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Obiettivo Cina. Vi spiego tutte le ultime mosse del presidente Usa

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L’ultimo summit dell’Alleanza Atlantica ha visto, almeno inizialmente, una netta divaricazione tra gli Usa e gli alleati europei della Nato. Per il presidente Trump, che è soprattutto un businessman, contano i bilanci e gli investimenti, prima che le dottrine strategiche, di cui peraltro pochissimo si è parlato. Il presidente americano, che è arrivato al summit con studiato ritardo, ha polemizzato soprattutto con la Germania, dicendo che la sua bassa spesa per la difesa la rendeva “prigioniera” della Russia.

A Trump non va giù il gasdotto Nord Stream, diretto da Mathias Warnig, già dirigente della Stasi a Dresda, dove operava in quegli stessi anni, per il KGB, il servizio “padrone” della Stasi, Vladimir Putin. Vuole che gli europei comprino lo shale gas and oil nordamericano. Ma è un obiettivo difficilissimo. Europa, contesa da due oligopolisti dell’energia. Inoltre, Trump ha tralasciato le lunghe e irrilevanti discussioni sull’Afghanistan e la Georgia, dove la Ue conta meno di niente, per intimare ai membri europei della Nato che, se non avessero aumentato il loro budget dal 1 gennaio 2019 fino al 2% del Pil, gli Usa avrebbero fatto da soli, uscendo di fatto dall’Alleanza.

Il segretario Generale della Nato, dopo un primo attimo di sconcerto, ha organizzato una riunione riservata tra i membri europei dell’Alleanza, che non ha concesso niente alle richieste Usa. Ma vediamo i dati sulla spesa della difesa nell’ambito Nato. Per gli Usa, di gran lunga il maggiore contributore al bilancio atlantico, il budget del 2017 della Difesa è stato di 686 miliardi di usd, ovvero il 3,6% del Pil. La somma delle spese per la Difesa del resto dei membri Nato vale, peraltro, 271 miliardi, sempre nel 2017.

Solo nove membri dell’Alleanza, eccetto gli Stati Uniti, spendono più di 10 miliardi l’anno, si tratta di Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Canada, Turchia, Spagna, Polonia, e, di poco, l’Olanda. Peraltro, gli Usa devono controllare altri quadranti, come il Pacifico e l’America Meridionale, che non sono di alcun interesse per i membri europei della Nato. Già tre Paesi europei superano oggi il limite del 2%; e sono la Gran Bretagna, la Grecia e l’Estonia. Romania, Lituania, Lettonia sono vicinissime a questo obiettivo del 2%, mancandolo di appena lo 0,3. Se quindi tutte le nazioni dell’Alleanza Atlantica spendessero il fatidico 2% del Pil in Difesa, avremmo in più ben 114 miliardi.

Ma quanto occorrerebbe per rendere davvero efficienti le Forze Armate europee? Per la Germania, il recentissimo rapporto Bartels ci informa che i soldati tedeschi, dopo anni di diminuzioni di bilancio e di totale trascuratezza da parte della classe politica, non hanno sufficienti coperture protettive, vesti per l’inverno, tende e altro. Per le Forze tedesche, non ci sono stati, alla fine del 2017, sottomarini disponibili per le operazioni, nessuno dei 14 grandi aerei da trasporto era pronto per il volo, visto che tutta la flotta marina e aerea era in riparazione. Mancanza di pezzi di ricambio e arretratezza tecnologica sono diffusi, nell’Esercito tedesco, sia per i jet, che per le navi e anche per i carrarmati. 21.000 posti da ufficiale tedesco sono vacanti. Con evidenti effetti sulla massa dei soldati. La Germania, infatti, ha speso nel 2017 appena l’1,2% del Pil in Difesa, e i risultati si vedono.

La permanenza del complesso del paese sconfitto. Ci vorranno decenni, se tutto va bene, per tornare alla vecchia lastra di basalto nel deserto tunisino, dove Rommel volle scritta la frase “il soldato tedesco ha stupito il mondo, il soldato italiano ha stupito il soldato tedesco”. Una forza armata, quella nazionale tedesca (o anche italiana) che era pensata per il primo contrasto con il Patto di Varsavia, per poi lasciare il campo all’attacco nucleare, sconta ancora la vecchia strategia, che non permette alcuna difesa degli interessi internazionali della Germania, ormai globali.

