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Corea del Nord, Siria, Nato. Bolton parla dei dossier caldi per Trump (aspettando Putin)

bolton

“Non voglio commentare niente relativo all’intelligence”, ha detto il consigliere per la Sicurezza nazionale americano, John Bolton, ai microfoni di “Face the Nation” della Cbs quando la giornalista Margaret Brennan gli ha chiesto di dire qualcosa a proposito delle notizie uscite sulla la Corea del Nord – che starebbe continuando ad arricchire uranio in segreto, tenendo nascosti siti nucleari, nonostante l’inizio di un contatto negoziale tra Donald Trump e Kim Jong-un.

In effetti le informazioni arrivate per prima alla Nbc e poi su altri media, sono state passate da anonimi funzionari dell’intelligence, ed è noto che i governi non commentano l’operato dei propri servizi segreti: Bolton non ha nessun interesse, in un momento così delicato poi, a violare questa prassi sacra. Però, dice l’ex ambasciatore alle Nazioni Unite, facciamo un discorso generale: lo sappiamo che potrebbero fregarci, lo hanno già fatto in passato, spiega sintetizzando, per questo stiamo cercando di implementare, anche attraverso i cinesi, ciò su cui i due leader si sono trovati d’accordo a Singapore.

Bolton è un falco. È uno che ha da sempre sostenuto che l’unico modo per trattare con Kim è la via delle armi, e queste sue non sono letture troppo datate: a fine aprile, nel mezzo dei contatti organizzativi per il faccia a faccia tra il presidente della più grande economia del mondo e il satrapo che guida una dittatura oscurantista, se n’é uscito col dire che il modello di denuclearizzazione della Libia era quello da seguire per trattare l’affare col Nord – la Libia ha bloccato il suo programma nucleare nel 2003-2004, poi il rais Gheddafi nel 2011 è stato destituito da un intervento armato europeo e americano, l’incubo di Kim in pratica.

Ma stanno usando la diplomazia come copertura? Domanda. “Beh, certamente questo è quello che hanno fatto prima. Ma il Kim Jong-un che è stato molto enfatico a Singapore era diverso dai regimi precedenti. Ora lasceremo che le loro azioni parlino da sole”. Bolton è certamente più scettico del suo presidente, che al ritorno dal vertice si lanciò in un “assurdo” (copyright  Bruce Klingner, della Heritage Foundation) tweet in cui dichiarava finita la minaccia atomica nordcoreana.

La giornalista ricorda al consigliere che anche lui era “enfatico” quando, proprio sulla Cbs, sottolineava – ancora non membro effettivo dell’amministrazione – di quanto fosse fondamentale che prima di ricevere concessioni, il Nord consegnasse le armi. “Certo!”, e sarà il segretario di Stato Mike Pompeo a metterlo in chiaro durante un prossimo incontro a Pyongyang (di cui si parla sui media da qualche giorno, ma non si sa ancora la data), risponde Bolton, che spiega che l’obiettivo è di chiudere tutto “entro un anno”.

“Un anno!?!”, sobbalza la Brennan. “Ciò che abbiamo pensato è un progetto che, con la cooperazione nordcoreana, fornisca una lista di tutti i loro siti missilistici e dettagli il loro programma nucleare, chimico e biologico”, spiega Bolton; “E questo non è ancora successo?!”, secondo sobbalzo della giornalista. In effetti chi alza critiche contro Trump su questa vicenda specifica sostiene che l’americano ha chiuso l’incontro con Kim senza minimamente niente di concreto in mano.

“Significativo” chiosa l’anchorwoman, “ma ora passiamo al recente viaggio fatto a Mosca”: il ritmo dell’intervista è incessante, dopo lo spaccato sul debole stato dell’arte riguardo all’approccio alla crisi nordcoreana, Brennan chiede informazioni sull’incontro che Bolton ha avuto al Cremlino per pianificare un secondo faccia a faccia cruciale che impegnerà Trump a un mese esatto da quello con Kim: l’incontro con Vladimir Putin fissato per il 16 luglio a Helsinki.

“Qual è l’obiettivo?”. Far sedere i due leader al di fuori di incontri a latere di vertici multilaterali (come successo finora nei due vis a vis avuti dai presidenti), risponde il consigliere; e qui esce l’idea trumpianissima che sia meglio un confronto bilaterale dal multilateralismo. Si parlerà di Siria, Ucraina, delle interferenze alle elezioni, insomma, spiega Bolton, “dei problemi che abbiamo tra noi”.

Bene, la Siria: la giornalista della Cbs ricorda che in questo momento la Russia ha in mano il comando di un bombardamento contro i ribelli (e i civili) nel sud della Siria, in totale violazione di un accordo di de-escalation che riguarda quelle zone concordato proprio durante uno di quei due incontri personali tra Trump e Putin. “Perché dovremmo pensare che sia di nuovo in qualche modo affidabile?”: vedremo risponde Bolton, che ricorda che con Putin c’è la possibilità di chiudere un accordo con Putin per far uscire le forze iraniane dalla Siria – che una delle rassicurazioni che Washington, e gli alleati a Tel Aviv e Riad, vorrebbero da parte di Mosca.

