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A Washington oggi Conte deve fare l’equilibrista. La versione di Pelanda

Inizia oggi la missione americana del presidente Conte, sempre più deciso a fuggire la trappola dell’isolamento in cui rischia di piombare il governo gialloverde puntando sul rapporto con gli Usa, per assicurare all’Italia il ruolo di special partner in Europa, consapevole del ruolo di “facilitatore” che l’Italia può assumere nei rapporti tra Usa ed Europa. Per farlo ci si dovrà confrontare però su tutti i dossier più caldi che coinvolgono la relazione bilaterale tra Roma e Washington.

Per capire quali sono e che ruolo esercitano nel rapporto Italia-Usa all’epoca del governo Conte e dell’amministrazione Trump abbiamo contattato il professor Carlo Pelanda, docente di Geopolitica economica all’Università Guglielmo Marconi di Roma.

Professore, uno dei temi sul tavolo e su cui i due leader dovrebbero convergere è quello del gasdotto Tap,  che permetterebbe l’afflusso in Italia del gas naturale del Mar Caspio passando per Grecia e Albania. La visita di Mattarella a Baku dello scorso 18 Luglio ha confermato l’impegno italiano a proseguire nel progetto e gli Usa non hanno mai nascosto il desiderio di veder diminuire la dipendenza energetica dell’Europa da Mosca. È così?

Il tema della Tap è senza dubbio importante ma è già stato messo a posto, l’Italia ha già assicurato che la Tap si farà. Certo, a livello di diplomazia le sorprese possono sempre succedere, soprattutto dal lato dei 5 Stelle. Ma certo che se i 5 Stelle dovessero opporsi alla Tap allora a rischio ci sarebbe la tenuta dell’intero esecutivo, perché ci sono operazioni internazionali che non possono essere bloccate in ossequio a piccole logiche locali. Piuttosto, ci sono altri fattori di natura internazionale che potrebbero causare una marcia indietro sulla Tap.

Quali?

Nelle ultime settimane sono cambiate alcune cose. Siamo nell’attesa che parta un negoziato di ampio raggio tra Usa e Russia, che l’Italia seguirà con particolare interesse. Non è detto quindi che il governo italiano non possa giocare un ruolo fermando la Tap per aiutare la convergenza con la Russia. Certo, si tratta di un dossier già avviato, ma che tuttavia fa parte della politica estera della precedente amministrazione Usa, che sta cambiando. Quindi diciamo che se la Tap salta sarà più probabilmente per una nuova convergenza tra Usa e Russia e non per questioni interne al governo italiano. Tuttavia, non sarà questo il tema centrale dell’incontro tra Trump e Conte.

Quale sarà allora il punto focale del vertice? 

Il punto focale è il contributo dell’Italia a convergenza euro-americana in funzione anti Cina. Non penso che oggi si chiarirà del tutto il ruolo che gli Usa immaginano per il nostro Paese, ma sicuramente ci verrà chiesto di confermare una visione comune. Trump, dopo un periodo iniziale parecchio burrascoso, sembra aver riscoperto l’acqua calda, cioè che qualsiasi competitor degli Usa per avere successo prova a staccare l’America dall’ Europa. Il primo anno di Trump sembrava violare questo principio basico di strategia, ora invece l’Europa è tornata rilevante. Certo, qualcuno continua a dire che Trump ancora non si fida della Germania, e che i think tank della Merkel continuano a suggerirle di prendere tempo prima che Trump sia travolto dai suoi scandali interni. È interessante però a questo proposito l’ultima intervista di Kissinger al Financial Times, dove l’ex segretario di stato dichiara che Trump segnala la fine di un’epoca e che anche un personaggio diverso da lui, a parte degli accorgimenti sullo stile, non farebbe cose tanto diverse.

E l’Italia in tutto questo che ruolo avrebbe? 

In quest’ ottica, dopo la visita di Juncker, che agiva come ambasciatore della Merkel, a Washington, l’incontro bilaterale tra Italia e Usa acquista meno importanza. Rimane il fatto che dopo Brexit l’Italia può prendere il ruolo che aveva la Gran Bretagna in Europa, e certamente è nell’interesse di Washington avere un cuneo filoatlantico nell’Ue, ma questo non sarà materia di scambio. Conte dovrà fare l’equilibrista, cercando di dimostrare di poter essere rilevante per gli Usa, nei rapporti con la Russia, e infine di saper prendere posizione come guardiano atlantico dentro l’Ue, però farà fatica a chiedere qualcosa in cambio viste le debolezze strutturali, debito in primis, dell’Italia.

Dov’è quindi che l’Italia potrà cercare di esercitare il suo ruolo di partner privilegiato? 

Secondo me l’unico dossier in cui l’Italia può veramente costruire una partnership privilegiata con gli Usa è in materia militare. Per esempio, costruendo collaborazioni più strette tra la Nasa e l’Agenzia Spaziale italiana per depotenziare il dominio francese sul sistema europeo della difesa e dello spazio. C’è il desiderio di fare alleanze industriali sull’alta tecnologica militare. Gli americani potrebbero da un lato chiedere di limitare le iniziative europee di Fincantieri che escludono Leonardo e dall’altro incoraggiare Leonardo a diventare un fornitore forte del Pentagono, magari insieme ai giapponesi.

E magari sulla difesa Washington chiederà anche rassicurazioni sulla missione in Afghanistan…

Probabile, ma non penso che il governo italiano intenda veramente ritirarsi dalla missione. Le nostre truppe allo stato attuale non stanno combattendo e le esercitazioni che effettuano sul terreno sono molto utili ai fini dell’addestramento, come esperienza di fuoco. Poi sono gli stessi Usa che stanno provando a sganciarsi, tentando di imbastire un processo negoziale con i Talebani. Piuttosto, gli americani ci chiederanno di impegnarci di più in missioni dove si deve combattere. Credo però che non ci siano oggi le condizioni politiche per realizzare a breve qualcosa su questo fronte.

Per quanto riguarda la cooperazione Italia-Usa nel Mediterraneo cosa si aspetta invece? 

Sul Mediterraneo c’è un accordo di massima e una certa convergenza per limitare gli errori che i francesi continuano a commettere, come quando continuano a premere per delle elezioni in Libia quando ancora non ci sono le condizioni. Tuttavia, non penso che la convergenza tra Italia e Usa possa escludere la Francia. Parigi è troppo importante per gli americani, perché è presente in Nord Africa, nell’Africa francofona e tiene a bada in cinesi, e soprattutto combatte.

C’è qualcosa che invece preoccupa gli americani del nostro Paese? 

Si, è probabile che qualche analista americano abbia preparato per Trump la seguente riflessione da fare a conte: “Siete considerati la mina vagante dell’Europa, per l’enorme debito e la poca crescita, e il vostro governo fa continue inversioni di marcia”. A settembre una nuova tempesta sul debito italiano finirebbe per colpire anche gli Usa proprio nei giorni delle elezioni di medio termine. Gli americani cercheranno quindi di avere rassicurazioni sulla prossima finanziaria e su come il governo intende comportarsi sul debito, anche per capire come calibrare gli investimenti nel nostro Paese.



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