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Ecco perché la battaglia di Hodeida potrebbe non finire molto presto. Parla Ardemagni (Ispi)

hodeida yemen

Ad Hodeida, in Yemen, si combatte ancora, senza esclusione di colpi e quella “Vittoria dorata” annunciata nei giorni scorsi dalla coalizione a guida saudita sembrerebbe ormai sempre più vicina. D’ altra parte, però, “questa annunciata vittoria da parte degli emiratini potrebbe in realtà diventare l’ennesima battaglia in cui gli Houthi logorano lentamente i loro avversari e, a farne le spese, ancora una volta, sarebbe la popolazione civile”, ha affermato a Formiche.net Eleonora Ardemagni, associate reserch fellow dell’Ispi ed esperta di Medio Oriente e Nord Africa. Una situazione, dunque, sempre più complessa che ha suscitato la preoccupazione della comunità internazionale e che, proprio in queste ore ha visto l’annuncio dell’apertura di corridoi umanitari per mettere in sicurezza i residenti civili dei quartieri dove si sta svolgendo il conflitto.

Qual è la situazione attuale a Hodeida dopo l’attacco finale lanciato dalla coalizione a guida saudita?

È chiaro che la coalizione a guida saudita vuole andare fino in fondo in questo conflitto. La battaglia di Hodeida viene vista da sauditi ma soprattutto dagli emiratini, i veri leader delle campagne di terra in Yemen, come l’opportunità di piegare i Houthi, i ribelli del nord. Recuperare Hodeida per la coalizione militare araba sarebbe una vittoria strategica, nel senso che consentirebbe di recuperare un’importante città che è ancora sotto il controllo degli Houthi. L’unico grande centro urbano sul Mar Rosso ancora controllato dagli Houthi e al tempo stesso permetterebbe agli emiratini di interrompere quei canali di comunicazione tra la costa del Mar Rosso e le terre d’origine degli Houthi, le terre settentrionali e la stessa capitale Sana’a che è ancora sotto il controllo dei ribelli.

Il ministro degli Esteri emiratino ha affermato che la caduta di Hodeida è solo questione di tempo. Cosa ne pensa?

Io vedo la situazione più complicata, come è sempre stato in questo conflitto, fin dall’inizio. Nel marzo 2015, quando i sauditi iniziarono a bombardare lo Yemen, annunciarono una vittoria lampo contro i ribelli Houthi, che sono militarmente inferiori rispetto alle potenzialità militari dei sauditi e specialmente degli emiratini. Ma lo Yemen è un Paese molto più complesso ed è molto più difficile, secondo me, quando sei sul campo arrivare a una vittoria. E infatti questo conflitto è sempre rimasto in bilico, è sempre rimasto senza una vittoria da entrambe le parti.

Quale situazione potrebbe venire a crearsi, a questo punto, tra le due fazioni?

Penso che sì, da un punto di vista delle capacità militari gli Emirati Arabi Uniti in particolare, abbiano la possibilità di prevalere sugli Houthi in maniera netta nella battaglia di Hodeida. Anche perché sono numericamente superiori. Le forze emiratine sono stimate intorno ai 1500 uomini presenti adesso nella città yemenita e gli yemeniti, sia soldati regolari che miliziani sono 25.000. Gli Houthi, invece, sono davvero pochi in quest’area, intorno ai tremila, quindi diciamo che la disparità militare è forte. Ma i ribelli possono comunque contare sulla capacità di guerriglia asimmetrica che in questi anni ha dato prova di essere vincente e di rallentare tutte le offensive che la coalizione saudita ha portato avanti fino ad ora. Per questo motivo, dunque, questa annunciata vittoria da parte degli emiratini potrebbe in realtà diventare l’ennesima battaglia in cui Houthi logorano lentamente i loro avversari e farne le spese, ancora una volta, sarebbe la popolazione civile visto che, oltretutto Hodeida è il principale porto da cui entrano circa il settanta per cento dei beni di prima necessità in Yemen.

Come pensa che potrà evolversi il conflitto e come interpreta il tentativo di mediazione dell’inviato speciale dell’Onu Griffiths, presente in questi giorni a Sana’a?

In una battaglia come questa non è mai prevedibile cosa potrebbe accadere. Hodeida è una città di 700.000 abitanti in cui il porto è comunque distanziato dal resto della città in cui in questo momento di sta combattendo. Noto però che esiste la volontà dell’Arabia saudita e degli Emirati Arabi di andare avanti e provocare un’escalation e soprattutto noto che Riad e Abu Dhabi hanno premuto l’acceleratore su questa battaglia proprio nei giorni in cui il nuovo inviato dell’Onu in Yemen stava faticosamente cercando di far passare un nuovo piano di pace che portasse prima ad un cessate il fuoco e poi al disarmo delle milizie e un eventuale governo di unità nazionale. Quindi proprio nei giorni in cui Griffiths stava intensificando l’attività diplomatica, gli emiratini e i sauditi hanno intensificato l’attività militare. Dunque non vedo da questo punto di vista una volontà di arretrare da parte di ambo le parti. E questo anche per gli Houhti, che hanno dichiarato di voler rispondere all’offensiva emiratina e di non accettare l’ultimatum della coalizione che chiede loro un ritiro immediato e incondizionato da Hodeida, che ne comporterebbe, a questo punto, la capitolazione totale.

Quali potrebbero essere i contraccolpi nel Paese causati dal protrarsi del conflitto?

Le ripercussioni regionali di questo conflitto sono state sottovalutate, anche dai media, in due punti: il primo è il lancio dei missili balistici sull’Arabia saudita da parte degli Houthi, che dal mese di marzo del 2018, a quattro anni dall’inizio del conflitto, si è intensificato. Ci sono state poche vittime, solo cinque vittime saudite, ma il numero di lanci di missili è stato comunque superiore ai cento. Dall’altro lato, poi, ci sono le minacce alla libertà di navigazione sul Mar Rosso fino a quando Hodeida sarà controllata dagli Houthi. Non dimentichiamo, tra l’altro che gli Houthi hanno ricordato di poter minare i porti. L’hanno fatto con una città, Al Mokha, a sud di Hodeida, che è stata liberata l’anno scorso, sempre dagli emiratini. Tutto questo ci fa capire come il conflitto in Yemen sia sì un conflitto interno, ma che può avere ripercussioni sul commercio internazionale, petrolifero e sulla sicurezza dell’intera area.

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