È quella dell’Iran “la questione strategica”, i loro programmi di armamenti, il loro appoggio al terrorismo internazionale, gli sforzi per estendere l’influenza nella regione con forze non convenzionali, non Bashar el Assad, dice Bolton: “Non penso che Assad sia un problema”. È la fine del “must go” obamiano, ossia il punto fermo con cui l’amministrazione precedente chiedeva che per intavolare un percorso negoziale il dittatore siriano dovesse essere rimosso. Ora, come punta la Russia e come hanno accettato la gran parte delle diplomazie anche occidentali, Assad è riuscito a riconquistare la maggior parte del territorio siriano, e non importa che lo abbia fatto passando per sette anni di atrocità: l’approccio è pragmatico, c’è di peggio in Siria, Assad ha vinto spiegava l’ex ministro della Difesa italiana su queste colonne lo scorso anno, passerà impunito e pian piano riqualificato.

Ma può essere un partner la Russia? È il sunto di questa seconda, lunga parte di conversazione, ma Bolton non ha una risposta: “Dicono da molto di volerlo essere”, su qualcosa in passato abbiamo collaborato, spiega, ma è scettico e si vede. Ricorda di aver fatto presente agli alti funzionari del Cremlino (il suo omologo, il presidente, il ministro degli Esteri, quello della Difesa) che l’Intelligence Community americana sta tracciando i tentativi di ingerenze nelle Midterms, e che il presidente Putin gli ha assicurato che né adesso né prima (ossia nel 2016, alle presidenziali), non ci sono state interferenze.

È un po’ quello che dice Trump, anche se è la stessa IC statunitense ad aver portato a galla le prove delle attività russe, per cui Washington ha anche deciso di sanzionare Mosca. È una linea difensiva (d’altronde è difficile ammettere che la tua vittoria è legata a un piano ordito da qualcun altro; e qui senza entrare nello scenario collusioni). Bolton spiega che comunque Trump “dovrà proseguire ulteriormente” a tenere i contatti con Putin, “ma questo è molto diverso dal dire che non c’è stata alcuna intromissione russa”.

Altra pressione della giornalista che ricorda che due settimane fa il presidente Trump s’è lasciato sfuggire un commento infelice, mentre volava sull’Air Force One, a proposito della Crimea, su cui avrebbe “lasciato la porta aperta, perché vedremo” ciò che ne sarebbe uscito quando ne avrebbe parlato con Putin. “Non è la posizione degli Stati Uniti”, risponde secco Bolton; “ma il presidente lo ha detto ed è proprio questo il motivo per cui è interessante”, incalza Brennan; “beh vedremo, perché il presidente dice certe cose per dimostrare che è disposto a negoziare con tutti” aggiunge il consigliere; “ma questo non è il momento di negoziare” su certe cose, “sarebbe scioccante per i nostri alleati europei” pensare che gli Stati Uniti approvino l’idea che i confini internazionali vengano ricostruiti con la forza.

“Non è scioccante per niente, perché non è la posizione degli Stati Uniti”, ha ripetuto a quel punto Bolton: “Il presidente fa politica. Io no”. Al che la giornalista ha sottolineato come però certe uscite da parte di Trump rischiano di essere preoccupanti perché sembra che stia “cercando di essere più amichevole con gli avversari che con gli alleati” e ha proiettato la situazione sul vertice Nato che si terrà fra due settimane, che da certe prese di posizione pare possa essere “intaccata”.

“Un’assurdità” è la replica del consigliere, che aggiunge: “Penso che ciò che il presidente ha detto agli alleati della Nato, che li ha preoccupati, è che vuole che siano all’altezza dell’impegno assunto da loro stessi durante l’amministrazione Obama”. Bolton cita l’accordo sul 2 per cento di spesa, “che cosa dobbiamo farne dell’Alleanza se i membri, come la Germania, non si impegnano a investire per la propria autodifesa?”.

Poi ricorda che era stato Barack Obama a dire che i “free riders“, gli alleati scrocconi, lo avevano appesantito, e Brennan aggiunge che però con le intelligence dell’alleanza che fanno uscire report sulle attività con cui la Russia vuole sabotare gli interessi Nato, diventa difficile sostenere le uscite del presidente sulla Crimea e posizioni divisive.

“Il presidente vuole una Nato forte. Se pensi che la Russia sia una minaccia, poniti questa domanda, perché la Germania spende meno dell’1,2 per cento del suo Pil [in Difesa]? Quindi, quando la gente parla di indebolire l’alleanza della Nato, dovresti guardare a coloro che stanno portando avanti iniziative che rendono la Nato meno efficace sul piano militare”, chiude Bolton.


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