Per quanto riguarda la Francia, il suo sistema militare è di gran lunga più efficiente di quello tedesco. Ma il recente voto a favore dell’art.14, che permette al ministro dell’Economia e della Finanza di porre il veto sulle spese proposte dal ministro della Difesa, oltre che di porre un limite a tutte le spese dello Stato per l’anno in corso (106 miliardi di Euro) mette a rischio tutto il necessario rinnovamento del sistema militare francese.

Il blocco, tramite l’art.14, arriva proprio quando la Francia diventa membro della Cooperazione Strutturale Permanente, ovvero il gruppo di 25 Stati europei che preparano una difesa integrata e autonoma Eu. Per sostituire la Nato? Per avere una politica estera autonoma dagli Usa? E, di grazia, quale sarebbe la politica estera europea, oggi?

Per l’Italia, la terza Forza Armata europea, abbiamo un sistema pressoché perfetto di proiezione fuori dai confini, non solo in termini di vacuo peacekeeping, ma un sistema militare probabilmente inadeguato per difendere tutto il territorio italiano da attacchi esterni. E questo vale per tutte le FF.AA. dei Paesi europei. In ogni caso, le FF.AA. italiane sono meglio addestrate e armate di tanti altri concorrenti-alleati europei della Nato. I Gis dei Carabinieri hanno addestrato i Navy Seals, il Sayeret 13 dell’Esercito Israeliano e il giapponese Sat.

Quindi, le richieste di Trump vedono un sistema militare europeo in larga parte obsoleto e vittima primaria dei “tagli” dei vari governi. Non ha certo tutti i torti, il Presidente Usa. Ma, senza una buona Difesa, non vi è credibilità politica e strategica, forse nemmeno commerciale. Peraltro, Trump ha chiesto agli alleati europei non il 2% come limite, ma bensì, in separata sede, addirittura il 4%, come nuovo plafond. In questo caso, la spesa per la Difesa Usa sarebbe di 762 miliardi, tutti gli altri Paesi Nato europei dovrebbero spendere 735 miliardi.

Per Trump, peraltro, tout se tient dal punto di vista fiscale e economico: gli Alleati europei spendono troppo poco, lo ha detto in viaggio da Bruxelles, e quindi vi è un ovvio collegamento, secondo la mentalità del Presidente americano, con la questione dei surplus commerciali Eu. Gli europei spendono troppo poco perché si comportano da pirati nel commercio internazionale. Del surplus tedesco in particolare. Che, guarda caso, si coniuga con una spesa militare quasi ridicola.

Intanto, la Cina ha espanso la sua spesa militare del 8,1% nel 2019, quasi, in volume, quanto quella Usa ma un po’ più piccola. Si tratta di 151 miliardi di Usd nel 2017. Ma il budget cinese è da studiare attentamente. Molte risorse di ministeri quali quello dei Trasporti, dell’Educazione e delle Comunicazioni sono strettamente connesse con l’Esercito di Liberazione del Popolo. Xi Jinping ha poi recentemente fondato una nuova “Commissione Centrale per l’Integrazione tra lo Sviluppo Militare e quello Civile”, segno evidente di una forte compenetrazione tra questi due settori.

E sarà questa, probabilmente, la linea che permetterà ai Paesi Nato europei di spendere quanto occorre per la Difesa anche con effetti rilevanti, però, sulla spesa “civile”. La Federazione Russa spende, per l’anno in corso, 1,35 miliardi di Usd, con un aumento dell’8% rispetto alle previsioni precedenti per lo stesso anno. La questione del 2% come desiderabile livello di spesa militare dei Paesi Nato Europei è antichissima. Se ne parlò la prima volta al Summit NATO di Praga del 2002, ma era solo un gentleman’s agreement. Al meeting del 2006 dei ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica, ci fu ancora una “volontà” di spendere “almeno” il 2% del bilancio annuale dello Stato. Parole al vento, come al solito. Nell’incontro NATO nel Galles del 2014 ci fu un ulteriore ripresa del tema del 2% almeno della spesa pubblica per la Difesa, sempre da parte dei capi di Stato e di Governo.

