ex capo militare attualmente ricercato, avevano lanciato un attacco alla regione petrolifera della Libia pochi giorni fa in contrapposizione alla nuova strategia che interessa la National Oil Corporation (NOC) della Libia, di proprietà statale. Per questo la Noc aveva anche evacuato tutti i suoi dipendenti dall’area, da cui erano stati mandati in fumo circa 240.000 barili di petrolio proprio a causa dell’attacco da parte dei fedeli di Jadran. La Noc ha anche messo in guardia la comunità internazionale circa il possibile disastro ambientale causato dal danneggiamento dei serbatoi di petrolio.

Almeno 1.200 mercenari del Ciad, assieme a un certo numero di libici, avrebbero partecipato all’attacco nella regione della mezzaluna petrolifera, utilizzando circa 200 veicoli corazzati. Il loro attacco mirava a contrastare la recente conferenza di Parigi tra i partiti libici per risolvere la crisi politica, che ha portato a un accordo per tenere elezioni parlamentari e presidenziali il 10 dicembre.

SCENARI

Mustafa Sanalla, il presidente del Noc, a margine della 174a riunione dell’Opec in Austria, ha espresso la speranza che “il pompaggio del petrolio grezzo dai porti petroliferi di Ras Lanuf e Es Sidra riprenda immediatamente dopo la manutenzione e i controlli di sicurezza una volta riaperti i due porti”.

Ma è chiaro che il quadro che appare dopo questa guerriglia sui pozzi è ancora più articolato, con rapidi capovolgimenti di fronti. Infatti il controllo dell’esercito sulla regione della mezzaluna petrolifera è stato il motivo che ha impedito un nuovo tentativo di interrompere qualsiasi processo di risoluzione politica in Libia.

Il movimento dei gruppi sovversivi che hanno attaccato i porti petroliferi produce di fatto due effetti: il primo è politico con l’obiettivo di minare il processo di riavvicinamento tra i partiti politici; il secondo con il fine di danneggiare l’economia nazionale che proprio nell’ultimo semestre ha mostrato cenni di ripresa, dopo gli anni di instabilità che hanno causato perdite per oltre 140 miliardi di dollari a seguito della chiusura dei giacimenti petroliferi.

twitter@FDepalo

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