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Perché concordo con il ministro Fontana. Contro l’ideologia del gender

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Hanno fatto discutere le affermazioni sulle adozioni espresse ieri dal ministro per la famiglia e la disabilità Lorenzo Fontana. Hanno creato clamore perché il tema è bioetico prima ancora che etico, ed è legale prima ancora che politico.

La legge 40, attualmente in vigore, riconosce diritti alle coppie gay, ma non prevede in alcun modo l’equiparazione delle coppie omosessuali alla famiglia, per quanto attiene alla maternità e alla paternità. Il dilemma esiste ed il conflitto è creato prevalentemente da coloro che applicano all’estero tale azione soggettiva, chiedendo poi la ratifica legale in Italia. La decisione in merito riguarda giudici e sindaci, divisi tra loro nel riconoscere o non riconoscere questo irregolare stato di cose.

Parlare del problema, d’altronde, è molto complesso, anche se le idee possono essere molto chiare, come chiare sono, in effetti, le posizioni del Pd a favore dei nuovi diritti, e contrarie quelle di Fontana, della Lega e anche di Matteo Salvini. Il vicepresidente del Consiglio ha corroborato efficacemente le tesi del suo ministro, affermando: “Fino a quando io sarò al governo gameti in vendita ed utero in affitto non esisteranno come pratica, sono reati. Difenderemo in ogni sede immaginabile il diritto del bambino di avere una mamma ed un papà”.

Il punto vero sta esattamente qui. In gioco vi sono diritti diversi, quello dei genitori e quello dei bambini, ma soprattutto la necessità di combattere duramente la mercificazione della vita umana, confermata dalle tante agenzie che si occupano, fuori dall’Italia, di mettere ignobilmente a disposizione per acquirenti volenterosi dei bambini, come se si trattasse di piccoli allevamenti di animali o oggetti da catalogo.

Il nodo è dato dal conflitto esistente tra diritti volontari e involontari di ordine naturale, relativi alle persone, condizioni che precedono e seguono la creazione di una regolamentazione giuridica adeguata di carattere generale, la quale deve lasciare aperta successivamente la deroga per i singoli casi particolari.

Quando parliamo della famiglia naturale dobbiamo subito intenderci su cosa significa natura. Anche perché la natura, nel caso dell’uomo, indica sia quello che l’essere umano è sulla base di un ordine necessario e sia quanto emerge con la crescita e l’esercizio progressivo della libertà individuale. La persona, infatti, è per natura libera, essendo razionale, ma non tutto quello che una persona è si esaurisce nella sua libertà. Certamente non è autodeterminata la sua dignità, legata a quello che un essere umano è e non a quello che un essere umano può fare, come si vede nella tutela riconosciuta ad un malato privo di coscienza e libertà.

Esiste una base ontologica, morfologica e psicofisica involontaria e determinata che fa da fondamento agli atti razionalmente consapevoli e volontari che derivano dall’autodeterminazione singola, come vi è un “Io incosciente” che precede un “Io cosciente”.

Chi sostiene il diritto di due persone, a prescindere dalla differenza sessuale, a poter avere i figli si rivolge esclusivamente all’ambito volontario; chi invece difende il diritto del bambino ad avere due genitori di sesso diverso guarda alla parte biologica e non libera che contraddistingue nel profondo l’essenza umana.

Bene. L’ideologia del gender rappresenta la massima forma riduzionista di attuazione di un paradigma antropologico volontaristico, legato alla logica dei soli diritti unilaterali dei richiedenti, tanto che non soltanto neutralizza in partenza i dati eterosessuali necessariamente indispensabili, essendo essi per l’appunto involontari, ma concepisce il desiderio individuale come pretesa affettiva di modificazione dell’essenza umana e d’incremento infinito della soddisfazione dell’Io, in qualità di norma giuridica valevole di per sé.

La preminenza data all’opposto ai diritti umani come sfera d’essere che attiene all’involontario riconosce un ambito di prerogative vincolanti che esistono in ogni essere umano anteriormente, cioè prima di tutto il resto: diritti originari che sono come tali da identificare e garantire per legge, non perché sono voluti da qualcuno ma perché, come nel caso di un bambino, essi costituiscono una premessa indispensabile per la formazione della sua identità ontologica personale, ben prima che vengano reclamati o concessi dalla collettività. Tali diritti naturali sono, perciò, dei doveri normativi che devono regolare entro limiti restrittivi i desideri e le libertà soggettive degli altri, in primis dei genitori richiedenti che ne hanno la tutela.

Facciamo un esempio. Se per la mia impresa è utile inquinare per fare profitto, io non posso farlo perché tale diritto volontario si scontra con i “diritti” dell’ambiente, che per me diventano doveri limitanti. Ancor più, se alla mia azienda è utile sottopagare gli operai, non posso farlo, non solo perché la legge e i sindacati me lo impediscano, ma perché sfruttare la mercede degli operai è intaccare comunque un diritto umano che esiste a prescindere dalla mia volontà ed è superiore alla mia e loro volontà: anche in quest’ultimo caso tale diritto assoluto è il fatto che ogni persona umana è un fine e mai un mezzo per un’altra.

Il caso delle adizioni gay sta sullo stesso piano, sia pure ad un livello molto più originario e fondamentale, riguardando appunto l’infanzia. Una persona umana, prima ancora di richiederlo o volerlo, ha per natura, ossia non in virtù di un un atto volontario, il diritto ad esistere, ad avere due genitori di sesso diverso, ad essere nutrito e curato, perché questo orizzonte ontologico rende possibile socialmente l’esistenza stessa di una persona. Ledere tale diritto, attraverso ulteriori diritti volontari, in contraddizione con i precedenti, come il desiderio di avere un figlio, tra l’altro fuori dalle condizioni eterosessuali concesse per natura, è illegittimo, trasformando inevitabilmente il proprio desiderio volontario in una lesione dei diritti involontari di altri soggetti umani indifesi. Questo limite, d’altronde, non può essere varcato neanche dalle coppie eterosessuali, le quali se per natura possono generare ed essere famiglia, non possono però pretendere di avere su un figlio un diritto assoluto e illimitato, valevole cioè a tutti i costi, in tutti i casi. Non a caso la legge prevede, in situazioni particolari, la perdita della potestà genitoriale.

Adozioni gay, dunque, sfruttamento della persona, possibilità di trasformare la famiglia naturale in associazione volontaria non è consentito eticamente, anche perché la genitorialità di padre e madre è così per natura, e così per natura rappresenta un diritto cui il bambino non può sottrarsi e a cui i genitori devono attenersi.

Si ricordi sempre: tra il volontario e l’involontario, per natura l’involontario ha un primato, perché regola anticipatamente la liceità del volontario, dandogli un limite etico. Se si esce da questa demarcazione, si esce dall’umanesimo e si va verso una deriva ideologica post umana.

Bravo ministro Fontana, dunque. L’ideologia del gender e la mercificazione dei bambini, infatti, è antropologicamente sempre inaccettabile, e lo è anche quando, nel singolo caso specifico, essa rappresenta un rimedio talvolta concesso per evitare il peggio.



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