Solo quattro, lo abbiamo visto, tra i Paesi europei, spendono il 2%: Usa, Grecia, Gran Bretagna, Estonia. Ma la Grecia spende gran parte del suo budget militare per stipendi e pensioni. L’Ucraina è l’unico paese che supera il 2%, arrivando a un tasso “americano” del 3,57%, mentre la Georgia e la Polonia sono di poco al di sotto del mitico livello. Per quel che riguarda l’equipaggiamento, la “linea” della Nato richiede un 20% almeno di spesa del budget della Difesa. Oggi siamo molto più in basso. Nell’Alleanza, solo 3,11 tra i 28 membri della NATO spende il 20% in equipaggiamenti, con la Germania, il Paese che dovrebbe dirigere il Very High Readiness Joint Task Force, nel 2019, che investe in materiali solo il 14% del bilancio della Difesa.

Tre nazioni tra l’ex-Patto di Varsavia, invece, spendono secondo i programmi, si tratta di Romania, Lituania e Bulgaria. Slovenia e Belgio sono in fondo alla lista, con solo un 4-5% di spesa per l’equipaggiamento. La Russia, comunque, ha già aumentato il budget della Difesa per il 2018 di 95 trilioni di rubli, ovvero di 51,53 miliardi di usd, mentre, peraltro, la percentuale della spesa militare sul Pil russo diminuisce lentamente, secondo i programmi approvati da Putin nel 2015. Se aumenta il Pil, tutto si aggiusta.

Il problema sollevato da Trump è, ovviamente, solo quantitativo e non qualitativo.

Infatti, la Nato, fino ad ora, ha compiuto varie operazioni di peacekeeping, un frigorifero strategico che mantiene a lungo le tensioni regionali, oppure ha sostenuto le deboli e fragili democrazie uscite dall’Est Europa e dal Patto di Varsavia.

Gli europei, poi, non possono permettersi di armare e addestrare la Forza di Reazione Rapida diretta dalla UE, ovvero inizialmente da Francia e Gran Bretagna con 60.000 uomini, che sarà ben difficile mettere insieme, ma sempre per finalità di peacekeeping e per missioni umanitarie.

Eurofor oggi è una forza con reparti di Francia, Italia, Spagna e Portogallo. Sono 60.000 i soldati disponibili, secondo i progetti, ma la readiness è da verificare. Finora ha operato in Albania, Macedonia, in Ciad e nella Repubblica Centrafricana. Eurofor ha inoltre un servizio informazioni che è fornito solo dagli Stati Uniti. I battlegroups europei, altra istituzione, che ogni paese della UE fornisce, in numero di uno, si finanziano solo con i fondi ATHENA, una raccolta di finanziamenti già stanziati dagli Stati europei. Basteranno?

Già, ma se per l’utilizzo di Eurofor e dei BG ci sono differenze tra i Paesi EU riguardo alla politica estera, cosa si fa? Inoltre, il senso della richiesta di Trump per maggiori investimenti per la Difesa ai Paesi europei, significa in effetti una cosa sola. Per gli Usa, i Paesi europei sono oggi un fardello troppo pesante da sostenere; l’UE, prima sostenuta dagli Usa in tempi di guerra fredda, è diventata un fastidioso concorrente economico e, con il suo Euro, un rivale pericoloso del dollaro.

Se Washington raggiunge una sorta di “pace fredda” con il Cremlino di Putin, che vuole il riequilibrio di potenza nei quadranti periferici ma anche in Europa, l’UE non avrà più nessun significato per gli Usa. Anzi, l’Unione potrebbe diventare un concorrente o, addirittura, un nemico. Meglio, magari, dividersela con i russi; e cessare la NATO come organismo di sicurezza collettiva. Se vogliono, pensa Trump, gli europei potranno continuare le loro guerre dei bottoni nei Balcani o in Paesi che hanno, apparentemente, bisogno di quel maquillage chiamato peacekeeping. Ma, in futuro, senza l’ombrello, pagato in gran parte dagli Usa, della Nato.

E, se l’accordo con la Federazione Russa andrà avanti, Trump reclamerà per gli Usa non una parte della Ue, ma una quota politica in tutti i Paesi UE, ovvero comprando un’area politica tradizionalmente atlantica e oggi vagamente e vocalmente europeista.

Putin si prenderà i partiti detti “sovranisti” o “nazionalisti”, che metteranno in crisi i meccanismi comunitari; e gli Usa godranno delle spoglie, senza dover più pagare una quota colossale per la difesa NATO per dei competitori economici, per dei durissimi dazi europei, infine per l’Euro.

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