Verrà scritta in autunno, tra la fine di settembre e ottobre, quando dovrebbe fare un po’ più fresco. Ma la manovra 2018 già si preannuncia piuttosto calda. Matteo Salvini, in un’intervista al CorSera, questa mattina, è tornato a ribadire la volontà politica della Lega (e del governo) di dare un primo taglio robusto alle tasse già con la prossima Legge di Bilancio. Se sarà necessario, chiedendo con una certa insistenza a Bruxelles la revisione dei vincoli di bilancio, alias un innalzamento della soglia del deficit.
Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera, consigliere economico di Salvini e a capo della corrente ortodossa del Carroccio, ha dalle colonne di Repubblica invitato il governo a non dare troppo peso a eventuali (più che altro certi) appunti dell’Ue in caso di manovra finanziarie eccessivamente disinvolta. A ricordare a tutti quanti la realtà dei fatti ci ha pensato ancora una volta Giovanni Tria, il ministro dell’Economia visto sempre più come garante dei conti italiani e dei rapporti con l’Ue. Riuscirà il professore di Tor Vergata oggi responsabile del Tesoro a far quadrare i numeri dando al contempo soddisfazione a Salvini?
Formiche.net lo ha chiesto a un’altra personalità del mondo accademico, Michele Bagella, docente di economia monetaria presso la stessa Tor Vergata. “Faccio una piccola premessa, non entro nella questione di un possibile scontro politico nell’ambito della manovra. Mi limito a fare delle considerazioni di fatto. Salvini dice di voler tagliare le tasse? Va benissimo, ma allora bisogna tagliare anche la spesa. Perché se si tagliano le tasse lo Stato ha meno entrate da destinare alla spesa pubblica per funzionare e allora mi chiedo, per esempio, dove prendere i soldi per mantenere la spesa per beni e servizi su livelli adeguati? Questa è una considerazione di carattere tecnico, ma comunque cruciale per mettere a fuoco il problema. Se si taglia da una parte, bisogna incrementare dall’altra”.
Poi, dice Bagella, c’è anche la questione più politica che tira in ballo l’Europa. “Tria oggi è il nostro garante. Salvini e Borghi possono dire molte cose ma alla fine tutto questo dovrà inevitabilmente fare i conti con le indicazioni che vengono dall’Europa. E questo Tria lo sa benissimo. Ma voglio dire un’altra cosa. La Lega dice di voler andare in Ue a chiedere più flessibilità? D’accordo ma ricordiamoci che non funziona con un solo Paese che chiede una cosa e la ottiene. L’Europa oggi è costituita da 28 Paesi membri e tutti devono dire la loro. E qualcuno potrebbe non essere d’accordo. Insomma, un consiglio, in Ue ci si vada coi piedi di piombo”.
Tra i falchi pronti a colpire l’Italia in caso di colpi di testa sul terreno dei conti c’è sicuramente la Germania, paladina del rigore finanziario. Bagella fa una valutazione di carattere storico e culturale. “I tedeschi si sono rialzati da due sconfitte mondiali, oggi qualunque cosa mini il loro quieto vivere, come possibili interferenze sui conti pubblici, li disturba. E poi in Germania negli ultimi anni c’è stata una forte crescita delle istanze nazionaliste, di cui il governo sembra voler tenere conto”.
Cambio di argomento, i dazi e il G20 di Buenos Aires che vede buona parte del globo schierato contro Donald Trump. “Francamente penso che i dazi non abbiamo altro effetto che far salire i prezzi. Questo alla fine gli americani lo capiranno e per questo potrebbero decidere di cambiare cavallo alle prossime elezioni (a novembre peraltro ci saranno le elezioni del mid term, ndr). I dazi sono qualcosa di antistorico, che va contro il mondo moderno e globalizzato. E poi gli americani sono stati tra i primi sostenitori e promotori del Wto e ora gli vanno contro? In cuor mio credo che questa politica prima o poi cesserà e gli Stati Uniti faranno marcia indietro”.