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La Chiesa e gli abusi, perché sarà una lunga battaglia. Parola di padre Spadaro

“In un incontro con papa Francesco, una vittima di abusi sessuali ebbe a dire con profonda tristezza e disperazione: ‘Gesù aveva vicino sua madre, quando ha affrontato la sofferenza ed è morto. Mia madre, la Chiesa, invece mi ha lasciato da solo nel momento del mio dolore’. Già solo in questa frase si può scorgere quanto sia orribile un abuso, e in particolare che cosa significhi l’abuso sessuale sui minori nella Chiesa, e come debbano cambiare atteggiamento la Chiesa e coloro che in essa detengono posizioni di responsabilità”.

Così scrive padre Hans Zollner, gesuita, una delle voci più importanti nella Chiesa cattolica per quanto riguarda la ricerca sulla pedofilia e sulle sue cure nel volume dedicato da La Civiltà Cattolica al tema caldissimo e dolorosissimo della pedofilia. Mancano poche settimane al viaggio di Francesco in Irlanda, è ancora viva la eco della decisione di tutti i vescovi cileni di mettere il proprio incarico a disposizione del papa, che ha accolto le dimissioni di quattro di loro. Entrambe le occasioni sono connesse alla drammatica vicenda degli abusi sessuali ai danni di minori, e proprio a questo è dedicato il terzo volume monografico pubblicato da La Civiltà Cattolica, Accènti.

Nell’introduzione il direttore, padre Antonio Spadaro, osserva: “la lotta contro gli abusi sessuali durerà ancora a lungo e bisogna perciò dire addio all’illusione che la semplice introduzione di regole o di linee guida ne sia la soluzione. Essa implica una conversione radicale e un atteggiamento deciso per rendere giustizia alle vittime. Certo, nessuno è in grado di sconfiggere definitivamente il male, neppure quello dell’abuso sui minori – sarebbe una presunzione fatale –, ma si può fare molto per ridurne il più possibile il rischio e aumentare la prevenzione”.

Parole che definiscono il senso del volume, quasi come la frase di Francesco citata sin dall’inizio, e cioè la necessità di chiamare le cose con il loro nome e di prendere atto che questo gravissimo problema deriva da un mentalità legata al potere, che va guarita nelle sue radici maligne. Un’indicazione importante e profonda che Francesco dà. Leggendo si scopre che Francesco, come Benedetto XVI, è tra i pochi a interrogarsi su come sia possibile che chi ha scelto di portare i piccoli a Dio poi li porti all’inferno. A differenza di noi, lettori di un’opera che fa centro sugli studi svolti in particolare da padre Zollner e dal suo centro per la tutela dell’infanzia all’Università Gregoriana, Francesco è interessato a guardare dentro la sua Chiesa.

E questo legame fuorviante col potere è importante, cruciale. Ma ci sono le osservazioni psicologiche sul pedofilo, approfondite nel primo saggio, che sono molto importanti, e i padri Cucci e Zollner tra le tante osservazioni importanti inseriscono questa: “Celibato e pedofilia non sono connessi in modo causale. Ciò è mostrato, come abbiamo detto, dal fatto che coloro che hanno compiuto atti di pedofilia sono per lo più sposati e con figli; anche coloro tra i sacerdoti che si sono macchiati di simili atti non vivevano nella castità”.

Citare questa tra le diverse deduzioni citate nel libro è importante perché uno dei tratti più interessanti del volume è quello in cui si cerca di capire cosa significhi davvero questo scandalo. Significa solo per la Chiesa? Certamente no, visto che la maggioranza degli abusi avviene fuori di essa, ma per essa significa un colpo devastante e drammatico alla propria credibilità e autorità morale, al di là di ogni considerazione sulle dimensioni. Ma per noi, cittadini di questo tempo? Ecco qui è interessante rilevare che il volume, in modo non prioritario né ossessivo, fa presente che alcune accentuazioni sul fenomeno interno alla Chiesa tende a colpire la sua dottrina morale, la sua visione dei rapporti sessuali.

Non condividere è lecito, contrastare parlando di una devianza senza parlare di altre di meno. E di quali devianze non si parlerebbe? Qui è molto interessante leggere le pagine sulla lotta alla cultura delle pedofilia, dove si ricordano scelte politiche che inserivano anche la pedofilia tra le libertà sessuali, se tra consenzienti. Il riferimento è a tanti documenti, citati, ma anche ad un partito, costituito in Europa e riconosciuto dalla corte dell’Aja perché sta al cittadino decidere. Sono tante derive che riguardano il concetto di “libertà” e “liberazione” anche in campo sessuale e sulle quale tutto il pensiero, laico e religioso, fa bene a riflettere alla condizione che non lo si faccia per relativizzare il punto sottolineato proprio da Francesco, il nesso con il potere!

La complessità dell’azione contro la Chiesa, il padre di una vittima una volta mi ha fatto presente che il brand “scuola cattolica” esiste e lo aveva indotto a iscrivere suo figlio in una “scuola cattolica”, non di Tizio o di Caio, va letta insieme alle difficoltà di azione della Chiesa: e qui si parla da una parte delle resistenze all’accertamento della verità che saranno simili in tanti paesi pur diversi e dall’altra della difficoltà a emettere linee guida valide per tutti visto che i contesti sociali e culturali sono diversissimi: “un caso di scuola: in un Paese in cui i cristiani costituiscono una esigua minoranza e sono perseguitati da estremisti di ogni genere, la religiosa che dirigeva un orfanotrofio scoprì che un educatore aveva violentato alcune bambine. In base alla propria coscienza, tenendo presente l’ordinamento giuridico del proprio Paese e considerando gli obblighi assunti nei confronti del suo finanziatore europeo, voleva e doveva denunciare questo abuso. Tuttavia non sapeva come avrebbe reagito la polizia: l’educatore era il figlio del sindaco ed entrambi appartenevano alla religione dominante”.

Ma è la differenza, la cultura della differenza, che ai miei occhi emerge come indispensabile. Anche qui capire è complesso, e il volume obbliga soprattutto a capire il punto di vista della vittima: “non di rado coloro che hanno dovuto subire sofferenze indicibili a opera di rappresentanti della Chiesa e denunciano il fatto e vogliono essere ascoltati, vengono respinti, o si rimprovera loro di essere dei sobillatori che farebbero meglio a tacere.

Anche in questo caso diventa molto grave il pericolo di un trauma spirituale, accanto a quello psichico e fisico. La portata di tutto questo non sembra essere chiara a molti nella Chiesa, e anche a coloro che vi occupano posti di responsabilità. Si suppone che soprattutto coloro che per il loro ministero annunciano il Vangelo dovrebbero comprendere quanto determinati eventi della vita – in questo caso un trauma grave – possano pesare sul nucleo più intimo della spiritualità di un credente. È sorprendente invece constatare quanto poco ciò avvenga. Ma questo forse spiega anche perché alcuni vescovi e superiori religiosi prestino maggiore attenzione alle implicazioni politiche, giuridiche e psicologiche degli abusi che non agli aspetti spirituali o teologici.

Non meraviglia perciò che le vittime considerino la Chiesa, nella sua reazione alla denuncia di un abuso, più come un’istituzione preoccupata di se stessa che non come una madre amorevole (così inizia significativamente il motu proprio di papa Francesco con il quale egli sollecita vescovi e superiori religiosi ad assumere le proprie responsabilità nello scoprire e nell’impedire gli abusi)”.

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