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Cosa si dicono (e cosa decidono su dazi, Iran e gas) Ue e Cina

ue

Sostegno sine die al sistema del commercio internazionale e modernizzazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc). Sono i primi obiettivi del 20mo summit internazionale eurocinese. Ma è a margine del summit che separatemente i leader concorderanno affari e contratti con il presidente cinese, Xi Jinping, così come fatto da Macron lo scorso anno, che ha portato a casa l’accordo più vantaggioso di sempre su manzo e know how nucleare.

A luci parzialmente spente si sta parlando anche di Siria e Afghanistan, con l’esigenza cinese di non mettersi completamente di traverso alle strategie russe e dare aria alla Via della Seta.

ACCORDI

Sei gli accordi siglati alla presenza del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker e del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ricevuti dal premier cinese, Li Keqiang. L’amicizia “industriale” tra Ue e Cina taglia il traguardo del primo lustro con in cima ai pensieri di tutti (oltre alla questione dazi) la denuclearizzazione della penisola coreana e l’attuazione dell’accordo nucleare iraniano. Pollice in su anche sui cambiamenti climatici e sull’energia pulita.

Non sono ovviamente tutte rose e fiori tra Bruxelles e Pechino, con divergenze di vedute che persistono sui diritti umani per un’architettura del mondo che “sta cambiando sotto i nostri occhi”, come osservato da Tusk.

È la ragione per cui ufficialmente Tusk ha chiesto ai leader cinese, americano e russo di “avviare congiuntamente il processo di riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio”. L’obiettivo è operare una strategia di prevenzione a eventuali conflitti anche per impedire la variabile del cosiddetto “gioco duro” delle guerre sui prezzi.

Soluzioni comuni basate su regole eque, è il ritornello in chiave anti dazi, con l’impegno formale di riformarel’Organizzazione mondiale del commercio adeguandola alle nuove dinamiche che si stanno sviluppando nei cinque continenti e quindi anche alla policy dei dazi trumpiani, su cui Ue e Cina fanno muro comune.

Sullo sfondo restano le parole del presidente del Consiglio europeo sulle tensioni commerciali che potrebbero sfociare in un “conflitto caldo”, invitando quindi gli altri players a trovare una risoluzione che non irriti lo scenario.

SCENARI

La bontà degli accordi siglati a Pechino e i prossimi passi nella direzione di uno “schermo” eurocinese ai dazi trumpiani, verranno pesati già tra pochi giorni, in occasione del vertice dei ministri delle finanze del G20 a Buenos Aires il 19-22 luglio. I presenti potranno analizzare le nuove strategie di Pechino e Bruxelles anche alla luce di due fronti ancora complessi come Siria e Afghanistan.

È chiaro però che anche Pechino ha da gestire le proprie contingenze di politica interna, come il rallentamento della crescita economica nel secondo trimestre dell’anno: “solo” il 6,7% in lieve calo dal 6,8% nel primo trimestre. Inoltre ha dinanzi a sé il bivio del taglio del debito e del crollo dello yuan, con le borse in sofferenza. Altri tre fronti sono centrali nel summit: Siria, Iran e Afghanistan.

SIRIA

Uscire dall’impasse siriana tramite una soluzione pacifica: è la summa delle voci eurocinesi che si stanno accavallando al summit. Il riferimento valoriale è la risoluzione 2254 del consiglio di sicurezza del Nazioni Unite, definita “l’unica strada verso una pace e una stabilità durature che sconfiggerebbe completamente il terrorismo nel paese mediorientale”.

Da Pechino, quindi, spazio alla diplomazia ma senza voler inficiare completamente la strategia russa, che in Siria ha intrapreso una direzione precisa, con gli Usa che hanno deciso di usare l’Egeo (e non più la Turchia) come base di lancio/osservazione verso il Medio Oriente.

IRAN

Teheran resta un elemento di conflitto. Certo, sulla complessità dell’affare iraniano c’è da registrare oggi un lieve alleggerimento da parte degli Usa che, con il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin, assicurano di voler evitare di sconvolgere i mercati petroliferi mondiali in tandem con le sanzioni contro Teheran.

Aprendo di fatto ad una serie di eccezioni, dopo che dal novembre scorso hanno imposto le sanzioni contro Teheran, post ritiro di Trump dall’accordo nucleare del 2015.

Tra l’altro anche Parigi aveva fatto trapelare un’azione simile in passato, con aree chiave nelle quali prevedere esenzioni o prolungati periodi di defilamento per le società francesi, tra cui i settori energetici, bancari, automobilistici e farmaceutici.

AFGHANISTAN

Un altro fronte centrale è l’Afghanistan. Per la Cina è essenziale che vi sia una stabilizzazione, istituzionale e sociale, perché da Kabul transiterà la Nuova via della seta, con tra l’altro il vettore che condurrà il petrolio iraniano a Pechino. Ragion per cui la Cina spinge per costruire lì strade e ferrovie, formare l’esercito e, quindi, portare a casa risultati eccezionali, come la storica tregua tra i talebani e il Governo afghano.

L’Ue su questo punto offre in sostanza un assist a Pechino, perché l’Afghanistan resterà nell’agenda della Nato almeno sino al 2025. Dopo 18 anni di guerra, dunque, l’Unione raddoppierà il suo impegno per il futuro dell’Alleanza con il governo di Kabul, inserendosi nella scia del non più soft power cinese.

twitter@ImpaginatoTw


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