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Da Camaldoli a Sant’Egidio. L’impegno dei cattolici resta un faro per l’Italia

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte qualche giorno fa ha voluto incontrare operatori, simpatizzanti, dirigenti della Comunità di Sant’Egidio, il cui fondatore è il prof. Andrea Riccardi noto storico cattolico, che in collaborazione con tante donne e uomini di buona volontà è riuscito a fare tanto bene in questi primi cinquant’anni di attività dell’ente. La Comunità di Trastevere ha agito nei Paesi poveri dell’Africa e dell’America Latina soprattutto, non trascurando altri Paesi simili sparsi sul Pianeta. Il presidente Conte è stato lieto di visitare Sant’Egidio, anche per ringraziarla per la preziosa azione umanitaria che sta svolgendo per salvare attraverso la creazione di corridoi umanitari bambini, donne e uomini che arrivano dai paesi dell’Africa e da quelli che si affacciano sul Mediterraneo. Un tangibile segno di riconoscimento e di apprezzamento a tutti gli associati di Sant’Egidio, per l’abnegazione che essi pongono nell’aiutare i propri simili meno fortunati, ad essere accolti e integrati nelle nostra realtà. Opera assai meritoria a cui tutti noi dovremmo essere sempre grati. È proprio vero: il bene va fatto in silenzio, senza squilli di trombe e senza rulli di tamburi. È il costume dei cattolici!

Il famoso manager Giancarlo Elia Valori, quasi in contemporanea, dalle pagine di Formiche.net, sottolineava la storica, unica, grande esperienza del Codice di Camaldoli, (eremo che ricade nel comune di Poppi in Toscana), avvenuta a pochi giorni dalla caduta del Fascismo, dove illuminati studiosi cattolici si riunirono per elaborare un piano economico, sociale, fiscale nel caso i democratici cristiani fossero stati chiamati a partecipare al governo. Egli, rievocando Camaldoli, auspica che presto i cattolici possano ritornare all’opera con un nuovo Codice (di Camaldoli) per spingere il Paese a superare la difficile e lunga contingenza socio-economica e politica. Il presidente Valori, cosciente dell’apporto dato alla nostra democrazia dai cattolici, si appella allo spirito della dottrina sociale della Chiesa, per invitare a riprendere il cammino interrotto, che conduce all’economia sociale di mercato, alla crescita e al benessere degli italiani.

La crisi della politica, prima ancora di essere politica è crisi culturale. La storia spiega che i vari periodi succedutisi durante i secoli sono stati caratterizzati da movimenti culturali, che hanno elaborato rinnovati paradigmi, finalizzati a delineare e a produrre nuovi scenari su scala planetaria, per far accrescere conoscenza e benessere umano. È stato così nel Medioevo, nell’età Moderna, nell’epoca Contemporanea, nel tempo post-industriale e della globalizzazione. Ad accompagnare tali processi c’è stata sempre la componente cattolica. Una presenza costante nei secoli, a cominciare dall’anno 800 quando Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero con la missione di evangelizzare le genti dei paesi europei. Il cattolicesimo è stato un punto di riferimento solido, tanto da intervenire in vicende spinose non solo religiose, ma anche sociali e politiche, sia pure con molta prudenza, talvolta in ritardo, di fronte a quanto l’uomo nelle sue varie epoche andava producendo in campo culturale, economico, scientifico, artistico, giuridico, politico.

Un’azione non indifferente, al punto che in duemila anni di storia proprio nella città di Pietro si è venuta costituendo una vera e propria antropologia cattolica, che influenza tuttora la vita dell’Italia.

Molto interessante un lavoro su Gioberti dell’illuminato e mai dimenticato autore cattolico Giorgio Rumi, prematuramente scomparso, che nel suo scritto ricorda come l’unità d’Italia, dovesse essere caratterizzata dal comune “retaggio cattolico”. E in tale circostanza racconta un episodio poco noto ai più, ma molto significativo, e per certi aspetti sorprendente. Palmiro Togliatti, capo del partito dei comunisti italiani, nel periodo natalizio del 1943 è ospite a Mosca. In una serata all’Hotel Lux discute con la sua segretaria Nina Bocenina di vicende italiane. Nelle sue memorie la collaboratrice di Togliatti ricorda:
“Si è dilungato a spiegarmi le caratteristiche particolari della fede e l’organizzazione della Chiesa cattolica. Mi sono sentita smarrita nell’affrontare questi problemi, di cui so poco. Ho domandato a Ercoli (pseudonimo di Togliatti) quando finalmente sarebbero finite queste sciocchezze, e subito dopo mi sono pentita di averlo detto. Infatti il mio capo si è arrabbiato. “Non sono sciocchezze, cara compagna Nina! Il cattolicesimo in Italia non è semplicemente la Chiesa. È un modo di pensare, un complesso intreccio tra la storia e la politica, tra la cultura e la filosofia. Chi non è capace di discutere alla pari con gli attivisti cattolici può essere paragonato ad un agente dei servizi segreti che va nelle retrovie del nemico senza conoscere la sua lingua e il suo regolamento”.

La politica invece di preoccuparsi di curare immagine e comunicazione, assegnando etichette e coccarde a chicchessia, dovrebbe riflettere con serietà e severità su quanto i laici e i cattolici hanno lavorato, nei decenni alle nostre spalle, per rendere l’Italia un Paese competitivo al livello mondiale.
Il cattolicesimo in Italia non è semplicemente la Chiesa.



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